Una Storia per Benevento In primo piano
La pubblicazione di un
acconto della
Democrazia Cristiana nella provincia di Benevento, scritto a quattro mani da Antonio
Coletta e Roberto Costanzo, suscita una riflessione di interesse più generale
sullo stato di salute delle istituzioni preposte alla salvaguardia del
patrimonio storico contemporaneo e allo studio e all'approfondimento delle
vicende che hanno contraddistinto gli ultimi ottant'anni.
Studi sistematici sulla storia di Benevento
moderna si fermano al periodo fascista. Dalla tragica fine del ventennio è
scaturita una
ifondazione istituzionale del patto sociale sulla base di
valori nuovi, rimbalzati da radici culturali europee sperimentate in lontani
continenti. Quell'articolo 3 della Costituzione del 1947 resta inapplicato se
c'è chi si accanisce ad ipotizzare una possibile messa fuori legge di gruppi
nostalgici. Si dice sconfitti dalla storia e, quindi, illegittimati a
rinascere.
La nostra costituzione impedisce di pensare che si possa mettere fuori legge un pensiero politico, cervellotico e balzano che sia. Spiegato perché nessuno ci abbia concretamente provato? In vista degli ottant'anni della Costituzione è auspicabile che si giunga ad una narrazione completa e unitaria dello sviluppo e delle trasformazioni sociali della nostra comunità, non più solo nazionale. Di questo filone (ideale e concreto) è stata protagonista, senza pause, la Democrazia Cristiana. Di tanti che hanno un posto nel parlamento europeo c'è qualcuno che ignora che, fosse per la sua parte politica, quel posto non ci sarebbe mai stato. E questo vale anche per una cosa più a portata di mano, cioè la Regione.
Il libro di Antonio Coletta e Roberto Costanzo (50 anni di Democrazia Cristiana nel Sannio), edito da Realtà Sannita, rievoca molte tappe di evoluzioni sociali nella realtà di una provincia di media grandezza che ha un posto sicuro nella storia non solo locale. Per evitare slanci propagandistici, Roberto Costanzo (al quale va il merito dell'iniziativa) ha voluto che il libro fosse scritto a quattro mani. Non ha scelto un calligrafo o un laudatore per appartenenze politiche o familiari. Ha pescato in terra infidelium, scegliendo un comunista non pentito che, per una pignoleria dell'alfabeto, si prende il primo posto nella coppia di autori. Lavorare insieme e rievocare un percorso di storia fatto con idee spesso contrastanti ha aiutato a dare al libro un equilibrio, cercato forse più da Costanzo che da Coletta, per il fatto che Costanzo ha ricoperto cariche operative di grande impatto.
Il mondo dell'agricoltura ha fatto salti inimmaginabili quando la modernità si affacciò sulle nostre vallate. L'associazionismo della Coldiretti fondò la mutualità e l'assistenza sanitaria in agricoltura prima che il Parlamento varasse la riforma sanitaria a guida governativa. Le vicende narrate con stile accessibile a tutti sembreranno a chi legge, tutto sommato, cose di buon senso. Quelli di una età più vicina ai 95 anni di Roberto Costanzo dovranno ammettere che si sono fatti passi da gigante, mai così veloce ha camminato la storia: la distanza tra il modo di vivere del cittadino e del cafone si è praticamente azzerata. L'istruzione obbligatoria fino alla terza media, la meccanizzazione, l'associazionismo sono il frutto di una visione politica e sociale rinvenibile nelle encicliche papali in risposta alle spinte violente dal socialcomunismo. Contro l'idea della lotta di classe (chi vince accoppa l'altro) prende piede la cooperazione, il valore della libertà garantita da uno Stato democratico fondato sul lavoro.
L'agricoltura non è più un mercato di scambio di prodotti della terra, la mobilità del prodotto è organizzata con l'uso della moneta come avviene con qualunque altra merce. Il contadino dispone dello strumento che ammette a nuove cittadinanze. Forse si sarebbe dovuto raccontare, accanto alla storia, le storie individuali. Roberto Costanzo ha tutto il tempo di proporre una Antologia del contadino sannita, con nomi, cognomi e soprannomi, paesi e contrade, fatterelli e dolori, mortificazioni e riscatti. Toccherà ad altri introdursi nei depositi della memoria, ivi compresi le istituzioni e gli scrigni familiari, per lanciare un organico piano di recupero.
Troppi vuoti, troppe dimenticanze, troppa ritrosia hanno consigliato di non appuntare tutti i passaggi di una comunità ancora legata alle usanze secolari che approda agli slanci e alle scorribande del ventunesimo secolo. Il primo quarto lo abbiamo vissuto conquistando le meraviglie di un apparecchietto che ci mette in contatto con tutto il mondo, una uguaglianza totale non regalata che anzi impone un nuovo scatto di responsabilità. E' il perno della attualità che richiede ai singoli l'assunzione ineludibile di sempre nuove e più stringenti responsabilità.
La sistemazione in sede scientifica di tanto materiale prodotto impone che enti e istituzioni culturali, nonché le rappresentanze degli enti locali facciano la loro parte. Università, Licei, associazioni di operatori economici, associazioni culturali e sindacati hanno titolo a produrre lavori documentati per formare un giacimento di fonti. L'ente locale, qui il Comune di Benevento in testa, non potrà sottrarsi al faticoso ma entusiasmante ruolo di capofila per la redazione di una ambiziosa Storia civile e sociale di questo pezzo di mondo alla cui costruzione la fortuna ci ha consentito di postare un mattone o solo uno sguazzo.
MARIO PEDICINI