Mario Perlingieri, un imprenditore beneventano modernizzatore e innovatore In primo piano

Sono trascorsi venticinque anni dalla morte di Mario Perlingieri (1917 - 1998), ma il ricordo resta vivo tra i suoi amici, collaboratori, nonchè tra i suoi numerosi estimatori, per la sua opera di imprenditore, di banchiere, di organizzatore di cultura, impegnato, prima nella ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale e poi, nei successivi quarant’anni, nella crescita economica della città di Benevento.

In lui era forte l’esigenza etica di far coincidere le sue aspettative di imprenditore con quelle della Banca Sannitica, a cui ha dedicato l’intera vita lavorativa, identificandosi con essa e con le aspettative della comunità in cui si è trovato ad operare, sia che si trattasse della città di Benevento, sia delle più minute realtà urbane del Sannio, che dei contesti di maggiore dimensione della Campania, verso cui progressivamente la Banca Sannitica ha guardato e si è espansa.

Mario Perlingieri torna nella sua città natale nel 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale con una medaglia al merito di guerra e dopo una lunga prigionia in India. Trova Benevento distrutta per oltre l’80%: tra il Sabato e il Calore, l’isola tra i due fiumi” è uno spazio continuo di macerie di abitazioni, monumenti, industrie. Appare come una città spettrale rasa al suolo dai ripetuti bombardamenti dellefortezze volanti” inglesi e americane. Per di più quando la vita civile ed economica della città cominciava a risollevarsi, alle rovine della guerra si aggiunsero (1949) quelle provocate dall’esondazione del Calore, particolarmente distruttive nellazona bassa”, nella zona “della ferrovia”, che concentrava la maggior parte delle piccole e medie imprese beneventane. E’ in questa drammatica situazione sociale ed economica cittadina, aggravata dalla stretta creditizia nazionale messa in atto in quegli anni per la difesa della lira, che Mario Perlingieri viene cooptato nel consiglio di amministrazione della Banca Sannitica (1948) per divenire, l’anno successivo, amministratore delegato con tutti i poteri statutari.

In questi difficili e rischiosi anni Cinquanta di riavvio dell’operatività della Banca, Mario Perlingieri adotta una duplice strategia: sostenere la ricostruzione dell’economia cittadina e provinciale, e modernizzare l’azienda attraverso la meccanizzazione dei servizi. E, in un contesto locale che resta in larga misura precario e depresso, viene anche spesso incontro alle esigenze e alle necessità più minute dei suoi concittadini e conterranei, concedendo affidamenti sulla parola sigillata da una stretta di mano. Inoltre, persegue ii medesimo intento, incorporando e rimborsando, sia pure in tempi diversi, i depositanti della Banca di Benevento e successivamente del Monte dei Pegni Orsini, nonchè una Cassa Rurale ubicata in provincia, nel Fortore, sul confine della Capitanata.

Si fa strada, quindi, tra Mario Perlingieri il suo Sannio, i suoi conterranei e il personale della Banca un rapporto non di un freddo e chiuso banchiere all’interno della sua azienda, ma di un imprenditore aperto, portatore di una visione strategica di crescita economica e di modernizzazione generalizzata del territorio con vantaggio comune. Una visione manageriale non miope, che guarda lontano, spesso ricercando e attuando nuove moderne soluzioni gestionali e che, al tempo stesso, guarda oltre la realtà locale, aprendosi al territorio provinciale prima e all’intera Campania poi. Anche se non allenterà mai i suoi rapporti con Benevento e non trascurerà o ignorerà mai problemi e esigenze dell’antica città dei Papi. E i risultati non si fecero attendere. A metà degli anni Cinquanta la Banca Sannitica era seconda solo al Banco di Napoli per quanto riguardava, nell’intera provincia, la raccolta (43% del totale) e gli impieghi (34%).

