Programmare il terremoto Società
Un termometro forse poco usuale ma, a mio giudizio, al limite della infallibilità? Lo stato delle strade lungo l'itinerario di sogno dei tre giorni campani del Giro ciclistico d'Italia. La vetrina mondiale onde mostrare quanto sarebbe bello venire qui da turisti a ripercorrere in souplesse i tortuosi percorsi agitati dal vorticare di gambe e raggi di biciclette della seconda tenzone ciclistica del mondo, dopo il Tour de France.
Ebbene, a Napoli il breve circuito cittadino presentava frettolosi rappezzi dei tratti stradali più malandati. Anche i viali pavimentati a cubetti di porfido avevano subito il medesimo oltraggio del brecciolino impastato di asfalto. Con involontario sadismo i cronisti lo hanno chiamato pavé. A certificare una trasandatezza ormai accettata neanche l'ombra di una qualche recente tinteggiatura di strisce bianche o di passaggi pedonali. Tutto questo a Napoli, la capitale del Mediterraneo.
Nella tappa da Sorrento a Marina di Ascea, ho seguito attentamente le riprese televisive e, da Agropoli all'arrivo, non ricordo di aver visto mai - dico mai - le strisce bianche ai margini della strada, meno che mai quelle poste a segnalare la linea di mezzeria: le une e le altre indispensabili per consentire ai ciclisti di indovinare gli angoli di curva.
Enti locali non in grado di rifare le strisce bianche non possono essere solamente vittime del mancato arrivo della prima rata dell'IMU entro il 16 giugno. Siamo di fronte ad una crisi ben più grave, della quale mi pare, peraltro, che non ci sia una precisa consapevolezza.
Tutti si attendono dal governo nazionale la soluzione dei diffusi malanni. Non si vede, tuttavia, una coraggiosa - eppure irrinunciabile - iniziativa dal basso tesa a ridisegnare i nuovi compiti possibili delle amministrazione locali con ruvido riferimento alle risorse finanziarie effettivamente disponibili. Così come il governo centrale, prima ancora gli enti locali devono fare pulizia nei conti per riprogrammare le loro funzioni. Che non possono essere astrattamente elencate come virtuose visioni sociologiche che da sé sole siano anche scaturigini di mezzi atti a renderle concrete.
Si tratta di provocare un potente sciame sismico per evitare un catastrofico terremoto. Ma gli scossoni dello sciame sismico produrranno comunque morti e feriti.
Non sappiamo ancora che ne sarà dell'istituzione provinciale. Anche se accorpate e non del tutto soppresse, le province sono destinate a compiti marginali. Anche le regioni potrebbero subire un significativo dimagrimento, se si metterà mano alla riforma del riformato Titolo V della costituzione. Ma di province e regioni si dovrà interessare la legislazione nazionale.
Il terremoto programmato dovrà essere progettato e gestito dai comuni. Il comune è il primo e insopprimibile ente locale. Se ne potranno accorpare anche il novanta per cento, ma nessuno potrà cancellarli dalla faccia della terra.
E' dai comuni, quindi, che deve partire questa sacrosanta operazione verità. Definitiva chiarezza dei conti, con iscrizioni di poste sicure sul versante delle entrate e sul versante delle uscite, cancellando senza indugio i crediti inesigibili e trattando piratescamente (non pilatescamente) la chiusura consensuale dei debiti, eliminando sul nascere i costi dei riti giudiziari.
E' finita la bella stagione dei diritti acquisiti, chiusi nell'armadio delle rotonde definizioni giuridiche del bel tempo andato quando si insegnava che lo stato non può fallire. I comuni devono, pertanto, uscire immediatamente dalle società per azioni nelle quali detengono il cento per cento delle quote societarie, quando le società di cui si tratta non riescono ad avere una gestione economica. Quando cioè il cosiddetto oggetto sociale viene mantenuto con l'accertato, ricorrente e ripetuto ricorso a “colmature” fatte con risorse non provenienti dalla attività della società.
Gli autobus a Londra costano. Però il biglietto sull'autobus rosso a due piani te lo rilascia l'autista (la sola idea di fare così anche in Italia ha subito acceso un dibattito se non si debba dare una mancia all'autista per questo doppio lavoro) e, soprattutto, il costo del servizio è perfettamente coperto dalle entrate.
Il debito pubblico che non si riesce a diminuire (e che aumenta ogni volta che la tv ci annuncia con pacata soddisfazione che lo spread è sceso, perché si parla di spread ogni volta che vengono emessi nuovi titoli di debito aumentandone la massa) è la somma di tutti gli scompensi economici di tutte le bancarelle e i baracconi del nostro sistema pubblico.
Nel nuovo governo sono entrati la nostra Nunzia De Girolamo e il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Non mancheremo di sperare in qualche intelligente soluzione ai nostri propositi di crescita (che so, una trasversale Tirreno-Adriatico tra Salerno e Termoli, ovvero una abbondante aspersione di Aglianico e Falanghina all'Expo 2015 di Milano). Daremo volentieri loro una mano se volessero porsi alla testa di una risolutiva ri-tracciatura delle funzioni pubbliche, cominciando dalla preparazione di una nuova classe dirigente (burocratica, tecnica, politica).
MARIO PEDICINI
mariopedicini@alice.it