Da Pietrelcina a Cosenza con il Sannio nel cuore Società

Uno dei punti di forza del nostro giornale è nei tanti sanniti che le vicende della vita hanno portato a vivere molto lontano da Benevento.

Con molti di questi spesso si stabilisce un rapporto di vera e propria amicizia a distanza fatta di lunghe telefonate e di lettere per raccontare storie o commentare questo o quell’articolo apparso sul nostro giornale.

Ed è stato così che recentemente è nato persino un libro “Giornalismo a Benevento” (1947-51) - Note di un emigrante senza ritorno.

L’autore, Donato Spina, oggi ottantaseienne, aveva fatto da ventenne il giornalista presso la redazione de “Il Mattino” negli anni ’50… e così lo abbiamo convinto a ricordare quel tempo che fu.

Con Ezio Zarro è da tempo che siamo in contatto.

La sua storia è degna di essere ricordata perché è diversa da quella di tanti giovani partiti da Benevento per andare altrove in cerca di lavoro e di fortuna, per lo più al Nord o all’estero.

Ciò perché intanto è andato a stabilirsi nella lontana Calabria, e precisamente a Cosenza e poi perché si tratta di un professionista, di un intellettuale e per certe problematiche di un vero e proprio studioso e ricercatore.

Tutto cominciò con la vincita di ben due borse di studio all’indomani della laurea in agraria conseguita nel 1952 all’età di 23 anni.

All’epoca era già attiva la Cassa per il Mezzogiorno che aveva necessità di disporre di quadri tecnici specializzati per l’attivazione della Legge Speciale per la Calabria, con particolare riguardo di due settori di irrigazione e della Forestazione.

“Grazie a quelle borse di studio – ci racconta il nostro amico – vengo chiamato ed assunto dall’Opera per la Valorizzazione della Sila con compiti di progettazione, attuazione e gestione del campo sperimentale irriguo della Sibaritide. E’ qui – continua il nostro interlocutore – che dovetti far leva su tutte le mie conoscenze ed inventiva, perché all’epoca non trovai altri tecnici, ma mi fu data la possibilità di servirmi di consulenze autorevoli, tra le quali, cito per tutte la Compagnia di Geofisica di Parigi”.

Successivamente Ezio Zarro ebbe poi mille altre occasioni per realizzarsi professionalmente con inviti vari a convegni nazionali ed internazionali anche in altri settori comunque sempre legati all’agricoltura come il recupero e la rivitalizzazione di un’arte antica regionale come l’allevamento del baco da seta; il recupero in extremis del suino nero calabrese, una razza che stava per estinguersi; la elaborazione del Piano latte della Calabria (1977); l’Embryo Transfer, un esperimento di avanguardia consistente nel trasferimento di embrioni da bovine campionesse donatrici a bovine riceventi del Centro sperimentale in Malarotto in Camigliatello Silano.

Tutte cose interessanti, osserviamo, ma senza una ricaduta immediata nell’occupazione di giovani in cerca di lavoro.

La risposta è lapidaria ed è tutta in una significativa espressione dello scrittore britannico Cyril Northcote Parkinson “Se volete la piena occupazione perseguite lo sviluppo. Se invece vi porrete come obiettivo l’occupazione, finirete con il non avere né sviluppo, né occupazione”.

Insomma possiamo dire che ci troviamo di fronte ad una carriera professionale di tutto rispetto che si è snodata lungo un filo conduttore che ha avuto come dominante una grande passione per la terra ed i suoi prodotti.

Una passione mai spenta e che continua anche dopo il pensionamento, sicchè il nostro, oggi, ottantatreenne, avvia una iniziativa di Horticoltural Therapy unica in Italia: un frutteto di piccoli frutti, lamponi, ribes e more senza spine realizzato presso il Centro di Riabilitazione AIAS di Vadue di Cardei (CS).

Un impegno che prosegue con conversazioni al Rotary e pubblicazioni sui quotidiani locali su varie tematiche.

E quali sono i ricordi della prima giovinezza vissuta a Pietrelcina?

