Prostata e microbiota Società

Con il termine di microbiota intestinale si intende la totalità di quei microrganismi, batteri, virus, miceti e protozoi, presenti nel nostro intestino e che vivono in simbiosi con l’ospite, esercitando, in condizioni fisiologiche, opera di difesa della salute dell’organismo che li ospita. E’ questa una scoperta relativamente recente della Medicina che ha rivoluzionato lo studio e la comprensione della fisiopatologia gastro-intestinale. Oggi sappiamo che dall’equilibrio biologico di questi microrganismi dipende il buon funzionamento dell’intestino, ma anche di buona parte degli organi del nostro corpo.

Le azioni biologiche svolte dal microbiota sono molteplici ed essenziali nel mantenere un buon equilibrio metabolico e nello stesso tempo favoriscono i processi digestivi mantenendo una adeguata motilità intestinale; evitano così il ristagno dei residui alimentari, mantenendo l’integrità della mucosa intestinale, condizione questa essenziale per evitare il passaggio, di sostanze dannose dall’intestino al comparto ematico alterando il metabolismo e la  funzionalità di altri organi corporei.

I fattori che possono condizionare in negativo l’attività del microbiota sono molteplici, dalla età alla attività fisica del paziente, dalla modalità del parto alla sua dieta neonatale, dalla posizione geografica agli ambienti in cui vive, dalla tipologia di dieta abituale allo stress lavorativo, ma anche ai farmaci ed agli stili di vita.

Nello specifico è stato dimostrato come le alterazioni del microbiota intestinale possano favorire l’insorgenza di diverse patologie genito-urinarie, in particolar modo prostatiche, considerata la stretta vicinanza anatomica tra la parete posteriore del retto e la ghiandola prostatica.

Molte patologie prostatiche di tipo infiammatorio come le prostatiti croniche abatteriche, la ipertrofia benigna della prostata e la sindrome del dolore pelvico, riconoscono nel dismicrobismo intestinale una sicura causa fisiopatogenetica. Queste condizioni patologiche inoltre incidono fortemente sia sulla funzione urinaria che sessuale, riducendo fortemente la qualità di vita del paziente. Il meccanismo patogenetico alla base di queste disfunzioni sembra essere il passaggio di citochine parainfiammatorie dal lume intestinale, attraverso la parete intestinale, al parenchima prostatico determinando così uno stato infiammatorio locale, prostatico e, successivamente, generale.

E’ risaputo inoltre che la infiammazione cronica prostatica svolge un ruolo primario nel favorire le alterazioni strutturali delle cellule prostatiche, favorendo così l’insorgenza del tumore prostatico. Questa teoria patogenetica trova conferma nel fatto che è stato dimostrato che il microbiota di uomini con tumore della prostata, è sensibilmente differente da quello di uomini sani.

La chiave per poter minimizzare i danni provocati dalle alterazioni del microbiota intestinale, è una corretta diagnosi ed un trattamento terapeutico prolungato nel tempo. Si tratterà inevitabilmente di modificare gli stili di vita del paziente e migliorare sensibilmente le sue abitudini alimentari.

Non è stata codificata un tipo di educazione alimentare specifica per il trattamento dei sintomi disurici dovuti alla infiammazione prostatica, ma è stato verificato che l’assunzione con la dieta di alimenti contenenti Vitamina D, zinco, Beta-carotene e licopene, si correla con un ridotto rischio di sviluppare patologie prostatiche. E’ consigliato inoltre il contemporaneo utilizzo di farmaci probiotici per almeno tre mesi per prevenire il rischio di recidive di prostatiti croniche.

Un recente studio italiano ha infatti dimostrato in pazienti con prostatite cronica, che l’assunzione regolare di fermenti lattici contenenti il Lattobacillus paracasei, due volte al giorno per almeno tre mesi, riduce la frequenza dei sintomi urinari disurici nel 72% dei casi, e migliora di conseguenza la qualità di vita di questi pazienti.

ENZO TRIPODI