Quando Asmara era italiana. Il racconto di Maria Vessichelli In primo piano
Maria Vessichelli oggi è una signora di una certa età e qualche immancabile problema ma dalla sua figura alta ed austera traspare una fisicità ed un fascino non comuni. Lucidissima, ricorda ogni particolare della sua lunga e complessa vicenda di emigrante di ritorno. Conserva poi intatto il suo carattere forte e determinato. Tutti la ricordano quando lavorava alla SIP come centralinista ma anche impegnata nel Teatro Blu del dottor Gigino La Polla e Tonino Sorgente con le straordinarie rappresentazioni a La Fagianella negli anni ottanta.
Nel parlare conserva poi un accento particolare che lei stessa definisce “asmarino” acquisito nei lunghi anni di residenza in quella straordinaria città.
Vive felicemente a Benevento con il marito Saverio Biele ed ha due figlie Ludovica e Daniela. La prima coniugata con Gerardo Calandro e l’altra con l’avv. Michele Morone. Quattro i nipotini: Melania, Luca, Simone e Valentina.
Per poter avere il suo racconto abbiamo impiegato un po’ di tempo per farle superare la sua naturale ritrosia ma alla fine ci siamo riusciti grazie ad una nostra antica e cara amicizia con suo fratello Enzo (prima foto in basso) prematuramente scomparso nel 1990.
Nel delineare il mio racconto - esordisce la nostra interlocutrice - non posso prescindere dal ricordare la figura di mio padre Ludovico nato il 28 ottobre del 1900. Quarto di dodici figli nati da papà Lorenzo e Nunziata Penna. Mio nonno avv. Nicola è stato protagonista con Salvatore Rampone della liberazione della Provincia di Benevento dal dominio pontificio il 9 settembre del 1860.
Sin da giovanissimo ha rivelato di avere un carattere forte e passionale, superattivo e fortemente motivato nei suoi ideali nazionali tant’è che, quando aveva solo 22 anni, non esitò a partecipare alla Marcia su Roma con un manipolo di suoi coetanei di Benevento affascinati dall’idea del rinnovamento e di una purificazione del corrotto mondo politico di allora. E non esitò neppure a trasferirsi ad Asmara nel mese di febbraio del 1935 come capo squadra degli operai in qualità di elettrotecnico presso il Genio Militare.
C’è da aggiungere che all’impresa africana parteciparono, con diverse mansioni, altri cinque suoi fratelli: Luigi, classe 1899; Guido, classe 1903; Arturo, classe 1906; Errico, classe 1911; Carlo, classe 1913.
Mio padre già ad Asmara dal 1935 era finito con l’innamorarsi di quella città “la perla del mar rosso” e volle che lo raggiungesse tutta la famiglia e così nel 1937 io, mia mamma, Dora ed Adele intraprendemmo il lungo viaggio e sbarcammo a Massaua detta “la perla del mar rosso”.
Qui trovammo la nostra Balilla che mia madre aveva precedentemente spedito e con questa ci trasferimmo ad Asmara.
Poiché il tragitto era abbastanza lungo, a metà strada ci fermammo presso un punto Ristoro gestito dal beneventano Luigi Perifano, nonno dell’avv. Luigi, già consigliere comunale di Benevento negli anni novanta e padre di Mario, già vice sindaco di Benevento ai tempi del sindacato dell’avv. Ernesto Mazzoni. Ricordo che già allora era di chiara fede socialista ma questo non gli era affatto di ostacolo tant’è che gestiva anche una sala cinematografica, l’ “Augustus”. Luigi Perifano morirà ad Asmara ma nel 2000 la sua salma fu riportata in Italia dai familiari.
Dopo aver qui sostato con la Balilla e altre macchine ci avviammo verso Adua in un campo di Aviazione italiana per salutare mio zio Luigi capitano pilota. Luigi era il papà del prof. Lorenzo Vessichelli, docente di lettere e maestro di pianoforte che, recentemente scomparso, ha lasciato in eredità al Comune di Benevento la sua ricca biblioteca.
Qui finalmente, presso il campo di aviazione, dopo tanto tempo potemmo mangiare un bel piatto di pasta al sugo... anzi qualcuno si mise a cucinare i famosi “cecatielli” e fu subito festa grande e sana allegria.
Il viaggio da Adua ad Asmara fu turbato molto dalla presenza di centinaia, di scimmie e babbuini lungo tutto il percorso ma dopo non poche traversie raggiungemmo finalmente l’Azienda di mio padre alla periferia di Asmara e alloggiammo in due stanzette di fortuna con notevoli carenze igieniche e mancanza d’acqua. Questo però in attesa che fosse pronta la nostra casetta alla periferia di Asmara e che era composta di ben quattro stanze con garage e giardino. Era al centro, vicino alla Chiesa Copta e lì è nato mio fratello Enzo.
Prima però di raggiungere quello che per noi sarebbe stato un piccolo paradiso in terra, avremmo dovuto affrontare altre durissime prove perché tutti ci ammalammo di morbillo e varicella e ci colse la morte della nostra sorellina Adele procurando a noi tutti un dolore indicibile.
