Antonio Iavarone uno scienziato sì, ma anche un italiano vero Società
Pacato, affabile, sorridente, ma determinato nel parlare, ed anche easy, perchè libero da cravatta - come di peli sulla lingua - così si è presentato lo scienziato Antonio Iavarone nella nostra redazione qualche sera fa.
Accolto con affetto dal direttore Giovanni Fuccio, che lo conosce sin da bambino e grande amico del suo papà dott. Annibale, Iavarone ha dapprima voluto visitare la sede, quindi, accomodatosi al tavolo deputato al briefing e alle interviste, ha disquisito amabilmente come si fa tra buoni amici, in maniera rilassata nonostante il tour de force sostenuto nell'arco di pochi giorni: conferenze ed interviste a Milano, Torino, Napoli e ovviamente Benevento.
Un colloquio incentrato essenzialmente sulle ricerche in campo medico, portate avanti con notevoli risultati dalla sua équipe di lavoro, ma anche uno sfogo, quello del prof. Iavarone, sul 'sistema italiano', un 'cancro sociale' forse più duro da debellare dei tumori studiati alla Columbia University.
“Nessun ricercatore straniero vuole venire in Italia, poichè non vede grandi opportunità per la sua ricerca - ha asserito, precisando subito dopo - non è che in Italia c'è una maledizione per cui non si può fare ricerca ad alto livello è perchè non si vuole fare. Purtroppo le persone che gestiscono i centri di ricerca, soprattutto nelle università, lo fanno in maniera clientelare, nepotistica e quindi nessuno è interessato a venire dall'estero”.
Iavarone, oncologo pediatra, figlio di pediatra, è andato via dal Bel Paese già da diversi anni e difatti ha sostenuto: “Io certe cose non me le riuscivo a spiegare quando stavo qua, figuriamoci ora che sto in America. Alcuni ritengono che per cambiare l'andazzo ci sia bisogno di una legge, dicono 's'edda fa 'na legg', facimm' 'na legg' (simpaticissimo quando in più di un passaggio si è affidato all'idioma beneventano, ndr), ma il problema non è la legge, il problema sono coloro che amministrano i luoghi chiave in modo privato mettendo chi vogliono non chi vale veramente. Addirittura ci si vanta di essere quelli che condizionano meglio i concorsi rispetto ad altri per poter dire 'Io sono più potente di Tizio e Caio', insomma c'è una competizione sulla clientela a discapito dell'attività svolta che risulta essere molto scarsa. Queste sono le 'cose all'italiana'... ed è assurdo pensare di modificarle solo con una legge”.
Sistema clientelare e qualità scadente della ricerca diventano, dunque, un mix letale per tanti ammalati, una situazione, questa, che provoca un profondo dispiacere al dott. Iavarone, egli infatti ci ha confidato: “In media ci telefonano o ci scrivono mail due/tre persone disperate alla settimana per raccontarci la loro situazione, per chiedere aiuto, dato che spesso vengono abbandonate dalle strutture locali, le quali non offrono loro nulla, tranne un lapidario 'Vai a casa a morire' e tutto ciò mi dispiace profondamente”.
Parlando, quindi, fuori dai denti: “Io sto alla Columbia University non per il nome, ma perchè ho l'opportunità di lavorare con i migliori scienziati del mondo, sennò che me ne frega di stare là!”.
Nostalgia dell'Italia? “Sì, tanta, ma in America ci adoperiamo tantissimo, oggi è un momento molto eccitante per la ricerca medica, in quanto effettivamente si stanno facendo delle cose ritenute impensabili fino a poco tempo fa”.
Ma nel tempo libero, poco a dire il vero, lo scienziato sannita come ama trascorrerlo?
“Mi piace molto andare al Metropolitan Opera di New York e anche andare a mangiare nei ristoranti dei miei amici italiani, in particolare c'è un mio amico della provincia di Salerno che ne possiede tre e quello dove vado più spesso si chiama 'Sistina', lì quasi ogni sera ci sono persone del calibro di Paul McCartney, Tony Blair, George Bush, Henry Kissinger, per un duplice motivo: non solo si mangia benissimo, ma soprattutto c'è il rispetto della privacy. Ora, però, questo mio amico, che è una persona davvero in gamba, è in uno stato di depressione - ci ha raccontato scherzosamente - lui è un repubblicano di ferro ed il suo candidato ha perso le elezioni, ma devo dire che anche io, se avessi votato in America, avrei scelto Romney”.
Bravo, simpatico e molto umano il nostro dottor Iavarone, che adesso è già tornato al lavoro in America e al quale auguriamo buon lavoro sperando di riaverlo presto in Italia.
ANNAMARIA GANGALE