Lo tsunami Nardone Società

L’appuntamento elettorale per il rinnovo del consiglio comunale e dell’amministrazione civica è fissato al 15 e 16 maggio (con eventuale ballottaggio al 29). Si tratta della scadenza naturale, essendo stato Fausto Pepe eletto sindaco nel 2006. In vista dell’inevitabile consultazione popolare, i partiti (o quel che ne resta) hanno fatto melina. Ciascuno ha atteso che fosse l’altro a fare la prima mossa.

Il “duello” era programmato essenzialmente tra il Partito Democratico, al quale appartiene Pepe dopo le note vicende giudiziarie che colpirono la famiglia Mastella e, sia pure di striscio, lo stesso sindaco, e il Popolo delle Libertà, dopo la “reconquista” della Regione Campania.

Come satelliti caricati a duracell giravano su orbite imprevedibili gruppuscoli di diversa consistenza. Lo stesso sindaco, tra l’apertura di un cantiere e l’annuncio di opere future, provvedeva a nominare assessori e capi di municipalizzate, con l’evidente scopo di galvanizzare la sua compagine e sollecitare efficaci “manifestazioni di entusiasmo” da parte degli alleati.

Il PDL nostrano ha vissuto in maniera squassante la rottura Fini-Berlusconi. Alle ragioni della crisi nazionale, infatti, sembrava che l’incomprensione (si fa per dire) tra Viespoli e De Girolamo potesse acquistare i connotati di un addio senza ritorno. La stessa De Girolamo, però, ha evitato di forzare la mano, fidando probabilmente in un naturale logoramento interno del gruppo ex viespoliano.

Inutile dire che in questa fase di souplesse si sono tenuti accuratamente al riparo i calcoli numerici (i consiglieri a Benevento scendono da 40 a 32 e anche gli assessori non saranno più 12 o 14), ma, quel che è peggio, non si sono affidati neanche ai ragazzini (se ce ne sono) i classici compitini di scrittura dei programmi.

In questa pacifica e bipartisan fase di sonnolenza, ha fatto irruzione Carmine Nardone. Il suo progetto appariva dai contorni non ben definiti. I “potenti” l’hanno guardato un po’ dall’alto in basso. Ne fu presto decretata l’irrealizzabilità, quando fu chiaro che stava sorgendo un patto con Pasquale Viespoli.

Anche quelli che, a parole, non si stancano di dire che bisogna finirla con i partiti e bisogna puntare sugli uomini, si domandavano se questa alleanza non fosse scandalosa. Un ex comunista con un ex fascista? Ancora in questi giorni c’è chi insiste a denunciare il difetto di coerenza.

Ci si dimentica che siamo tutti ex e, se ciascuno dovesse restare impiccato al proprio passato (o ad uno spicchio del proprio passato), non ci sarebbe nessuno abilitato a nuotare nel presente, figurarsi nel futuro. E’ l’irresistibile tentazione della delegittimazione dell’altro sulla base di una proposizione pregiudiziale. Ma si è visto che non funziona, ovvero funziona al contrario dei propri desideri (Berlusconi docet).

L’iniziativa di Nardone ha il grande merito di aver sparigliato le carte di un gioco noioso e senza fantasia. Se sarà capace di aggregare e di funzionare fino ad arrivare al ballottaggio è questione che sarà risolta dagli elettori.

Per adesso, Carmine Nardone irrompe nella piatta calma con una caratteristica che né la sinistra né il centrodestra hanno esibito. Ed è il discorso della innovazione, della legalità e del protagonismo territoriale.

Proprio facendo tesoro delle esperienze partitiche, parlamentari e amministrative, l’ex presidente della Provincia invita i cittadini ad abbandonare l’abitudine del piagnisteo, che è una immorale e nefanda consuetudine di chi vuol addossare sempre le colpe agli altri, pretendendo magari da questi stessi altri (il governo centrale, la Regione, la Lega Nord) aiuti incondizionati per finanziare la perpetuazione dell’inconcludenza.

La soluzione dei nostri problemi sta nelle nostre mani. Il destino di progresso del Sud, ma dell’Italia intera, sta in questa clamorosa rivoluzione culturale. La breve esperienza di Futuridea, del resto, accanto alla manifestata amarezza per i timori con cui molte istituzioni rimandano il contatto con la sola demostation di Ponte Valentino, testimonia della fecondità della strada appena abbozzata.

L’innovazione, l’originalità, la territorialità sono certamente le “fissazioni” di Carmine Nardone. Ma non sono parole vuote. Lui, casomai alzando pericolosamente i decibel del suo eloquio, ha scelto la strada della “dimostrazione” reale, non in scala, o con i depliant.

Non ci salverà il rifiuto della modernità, ma l’innovazione per rendere la modernità compatibile con le esigenze del sistema produttivo e della salvaguardia della natura che assicura all’uomo la vita.

Gli scettici pongono due questioni. La prima è la perpetuazione di una mentalità che sembra saggia, ma è solamente pavida. Sì, sono cose belle ma ci vogliono anni, secoli, per vederle realizzate. Discorso inconsistente, perché, stante il ritmo di trasformazione e di accelerazione nella ricerca e nelle applicazioni, chi indugia resta completamente fuori, e per sempre, dal circuito delle cose (e delle idee) che contano. Nel senso che trovano attuazione e generano profitti e miglioramenti nella vita di ogni giorno. Parlo dell’energia, dell’inquinamento, dei beni primari.

La seconda è quella delle condizioni per vincere. Certamente Nardone non aspira ad andare a Palazzo Mosti per fare il consigliere. Dovrà proporsi all’elettorato con le necessarie alleanze. Per vincere, in democrazia, servono i numeri. Anche qui gli scettici già cominciano a lamentarsi: ma con chi si è messo!

Se si riconosce la legittimità di qualsiasi soggetto politico, il criterio per la scelta si sposta sui programmi e sulla maggiore o minore (e sia pure presunta) attitudine a realizzarlo.

Se si condivide l’idea della legittimità di tutti e ciascuno, allora diventa moralmente lecita e politicamente praticabile la mobilità verso l’attrazione di questa o quell’idea programmatica.

Nardone, per ora, ha rotto il precario e sospettoso equilibrio tra il tradizionale rassemblement di centrosinistra e il popolo di centrodestra. Il primo (PD in testa) non va, per ora, oltre un cavalleresco rituale, avendo nel capo dell’amministrazione uscente (che problemi ne ha avuti) il suo candidato. Il secondo non si capisce se il candidato lo abbia veramente individuato.

La personalità di Nardone è fuori discussione. Nunzia De Girolamo ha indugiato finora perché è sicura di fare il botto o perché sta ancora scegliendo le cartucce?

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it