In fuga dal sud e da Benevento Società

Il trolley ha sostituito la valigia di cartone. L’età media è 30 anni. Sono i giovani che emigrano dalle proprie regioni, con in tasca una laurea, a volte più di una e master, più svariati diplomi rilasciati da scuole di specializzazione. Usano perfettamente il computer e conoscono l’inglese. A questi vanno sommate le forze lavoro meno qualificate. Lasciano le città del Sud, fra cui Benevento dopo numerosi tentativi di cercare un posto di lavoro. Qualche mese fa alcuni analisti economici mettevano in evidenza come il Meridione finanzi il Settentrione proprio in questo modo, formando lavoratori, spesso altamente specializzati, per poi mandarli via e restare con una popolazione anziana che è quella che costa di più allo Stato e agli enti locali. Nel 2004, su 286.040 abitanti in tutta la provincia di Benevento - segnala l’Istat - 13.906 erano disoccupati, il 12,8%, in pole position in Campania, dopo Napoli con il 18%. Ed è ancora l’istituto di statistica a dare le stime impietose della soglia di povertà dello scorso anno, la Campania con il 24,9% è al quarto posto dopo Sicilia (29,9%), Basilicata (28,5%), Puglia (25,2%) e Calabria (25,0%). A farne le spese sono soprattutto gli anziani e poi ancora i giovani, quelli che hanno messo su famiglia da poco. In queste condizioni, chi può se ne và. In tutto il Meridione, l’Istat sottolinea che, nel 2002, sono stati in 130.000 a cambiare residenza e a stabilirsi prevalentemente nelle regioni del Nord-ovest (32,1%), ma anche nel Nord-est (27,4%) e nel Centro (26,5%). Molti raggiungono anche il Nord-Europa. Cifre che riportano agli anni ’50. Senza contare che sfuggono alle stime ufficiali quanti non cambiano residenza. Per Marco Vitale, economista e consulente aziendale la motivazione è non solo nella ricerca di uno stipendio, ma anche nel “rifiuto di una società che non amano. Cercano una società più libera, più meritocratica, meno corrotta, meno politicizzata, meno violenta”. Laura De Gennaro, 29 anni, sta per fare le valigie e giura che a Benevento tornerà solo per le vacanze. “Dopo la laurea, conseguita a 25 anni, ero piena di entusiasmo, cominciai a partecipare, nella mia città, ad ogni tipo di bando adeguato al mio titolo di studio – racconta - ma fu tutto inutile. Per caso quell’anno andai a Berna, in Svizzera a trovare un’amica, lasciai il mio curriculum all’Ambasciata italiana, mi chiamarono dopo pochi mesi perché interessati al mio profilo professionale. Incredibile, mi avevano telefonata senza segnalazioni. Da non crederci”. Ma Laura non partì, aveva ancora un traguardo da raggiungere, un master di II livello che ha appena conseguito a Napoli. Nel frattempo ha accumulato anche un diploma di inglese a Londra e la patente europea del computer. “Adesso è arrivato il momento di andare, sono in città da un mese e il senso di vuoto che mi circonda è insostenibile. Andrò a Roma – dice – per uno stage, ma se poi dovesse andare male ho trovato già qualcosa a Milano”. Lì, nella città meneghina i pregiudizi e il razzismo sono una malattia che ancora resiste. A chi va per insegnare capita anche di sentirsi dire che “i ragazzi del Sud vanno a rubare il lavoro ai ragazzi del Nord”. Ma come è la vita di chi se ne va? Le testimonianze sono tutte simili tra loro. La prima difficoltà è nella ricerca della casa. Subito ci si accorge che con 1000 – 1300 euro al mese non si vive ma si sopravvive e non si ci può certo permettere un appartamento da soli, lo si divide con altri. In media 500 euro per una singola, 350 per un posto letto. In quartieri periferici perché al centro di Roma o di Milano i prezzi salgono. Dallo stipendio poi bisogna togliere condominio e bollette. E se si è motorizzati anche tasse e benzina. Il poco che rimane serve per mangiare. I tagli vanno a scapito delle cose più amate: libri, cinema, teatro e vestiti. Poi c’è il boccone amaro dei contratti: quasi tutti a progetto che non danno nessuna garanzia. Niente ferie pagate, niente malattia, nessuna possibilità di fare un mutuo e acquistare una casa. Per chi è nato 30 o 25 anni fa in una regione del Sud dove non ha trovato lavoro e si trasferisce al Nord i sacrifici che deve affrontare non si contano e anche crearsi una famiglia diventa un sogno difficile da realizzare. Ma nonostante tutto in pochi ritornano. Chi decide la sfida tiene duro e resiste senza avere nel cuore il ricordo idealizzato della propria terra. E dopo aver affrontato le difficoltà materiali conosce quella solitudine esistenziale che si prova nelle metropoli, quella che ti invade quando “incroci le persone e le guardi negli occhi solo pochi secondi prima di andare via, certo che fra milioni di persone non le incontrai più”, come racconta Vincenzo Tirelli, 31 anni che dalla provincia di Benevento è a Roma da 7 mesi. Poi questa solitudine diventa una libertà e, conclude Vincenzo, “rappresenta la sicurezza e il vantaggio di essere anonimi”.
MONICA NARDONE