L’ESPANSIONE

Stabilizzata nel 1948 la condizione economica e politica dell’intero Paese e iniziati gli anni del cosiddetto “miracolo economico” italiano, riprende anche, su basi più solide rispetto al dopo-guerra, l’espansione territoriale della Banca. Alle tredici filiali sopravvissute si aggiungono quelle di Telese e Pontelandolfo e successivamente quella di San Bartolomeo in Galdo nell’impervio Fortore. Nel62 si aprono tre nuovi sportelli: Sant’Agata dei Goti e, in provincia di Caserta, Maddaloni e Santa Maria a Vico. La Banca valica, quindi, i confini provinciali, segue la via delle valli Telesina e Caudina, assume le caratteristiche di banca regionale, che si completano e si rafforzano con l'apertura della filiale di Napoli e in seguito con quelle di Avellino, Sarno e Salerno. Quest’ultima nel 1988 diviene la ventiduesima agenzia con un aumento, rispetto al dopo-guerra, di nove nuove sedi operative, a seguito anche del riordino territoriale dell’intera rete creditizia. Nel contempo e dopo una lunga attesa dell’autorizzazione della Banca d’Italia era stata aperta una “sede di rappresentanza” a Roma che, nelle intenzioni di Mario Pelingieri, costituiva ii primo atto per future espansioni sovra regionali. Le ragioni dell’apertura delle filiali napoletane, quella principale di via San Carlo e quella secondaria dei Colli Aminei, vanno ricercate nel crescente volume di risorse finanziarie che la piazza di Napoli già convogliava verso la Banca Sannitica, sia per quanta riguardava la raccolta sia gli impieghi, ed il timore che questi potessero rifluire verso la maggiormente prossima e attrezzata rete di Napoli.

Napoli diventava, pertanto, la sede principale della Banca per movimentazione finanziaria e volume d’affari, nonchè per la collocazione del neonato Centro contabile e amministrativo.

A Benevento restava la sede sociale. A tal fine era stato acquisito l’antico e decadente “palazzo Petrucciani'”, a fianco della basilica di Santa Sofia e di fronte alla torre civica che illustra la storia di Benevento e del suo Ducato nel lungo periodo del dominio longobardo. Ma i tempi della ristrutturazione e del suo adattamento alla funzione bancaria furono particolarmente lunghi tra difficoltà e lungaggini burocratiche a volte reali, spesso create ad arte, come con la motivazione, di storica ignoranza, che erano state trovate tracce archeologiche romane al di sopra della stratificazione del periodo longobardo.

Per molto tempo, quindi, la sede operativa di Benevento rimase dove Mario Perlingieri l’aveva ubicata nell’immediato dopoguerra, e la sede di rappresentanza rimase in un palazzo al centro di Corso Garibaldi. Prima ancora del completamento della funzionalità operativa dipalazzo Petrucciani”, la Banca trova una nuova sede con l'acquisto e la ristrutturazione della villa e dei giardini dell’antica residenza dei Papi a Benevento, in località “Pace Vecchia”.

Per l’uso dell’antica villa papale la strategia di Mario Perlingieri èarticolata: sede sociale per le riunioni della dirigenza e degli organi statutari della Banca; centro per la formazione del personale, da assumere o da aggiornare, attrezzato con una agenzia simulata delle diverse operazioni di banca; polo culturale dotato di una biblioteca di migliaia di volumi, donati in parte dal consigliere Sergio Corbino, a sua volta ereditati dal padre, il ministro liberale Epicarmo.

II centro è aperto alla realtà culturale e sociale di Benevento e del Sannio ed è anche luogo di incontri e dibattiti per promuovere l’istituzione - così come in seguito è accaduto - di una sede universitaria a Benevento al servizio dello sviluppo delle zone interne della Campania.

LA CRESCITA

In un contesto produttivo provinciale fortemente caratterizzato dal settore agricolo, la Banca, negli anni Cinquanta, avviò prevalentemente interventi di sostegno e modernizzazione del settore agricolo. Si può affermare che operò costantemente a fianco degli agricoltori sanniti per l’utilizzo delle provvidenze di legge particolarmente generose in quegli anni di ricostruzione dell’economia del Paese. Per cui alla fine del decennio l’agricoltura sannita risultava largamente meccanizzata e maggiormente produttiva, con una correlata crescita della raccolta e degli impieghi della Banca. Nel decennio successivo, negli anni Sessanta, fermo restando l’interesse dell’Istituto per il settore agricolo, crebbero notevolmente gli investimenti nel settore pubblico, che raggiunsero il 41% degli impieghi, contro il 24% in agricoltura e il 21% nell’industria e servizi. Nel settore pubblico, in particolare, si acquisirono il servizio di ricevitoria e cassa per la Provincia, nonchè ben 192 servizi di cassa, tesoreria e esattoria per numerosi piccoli Comuni.

Uno spostamento progressivo della raccolta e degli impieghi dall’agricoltura all’industria, ai servizi, si verifica, quindi, a iniziare dagli anni Sessanta. A mano a mano, cioè, che la strategia messa in atto da Mario Perlingieri dell’espansione lungo la direttrice Benevento-Caserta-Napoli comincia a dare i suoi frutti. Ed infatti nel decennio tra il 1958 e il1968 l’insieme di capitale e riserve si quadruplica, i depositi aumentano cinque volte, l’organico si raddoppia, raggiungendo le duecento unità.

