8 marzo Festa della Donna... il cammino verso la parità è ancora lungo Politica

Si continua a parlare e a riflettere sui casi di violenze sulle donne, sui maltrattamenti che spesso sfociano in femminicidi; si cerca, allora, di convincere le donne a denunciare, e non senza paura, a non fidarsi di chi si serve della sua forza fisica per compensare la povertà interiore.

Diversi programmi televisivi affrontano il problema e attraverso testimonianze dirette sensibilizzano l’opinione pubblica affinchè simili comportamenti bestiali vengano evitati e insistono sulla necessità di una seria educazione familiare e scolastica.

Ma, in occasione dell’8 marzo, vogliamo richiamare l’attenzione su altre situazioni che ledono la dignità della donna.

In primo luogo ricordiamo le molestie nei luoghi di lavoro cui vanno soggette le lavoratrici. A tal riguardo lo scorso 25 gennaio la Confindustria ha sottoscritto con CGIL, CISL e UIL un’intesa con cui si dà attuazione all’Accordo quadro delle Parti sociali europee del 2007 sulle molestie e le violenza sui luoghi di lavoro.

Cosa prevede l’Accordo? Ogni atto o comportamento che si configuri come molestie o violenze sui luoghi di lavoro è inaccettabile, tali comportamenti vanno denunciati ; le imprese hanno il dovere di rispettare la dignità di ognuno basata sui principi di eguaglianza e di reciproca correttezza.

Un altro problema da affrontare è la tutela della salute e sicurezza nel mondo del lavoro delle lavoratrici.

Molte ricerche svolte negli ultimi anni mostrano come le donne lavoratrici vanno esposte in proporzioni superiori, rispetto ai colleghi maschi, a vari rischi e fattori ergonomici e psicosociali. E’ ormai provato che uomini e donne rispondono diversamente ad una stessa esposizione ai rischi e che la diversità dei ruoli sociali (gestione della casa e dei figli), può influire sulle conseguenze dei rischi lavorativi.

Enormi sono le difficoltà che la donna lavoratrice incontra nel gestire i tempi e le esigenze dei diversi ambiti casa-famiglia-lavoro anche nel tragitto casa-posto di lavoro e viceversa.

Studi statistici dell’ANMIL hanno dimostrato che la donna lavoratrice ha la possibilità di subire un infortunio “in itinere” superiore del 50% rispetto al collega maschio e che circa il 60% delle morti femminili sul lavoro avviene per incidenti in itinere. E’ facile immaginare che la donna quando esce da casa ha già accumulato una buona dose di stress psicofisico. Capita di frequente che il percorso casa-lavoro possa essere affrettato a causa di interruzioni dovute alla necessità di accompagnare i figli all’asilo, a scuola e in palestra.

Si genera una corsa contro il tempo che può influire sulla lucidità e sulla concentrazione nella guida.

La difficoltà che la donna incontra nello sforzo di conciliare i tempi di lavoro con la cura della casa e della famiglia sono la causa dell’abbandono del posto di lavoro per oltre due lavoratrici su tre.

Il risultato è che il nostro Paese registra un tasso di occupazione femminile tra i più bassi dell’Unione Europea, per la precisione: è il penultimo tra gli Stati membri, seguito solo da Malta.

Allora è evidente che nel nostro Paese esistono ancora forti ostacoli culturali e sociali, un ostacolo oggettivo alle “pari opportunità” è legato al ritardo con cui lo Stato stenta, nel suo ruolo sociale, a rispettare la specificità di genere.

Come Stato assistenziale è carente in termini di asili nido, orari di lavoro adeguati al doppio lavoro di mogli e di madre, sostegno ad anziani e disabili ecc.

Secondo i dati dell’EUROSTAT nel nostro Paese solo l’1,4% del PIL viene destinato a famiglia e maternità, una percentuale bassa rispetto alla media europea. Eppure il grado di civiltà che una società dimostra è dato dall’efficienza dei servizi che offre, dall’opportunità di eliminare gli ostacoli che non permettono all’individuo di realizzarsi.

Nel Duemila non parliamo più di femminismo, ma del rispetto della persona come depositaria di diritti e di doveri; della persona che ha la necessità di gratificarsi nel sociale e nel lavoro dove peraltro le donne sembrano riuscire molto bene.

Ci chiediamo allora dove è finito l’art.3 della Costituzione e quale garanzia di attuazione racchiude.

Nel nostro Paese sono ancora molti i passi da fare per migliorare la condizione della donna e nonostante diverse leggi a favore della parità di genere dobbiamo purtroppo constatare, e chissà per quanto tempo ancora, una parità legale ma non reale.

MARISA ZOTTI ADDABBO

marisazotti@alice.it

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