Alla fine arrivammo comunque ad Asmara. Dopo tante traversie finalmente si profilava per noi una vita normale. E così fu. Cominciammo ad andare regolarmente a scuola presso le Suore che per la verità erano molto severe e, tra l’altro, ci obbligavano a parlare italiano, no dialetti.
Al mercato coperto si poteva trovare tutto e per tutti i gusti. Naturalmente in primo luogo i prodotti italiani.
Si passeggiava lungo le bellissime strade costruite ovviamente da noi italiani e con le popolazioni locali si andava d’amore e d’accordo.
Del tutto inesistenti episodi di razzismo o semplici incomprensioni.
Si andava a cinema, si passeggiava. In alcuni locali si ballava e tra i giovanissimi nascevano i primi amori.
Tutte le domeniche si consumava il rito della passeggiata lungo il Corso con l’immancabile sosta presso le rinomate pasticcerie e gelaterie siciliane e qui ci incontravamo con altre famiglie italiane ma anche beneventane e ricordo l’architetto Roberto Salerno di San Giorgio del Sannio nato anche lui ad Asmara e sua sorella Anna. Di tanto in tanto si vedeva anche il giornalista beneventano Oscar Rampone, direttore di Etiopia Mirror e corrispondente RAI che però operava nella vicina Etiopia. Di sera poi, la domenica, tutti a cinema o al teatro Odeon o Impero. Fu qui che cominciò ad affermarsi Renato Carosone anche lui nativo di Asmara.
Nel 1938 nasceva mio fratello Enzo e nel 1940 mia sorella Tina. In quegli anni venne alla luce ad Asmara anche quello che poi sarà negli anni ottanta ministro dell’Università Ortensio Zecchino di Ariano Irpino.
Altre beneventane che vivevano regolarmente ad Asmara erano le bellissime sorelle Catalano originarie di Beltiglio. Il padre se non ricordo male era impiegato delle Poste ma svolgeva anche attività commerciali. Erano Gisella che poi sposò l’avv. Erennio Parente che sarà anche sindaco di Ceppaloni; Mirella che sposò il dottor Giovanni De Panphilis e Liana che sposò il provveditore agli studi Carmine Catalano. Questa famiglia restò ancora qualche anno ad Asmara anche dopo il 1948 prima di trasferirsi definitivamente in Italia.
Ben presto però tutto questo finì e, a causa degli eventi bellici a noi sfavorevoli, a partire dal 1941 l’Eritrea non sarà più italiana. Ritornò il Negus che però ci trattò benissimo non dimenticando che noi italiani avevamo trasformato Asmara da villaggio a metropoli.
Nel 1943 fummo portati in un campo di concentramento per civili a Senafè ai confini dell’Etiopia e poi nel campo militare italiano dove il comandante era un inglese ma il suo aiutante un italiano già maresciallo dei carabinieri. Per la verità fummo trattati benissimo ed eravamo anche beneficiari di un sussidio giornaliero ed abbondanza di cibo come farina, avena, zucchero anche se alloggiavamo nei padiglioni con scarsi servizi igienici e poca acqua. Fummo poi trasferiti in altro campo a Addi-Chaié dove ci fu messa a disposizione una vera e propria palazzina con tutti i conforti.
Nel settembre del 1949, dopo una traversata di 11 giorni, ritornammo finalmente a Benevento.
L’Avventura africana, almeno per noi, era finita lì.
Tornati a Benevento subito si pose il problema dell’alloggio perché la nostra vecchia casa era stata distrutta dai bombardamenti. Fu allora che conoscemmo la triste situazione della coabitazione a palazzo Carrano al Corso Garibaldi dove dovevamo arrangiarci a sopravvivere.
Chiedemmo a destra e a sinistra ma nessuno poteva aiutarci. A causa dei bombardamenti la carenza di alloggi era spaventosa. Nemmeno il sindaco dell’epoca, ing. Pennella, cugino di mio nonno, ci aiutò.
Il problema lo risolse mio padre che, rompendo ogni indugio, ci portò ad occupare un appartamento appena costruito dalle case popolari a Via Bari al Rione Libertà. Nessuno osò dire nulla. Ed è stato lì che abbiamo vissuto in pace per tanti anni con mio padre che intanto aveva rimesso su la sua azienda di elettronica e ripreso a lavorare.
Giunti alla fine di questo lungo racconto chiediamo alla nostra cara interlocutrice se ha rimpianti e cosa le è rimasto di questa esperienza.
Nessun rimpianto - è stata la sua secca risposta - il tutto mi è servito a farmi capire tante cose.
I disagi vissuti hanno forgiato il mio carattere e mi hanno dato forza per affrontare gli ulteriori anni della mia vita.
Da mio padre un solo insegnamento: l’onestà e la passione in tutto quello che si fa.
Nessun rimpianto. Le dirò che fino a pochi anni fa, presa da sana nostalgia, sono tornata più volte ad Asmara, una città che amo e dove, ancora oggi, conservo tante bellissime amicizie.
GIOVANNI FUCCIO