“Avevo 4 fratelli e 3 sorelle: Balduccio, Antonietta, Zulema, Goffredo, Rosanna 1943 e Valerio 1946. Quando frequentavo la 4ª ginnasio, essendo la ferrovia stata messa fuori uso dai tedeschi in ritirata, io e il mio amico Michele Leso, quattordicenne come me, eravamo costretti a raggiungere la scuola a piedi con inizio delle lezioni alle ore 13 presso la sede provvisoria del Collegio de La Salle (13 Km di andata e 13 di ritorno) con un giorno alterno di riposo. D’ìnverno quando uscivamo dalla scuola era già buio. Ciononostante, primeggiavamo in classe.

Negli anni ‘40 e per tutto il periodo bellico vivevo da sfollato da Parma la famiglia dell’attuale prof Saginario . Con lui, e con tanti altri coetanei , costituimmo nell’ambito dell’associazione cattolica con una propria sede in Piazza una squadretta di calcio allenata da Manfredi che rimase imbattuta negli incontri con i paesi vicini. Ricordo molto bravi: i Mastronardi (in tutti i ruoli) , i Leso difensori , il (forte e saldo come una roccia) centro campista Giosuè Nisco, gli attaccanti Peppe di zi Siponta e Claudio Saginario.

Durante il periodo bellico, anni ‘40 e sino agli anni ‘50, mio padre, dopo la chiusura della fabbrica di mattonelle e manufatti di cemento, inattivo per carenze di personale e di commesse, potenziò il negozio di tabacchi alimentari gestito in piazza da mia madre, con un bar gelateria , biliardo e tavoli da giuoco.

Io e mio fratello Balduccio, oltre alla costruzione della baracca, prendevamo le ordinazioni fungendo, da camerieri.

E com’era la politica a quei tempi?

A Pietrelcina, per molti anni, si fronteggiarono due schieramenti: da una parte, lo storico gruppo politico liberale capeggiato dal farmacista, don Peppino Masone per molti anni Sindaco, e , dall’altra, un nuovo gruppo politico democristiano (alla cui promozione aveva partecipato anche la mia famiglia e quella del prof. Saginario), capeggiata dal medico condotto, dr Angelo Cavalluzzo.

Due bande musicali con propri fans che alternativamente scendevano in campo in relazione all’andamento della materia del contendo, quella della possibilità o meno di aprire una nuova farmacia. Don Peppino tornando da Roma, avvilito, per l’esito negativo registrato al Consiglio di Stato, trovò all’inizio del Paese la banda in festa con la folla amica capeggiata dalla sorella Sisina, alla quale da Roma qualcuno aveva fatto pervenire un Telegramma del tenore “abbiamo vinto, prepara festeggiamenti Peppino”.

Mio padre dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, emigrò per alcuni anni in Usa. Rientrato, nel 1926, all’età di 28 anni, sposò mia madre che aveva 16 anni. In viaggio di nozze a Venezia, nel traghettare, la gondola iniziò a barcollare per il movimento brusco di un passeggera che era con loro con una bicicletta. Mia madre si vide in grave pericolo ed invocò: Padre Pio mio salvami tu.

All’età di 31 anni mi sposai con Franceschina, di anni 23, cosentina.

Ho 4 figli: Angela Maria (51 anni), laura in legge con lode – avvocato – è dirigente degli Affari Generale dell’ Assolac, l’Associazione dei Produttori del latte della Calabria.

Nicola (49 anni), laureato e specializzato con lode Otorinolaringoiatra - Facoltà di Medicina di Bologna . E’ dirigente presso l’Ospedale Maggiore di Bologna Unità operativa chirurgica otorino.

Daniela (44 anni) laureata in Scienze economiche e commerciali, è in organico presso la Giunta Provinciale di Cosenza.

Simona (42 anni) in terapia sperimentale per il contenimento della progressione della Sclerosi Multipla che l’ha colpita all’età di 20 anni.

GIOVANNI FUCCIO 

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