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Rabbia, incredulità, dolore. Il forte nubifragio che si è abbattuto su ampie zone del Sannio nella tarda mattina di sabato 23 settembre ha cancellato, in una manciata di minuti, un anno di lavoro di centinaia di agricoltori e vignaioli, che hanno assistito impotenti alla distruzione del raccolto di un’annata già di per sé difficile. Oltre ad orti e frutteti sono due le produzioni maggiormente colpite dalla devastante grandinata,: i vigneti di Aglianico, Piedirosso, Falanghina e Fiano della valle Telesina e la produzione olivicola dell’intera Val Fortore. L’area epicentro è stata individuata in Castelvenere, ma ad essere colpito pesantemente -pur con intensità diverse e a macchia di leopardo- è stato anche il territorio di Sant’Agata de Goti, Solopaca e Guardia Sanframondi. “Nei punti dove chicchi grandi come nocciole si sono abbattuti con più intensità, il danno alle imprese agricole arriva fino al 100%” -ha commentato Gennarino Masiello della Coldiretti. “Le piogge di maggio in piena fioritura avevano già compromesso la produzione olivicola del 30%, ma le olive rimaste erano ottime e sane. Con la grandine, a soli 20 giorni dall’inizio della raccolta –ha dichiarato Antonio Casazza di Confagricoltura– è andato perso il 100 per cento della produzione”. Gli imprenditori agricoli sanniti - ha infine assicurato Carmine Fusco della CIA- “non saranno lasciati soli: ci stiamo attivando per far sentire forte la nostra voce all’Assessorato regionale all’agricoltura, al fine di attivare da subito le procedure per assegnare alle imprese i ristori’ previsti in queste circostanze estreme”.

La richiesta dello stato di calamità naturale presentata alla Regione Campania dalle Organizzazioni datoriali, da sola non basta. Insieme, i rappresentanti delle imprese dovrebbero rendersi protagonisti di una iniziativa volta ad abbassare i premi assicurativi sui piccoli appezzamenti coltivati, oggi fortemente penalizzati rispetto alle grandi superficie. È un’ancora di salvezza, a cui tante imprese familiari non possono più rinunciare, considerati i danni che i cambiamenti climatici provocano nei diversi comparti dell’agricoltura: la spia è la produzione di miele, in diminuzione di anno in anno, per la mancata fioritura delle piante causa forti piogge, che compromette l’impollinazione e mette a rischio un’altra importante filiera di eccellenza.

La capacità di gestire i rischi è oggi un fattore cruciale di successo per le imprese, che devono confrontarsi con nuovi scenari, sia economici che climatici, entrambi soggetti a grandissima incertezza. Al contempo, è necessario che anche il settore assicurativo svolga con lungimiranza la sua parte, mettendo in campo le necessarie competenze nella gestione dei rischi, ma soprattutto una maggiore attenzione alle specificità delle singole coltivazioni e alle diversità territoriali “rendendo più modulari” le caratteristiche delle cosiddette polizze agricole agevolate. “Le più avanzate tecnologie digitali offrono nuove opportunità. Big data, standard value e sperimentazione delle polizze parametriche possono essere innovazioni utili a definire un primo livello di protezione a costo contenuto, sul quale innestare ulteriori coperture assicurative in funzione di una maggiore sensibilità al rischio. Il Piano di Gestione dei Rischi in Agricoltura –evidenzia uno studio dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni- prevede che tali polizze possano essere sottoscritte tramite smart contract e gestite all’interno di una blockchain, che cura la certificazione dei dati ed agevola i controlli pubblici”. La tecnologia, è il messaggio che qui vogliamo lanciare, non limitiamoci a subirla passivamente ma, almeno in questi casi, impariamo ad usarla con umana intelligenza. Le innovazioni oggi esistenti, consentono alle imprese –non solo agricole- di resistere e di reagire ad eventi anche imprevedibili: si chiama resilienza, parola citata spesso... a vànvera!

GIUSEPPE CHIUSOLO