Pari opportunità In primo piano

Passeggiando per Roma a Piazza del Popolo mi sono imbattuto in un cartellone che pubblicizza una serie televisiva con la seguente scritta: “A Roma nel 2023 ci sono 10826 avvocate. Ed anche grazie a lei. Lidia Poët. La prima avvocata d’Italia.”.

La mia attenzione è stata subito colta dalla violenza perpetrata al termine avvocato declinato in quello cacofonico di avvocata, frutto di buonismo alla melassa che spaccia per grande conquista sociale il cambio di una vocale o di un articolo, più che dal riconoscimento per una Persona di grande carattere e coraggio, che, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, ha sgretolato il muro che impediva alle donne di essere iscritte negli ordini degli avvocati.

Infatti, si legge sulla Treccani (www.treccani) che “La formazione del femminile dei nomi di professione è uno dei settori della grammatica in cui, sulle diverse forme disponibili, più forte si fanno sentire il loro peso per ragioni di carattere extralinguistico, in particolare quelle legale ai cambiamenti, più o meno recenti, avvenuti nella vita politica, culturale o sociale del nostro paese. Il sostantivo maschile avvocato dispone di due forme femminili: avvocata e avvocatessa. La seconda forma appartiene all’uso tradizionale. La prima, pur non essendo di uso generalizzato, è perfettamente legittima (maschile -o, regolare femminile in -a) e viene adoperata, in particolare, da chiunque sia sensibile a un uso non sessista - e, più in generale - non discriminatorio della lingua italiana”.

Quindi, secondo la Treccani, se io chiamo una donna avvocato, sono insensibile ad un uso non sessista e non discriminatorio della lingua italiana. Caspita!

Una domanda mi viene spontanea: la pari opportunità è questione di merito o di metodo? Il cambio di una vocale, l’istituzione di apposite “commissioni” o di “quote rosa” è, come per magia, la risoluzione del problema o un modo infantile di lavarsi la coscienza?

Non credo che basti essere per la pace, per il benessere, per la fratellanza, per la democrazia, per la pari dignità di razza e di religione, per far sì che si evitino guerre, discriminazioni, disuguaglianze, regimi dittatoriali, differenze di razza e di religione.

Viviamo in un Paese in cui per la prima volta una donna ha contribuito a fondare un partito, conquistandone la leadership tra tanti dirigenti uomini non per le quote rosa o per le pari opportunità, ma per capacità, coraggio, coerenza di idee e di visione politica. In cui la stessa donna per la prima volta è divenuta Presidente del Consiglio dei Ministri.

Viviamo in un Paese in cui per la prima volta una donna è divenuta Primo Presidente della Corte di Cassazione, e nel nostro orticello in cui per la prima volta una donna ha ricoperto un mandato ed è stata recentemente riconfermata Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Benevento.

Viviamo in un Paese in cui le donne avvocato (o avvocate, non vorrei sembrare sessista e discriminatorio) superano il numero di iscritti uomini, dove le donne magistrato (o magistrate, idem come prima) sono in maggioranza.

Viviamo in un Paese in cui le donne da tempo sono perfettamente integrate nella società nei ruoli apicali, ancor prima delle istituzioni delle gabbie concettuali (queste sì discriminatorie) delle quote rosa e delle commissioni di pari opportunità. Ruoli conquistati per la loro sensibilità e profondità di approccio ai problemi e non per gentile concessione di una ipocrita parità di genere.

Il libro più bello che ho letto lo ha scritto la belga Marguerite Yuorcenar, “Memorie di Adriano”, prima donna accolta nell’Accadémie Francoise fin dal lontano 1635, anno della sua fondazione.

La questione è, come spesso accade, molto più semplice: esistono persone (donne e uomini) capaci ed incapaci, volenterose o svogliate, preparate ed impreparate, di sostanza o di forma.

Ed allora?

Evitiamo di nascondere la polvere sotto il tappeto, facendo sì che sovrastrutture ideologiche servano da alibi alle persone senza alcun merito alla ricerca di una immeritata collocazione lavorativa.

La pari opportunità è quella che bisogna offrire alla persona che ha la capacità, ma non i mezzi economici, per studiare e trovare la propria strada.

Il resto è noia.

UGO CAMPESE