Risale anche a questi anni l’inizio dell’operatività del Centro contabile-amministrativo della sede di Napoli e vanno progressivamente in pensione “corrieri” che quotidianamente collegavano le singole agenzie periferiche con il “centro” di Napoli. La rete operativa della Banca da materiale diviene immateriale. Aumentano, pertanto, gli investimenti nell’organizzazione interna, con innovazioni che procedono dai processi meccanografici a quelli informatici. Un’organizzazione che mira a strutturarsi progressivamente verso un’automazione integrale del lavoro di banca, di cui una prima decisiva fase riguarda l’introduzione della figura del “terminalista cassiere”. In ogni agenzia della Banca questi effettua tutte le attività di relazioni con la clientela che in tempo reale vengono elaborate dal Centro e che, sempre in tempo reale, “tornano” al cliente.

Negli anni Settanta inoltre la crescita si rafforza ulteriormente: capitale e riserve aumentano di circa sei volte, raggiungendo quasi i sei miliardi di lire; i depositi raddoppiano di anno in anno, raggiungendo i duecento miliardi; gli impieghi superano i cento settanta miliardi; il numero dei dipendenti quasi raddoppia, si è vicini alle quattrocento unità.

Negli anni Ottanta la crescita continua: nel 1983 la Banca raggiunge, a livello regionale, due lusinghiere percentuali, il 3% della raccolta, il 4% degli impieghi. E alla stessa data possiede un capitale netto di 32 miliardi e un risultato di gestione di tre miliardi. Inoltre, nei successivi cinque anni, i depositi raggiungono e superano i mille miliardi, capitale e riserve i cinquanta, gli impieghi i seicentocinquanta, i dipendenti superano le seicento unità.

Ma la Banca, anche se ormai sono i servizi e l’industria a condizionare depositi e impieghi, non ha smarrito la sua origine, ii suo punto di partenza: l’agricoltura sannita e la sua modernizzazione. La Sannitica aveva incorporato in provincia, a Dugenta nella Valle Telesina, l’azienda agricola-industriale “Torre Gaia”, ereditata dal padre Federico, e Mario Perlingieri decide di innovare anche in campo agro-industriale.

Procede non solo all’ammodernamento della villa avita, a cui per ovvie ragioni familiari è fortemente legato, adattandola per convegni e riunioni dei dipendenti della Banca e del contesto economico-amministrativo della provincia e della regione, ma attua anche una trasformazione agricola radicale con l’impianto di un vigneto, completamente meccanizzato, di oltre ottanta ettari su una complessiva superficie aziendale di circa centoventi ettari.

Integra la produzione vinicola con la costruzione di un moderno stabilimento enologico per l’imbottigliamento e lo correda con una bottaia, il tutto in sostituzione della vecchia cantina. La trasformazione agro-industriale di Torre Gaia gli suggerisce inoltre l’introduzione di due ulteriori innovazioni: lo spumante “asprino” ottenuto dal recupero dell’antico vitigno dell’agro aversano, e l’introduzione di un servizio informativo-informatico di agrometeorologia per l’agricoltura sannita (nasce pertanto anche uno sportello “mobile” di servizio alla clientela agraria). La produzione di uno spumante campano incontra il gusto e il favore dei consumatori, il servizio di agrometeorologia l’adesione degli agricoltori e la Banca Sannitica diventa, in provincia, il primo istituto bancario nell’erogazione del credito agrario.

Questo aspetto di imprenditoria bancaria e al tempo stesso agricola valgono a Mario Perlingieri la nomina di Cavaliere del Lavoro da parte del Presidente della Repubblica.

ILCOLTO BANCHIERE

Riprendiamo, nella conclusione di questo ricordo, l’appellativo quanto mai calzante, di “colto banchiere”, usato da Ernesto Mazzetti, ex componente del consiglio d’amministrazione della Sannitica, in una sua recente rievocazione saggistica, per introdurre le attività e le iniziative intraprese in campo culturale negli oltre quarant’anni di Consigliere Delegato della Banca. C’è d’aiuto quanto scrive l’insigne storico dell’antichità Giovanni Pugliese Carratelli nel presentare i quattro volumi della Storia e civiltà della Campania commissionata dalla Banca Sannitica al benemerito Istituto per gli Studi Filosofici e da lui curata. “L’attività di un Istituto di Credito, come di ogni altro organismo pubblico o privato, è sempre intimamente connessa con la vita e la storia della comunità civile entro la quale l’Istituto è nato e svolge l’opera sua”.

