Rievocando Goffredo Mameli e l'Inno nazionale Società

Il 12 febbraio scorso la RAI, in una delle belle trasmissioni mattutine, ha dedicato l’intera puntata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Una nota giornalista televisiva ha tentato un cosiddetto scoop sostenendo che Fratelli d’Italia non fosse stato scritto da Goffredo Mameli ma da un altro autore non meglio identificato.

Di tanto in tanto ritorna la polemica sul testo e sulla musica dell’Inno d’Italia.

È opportuno ricordare che Canto degli Italiani, così Goffredo Mameli nel 1847 intitolò i suoi versi, fu musicato dal compositore Michele Novaro anch’egli nato a Genova come Mameli.

Tempo addietro il Presidente della Repubblica rimproverò i calciatori italiani i quali, durante un confronto internazionale, mostrarono – salvo alcuni – di non conoscere né musica né parole di Fratelli d’Italia. Ci fu una sorta di insurrezione nazionale: l’inno era brutto e bisognava sostituirlo. Tutti cavalcarono l’onda dell’indignazione.

Alla radio un acerbo giornalista che oggi imperversa come opinionista in tutte le reti televisive, propose in alternativa Azzurro di Celentano, ovviamente O’ sole mio ( per fortuna furono omesse Torna a Surriento e Caruso ). Non mancarono le varie “Italie” di Toto Cutugno, Mino Reitano, Francesco De Gregori ( non era ancora arrivato – per fortuna – il seducente Emanuele Filiberto… ).

Dulcis in fundo il super gettonato coro verdiano del Nabucco, il bellissimo Va pensiero…Ma come direbbe un notissimo politico “ che c’azzecca?”.

Bello o brutto che sia Fratelli d’Italia provoca emozioni anche nel cittadino meno patriota e più disincantato deluso frustrato per gli avvenimenti di questa nostra meravigliosa bistrattata Nazione, per fortuna ancora unita.

In una delle sue più belle poesie Pier Paolo Pasolini ricorda, con commozione, il giovanissimo eroe caduto nella gloriosa difesa di Roma nel 1849. Pasolini abitò anche nei pressi del Gianicolo laddove morì Goffredo Mameli.

Una bellissima pagina di Giuseppe Mazzini nei suoi Ricordi autobiografici ( pubblicato a Bologna, a cura di Menghini, nel 1938 ) ricorda l’Eroe:

Non so quanto i Romani ricordino oggi il 1849. Ma se le madri romane hanno, come dovevano, insegnato ai figli la riverenza ai martiri repubblicani, in quell’anno, della loro città – se additarono loro sovente il luogo ove cadde ferito a morte il giovane poeta del popolo, Goffredo Mameli – il luogo… Villa Corsini, Villa Valentini, il Vascello, Villa Pamphili, le pietre dei dintorni di Roma santificate quasi ciascuna dal sangue di un caduto col sorriso sul volto, col grido repubblicano sul labbro – Roma non sarà, sorgendo, profanata – o nol sarà lungamente – dalla Monarchia.”

Goffredo Mameli nato nel 1827 scrisse i versi dell’inno all’età di vent’anni. Due anni dopo prese parte all’eroica difesa della Repubblica Romana – una delle più belle pagine del nostro Risorgimento - e ferito a Villa Panphili, morì poco dopo, nel fiore della giovinezza. Le vicende successive delle peripezie del suo corpo sono drammatiche ed allucinanti. Qui è meglio sorvolare ma occorre sottolineare come fu Eroe nel senso più pieno ed autentico della parola: sacrificò la sua vita in nome di un Ideale e cadde in battaglia per la sua amata Patria.

Giustamente i suoi versi, e assolutamente solo quelli, nell’ottobre del 1946 furono scelti a rappresentare la neonata Repubblica. Tuttavia soltanto nel 2006 Fratelli d’Italia è diventato ufficialmente l’inno nazionale. Attraverso una modifica dell’Articolo 12 della Costituzione è stato definitivamente inserito nella Carta Costituzionale. E allora bisogna onorare Goffredo Mameli. A nessuno deve interessare quanto belle o brutte siano quelle parole: nonostante tutto cerchiamo di seguire quell’incitamento “ Stringiamoci…Italia chiamò ”.

LILIANA BEATRICE RICCIARDI

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