E come si è ricordato, a proposito della modernizzazione produttiva e culturale diPace recupero e Vecchia”, di “Palazzo Petrucciani”, di “Torre Gaia”, Mario Perlingieri ha avvertito fortemente ed ha avuto sempre presenti le sue radici e la necessità della conoscenza dei problemi economici e sociali che riguardavano la sua attività di banchiere. Si spiegano così, i Quaderni della Banca Sannitica, frutto degli incontri tra i giovani docenti universitari, neoconsiglieri della Banca, e la cittadinanza beneventana, nei saloni di Corso Garibaldi, sui temi dello sviluppo economico del Sannio e della Campania.

Identica ragione si può anche rinvenire nella circostanza che Mario Perlingieri abbia voluto far precedere i bilanci della Banca da Studi monografici riguardanti singoli aspetti economici e sociali dell’economia regionale. Studi e ricerche che in seguito diedero vita al volume La Campania nella prospettiva degli anni 90. Sia nel primo che nel secondo caso attiva fu la presenza e il suo apporto nel merito dei singoli temi.

Si spiega così anche l’iniziativa che la Banca ha voluto offrire agli studiosi della Campania antica, anche in questo caso con la mediazione culturale di Giovanni Pugliese Carratelli, con la traduzione e pubblicazione del volume Campanien del famoso storico tedesco Karl Julius Beloch. Nonchè, seguendo questa traccia identitaria della Banca e del suo Amministratore delegato, va ricordata la pubblicazione del saggio Benevento romana e longobarda curata da Marcello Rotili, e prima ancora il volume Baio. II ninfeo imperiale sommerso di punta Epitaffio che illustra, con l’introduzione di Fausto Zevi, ii resoconto delle campagne di scavo sub-acquee nella zona archeologica di Baia nel golfo di Pozzuoli (finanziando anche il restauro di statue di età imperiale), contribuendo così all’istituzione del Museo nel Castello di Baia.

Rilievo particolare ha il volume dedicato al ritrovamento della Tomba del Tuffatore, oggi meta importante del sito archeologico di Paestum.

Prima ancora va ricordata la collana “Miniatura ed arti minori in Campania”, diretta da Mario Rotili, professore ordinario di Storia dell’Arte nell’Università di Napoli, consigliere di amministrazione della Banca e già sindaco benemerito di Benevento nel difficile dopoguerra. Una collana che inizia le pubblicazioni nel 1966 ed è ripetutamente citata per la sua autorevolezza scientifica in diverse Università europee e americane. E in seguito alla morte di Mario Rotili, va ricordata un’altra pubblicazione della Banca Gli studi di storia dell'arte in memoria di Mario Rotili.

Dalla BANCA SANNITICA alla BANCA POPOLARE di NOVARA

Con la seconda metà degli anni Ottanta il mondo bancario italiano si trova di fronte a due sfide: da un lato la formazione di un mercato comune europeo del credito, dall’altro la necessaria conseguenza di una forte spinta alla concentrazione e ad una maggiore dimensione aziendale per far fronte alla concorrenza su scala continentale. La Banca Sannitica che grazie alle intuizioni e alle iniziative di Mario Perlingieri era diventata una banca regionale, seconda sulla piazza di Benevento e quinta fra quelle della Campania, aveva difficoltà per una ulteriore crescita nel breve periodo.

E così cedette all’offerta della Banca Popolare di Novara che guardava soprattutto alla sua efficiente organizzazione ed alla qualità professionale dei suoi dipendenti.

Nel gennaio del 1989 Mario Perlingieri si dimise dalla carica di amministratore delegato e venne sostituito da un dirigente della Popolare di Novara. Accettò la carica onorifica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, ma dopo quarant’anni di operatività al vertice della Banca il nuovo vestito gli andava stretto. Con la successiva incorporazione nella Popolare di Novara terminava, per la città di Benevento, una storia centenaria che aveva visto succedersi quattro generazioni della stessa famiglia e per Mario Perlingieri, come racconta Ernesto Mazzetti, la “consapevolezza che immodificabile fosse stato il corso delle cose, quelle vissute in prima persona e quelle riguardanti il Paese intero, ma non ne attenuava la malinconia”.

E morto a Roma il 20 giugno del 1998.