Transizione ecologica e sviluppo del territorio. ''Lo spopolamento è uno dei temi più preoccupanti'' Società
Si è aperto con 1 minuto di raccoglimento dedicato alle vittime di tutte le guerre e l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte del M° Umberto Aucone, l’anno accademico 2024 dell’Università degli Studi del Sannio. A portare il saluto di benvenuto ai tanti ospiti e Autorità il Magnifico Rettore Gerardo Canfora. Ospite d’onore, il direttore del quotidiano la Repubblica Maurizio Molinari. La prolusione, è stata invece del Prorettore dell’Ateneo, prof. Giuseppe Marotta, insignito di recente del titolo di Accademico dei Georgofili. L’abbiamo intervistato a margine dell’inaugurazione.
Nella sua prolusione, ha evidenziato la “insostenibilità” dell’attuale modello di sviluppo. Quali le reali dimensioni?
Sono diverse e interconnesse tra loro, rendendo il quadro generale molto complesso che non può essere affrontato ricorrendo a soluzioni parziali e settoriali. L’enfasi del momento storico è tutta focalizzata sulle transizioni gemelle, ecologica e digitale, a cui tutti guardano con grande speranza. Ma ci sono alcune dimensioni dell’insostenibilità, che potrebbero addirittura essere aggravate. Tra queste, assume rilevanza la crisi territoriale del nostro paese, la cui lettura economica e sociale appare oggi insufficiente. Ci sono ricerche e analisi che evidenziano l’importanza delle dimensioni culturali e istituzionali nello sviluppo dei territori, che, però, non sempre vengono contemplate nel disegno delle policy.
Da qui il richiamo all’importanza degli aspetti culturali e istituzionali nello sviluppo territoriale. E allora quale effettivamente la dimensione territoriale dell’insostenibilità in particolare nelle aree interne?
Tutti i recenti Rapporti individuano nella debolezza del ′capitale territoriale′ una delle principali cause di tale ritardo. Un capitale i cui contenuti sono certamente economici, ma quelli culturali -capitale sociale e relazionale- e istituzionali -qualità delle istituzioni- assumono una rilevanza decisiva. Per anni è prevalsa una lettura dualistica dello sviluppo, incentrata sul confronto Mezzogiorno e Centro-Nord. In realtà, la situazione è molto più complessa e richiede analisi territoriali più articolate. Il Mezzogiorno non è una realtà omogenea, anzi evidenzia contraddizioni e problematiche territoriali molto stridenti.
Soffermiamoci sulle aree interne campane, in particolare Sannio e Irpinia, che rappresentano il principale bacino di riferimento dell’Università del Sannio: quali disparità territoriali si registrano?
Lo spopolamento è uno dei temi più preoccupanti, alla luce del numero di persone coinvolte, in prevalenza giovani e in gran parte laureati. La partenza di giovani rappresenta una perdita importante di capitale umano qualificato, che influirà negativamente sulle future dinamiche economiche dei sistemi locali ma, anche, e forse ancora più gravemente, sulle dinamiche demografiche, per il conseguente ulteriore aggravamento del già preoccupante calo delle nascite. In queste aree abbiamo due fenomeni negativi: il calo delle nascite, che in alcuni comuni ha già raggiunto quota zero e la partenza dei giovani. Focalizzando l’attenzione sulla sola provincia di Benevento, lo scenario di criticità viene in parte mitigato, in prospettiva, da un articolato quadro di politiche di sviluppo, attualmente in atto: dalle infrastrutture di mobilità e logistiche alla diga di Campolattaro, dalla valorizzazione dello straordinario patrimonio culturale al Parco del Taburno, con la candidatura al riconoscimento UNESCO (“Global Geopark”), dai Distretti agroalimentari e rurali al recente varo della Zona Economica Speciale Unica. Su tutto questo si spera che i policy maker intervengano, perché l’insieme dei programmi d’investimento rappresenta un’occasione importante per avviare uno sviluppo duraturo e rigenerativo delle aree interne.
Negli ultimi tempi, sta sicuramente aumentando la sensibilità verso temi una volta considerati non strategici per il futuro.
Sostanziali cambiamenti di scenario hanno fatto maturare nei cittadini nuove sensibilità, rispetto ai temi dell’ambiente e della sua relazione con la salute, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, del rapporto alimentazione e salute, dell’esclusione sociale, della necessità di spazi di socializzazione lenta e, più in generale, di qualità della vita. Sono tutte nuove sensibilità che hanno portato alla consapevolezza che i fattori una volta di successo, come la concentrazione e la velocità, si stanno trasformando in fonti di alienazione e di disagio e che, il benessere e la qualità della vita, hanno bisogno di spazi ampi e sicuri, di risorse naturali pulite e di lentezza relazionale. Caratteristiche rinvenibili appunto nelle aree interne.
Quindi le prospettive per migliorarsi e guardare con fiducia al futuro, ci sono.
Le rinnovate istanze sociali dei ceti urbani, hanno inondato di luce nuova le aree interne. Questo “nuovo sguardo” sta generando un significativo interesse culturale ed economico-sociale, che si sta traducendo in potenzialità di mercato che alimentano, da un lato, una nuova domanda di beni e servizi e, dall’altro, flussi turistici alla ricerca di coinvolgimento esperienziale.
In tale contesto, come cogliere le opportunità della transizione ecologica?
Uno dei temi fondamentali è proprio il passaggio dall’energia da fonti fossili a quella da fonti rinnovabili; energie che sfruttano, cioè, le risorse naturali acqua, vento, sole e biomasse. Le aree interne rappresentano, da questo punto di vista, uno patrimonio straordinario di risorse naturali e possono contribuire in maniera significativa alla soluzione dei problemi del cambiamento climatico. Ci sarebbero, quindi, tutte le condizioni per avviare processi di sviluppo virtuosi, mettendo in sinergia le potenzialità legate alla transizione ecologica e quelle delle nuove domande di mercato, in un quadro di miglioramento del contesto territoriale a seguito dell’attuazione dei programmi di investimento prima richiamati. Diventa pertanto importante capire quale sia il percorso più efficace da intraprendere per rendere i processi trasformativi e rigenerativi realmente concreti ed efficaci.
In tutti i documenti si fa sempre riferimento alla necessità di cambiare paradigma per lo sviluppo dei territori, puntando su modelli di economia partecipata, basati sulla condivisione del valore.
La strada suggerita è quella dello sviluppo rigenerativo delle aree interne attraverso modelli basati su protagonismo locale. Appare fin troppo evidente che la strategia che si propone risulta essere di difficile attuazione in aree che hanno subito per decenni un continuo drenaggio di risorse umane, giovani e qualificate e si trovano oggi in condizioni di estrema debolezza, con attori locali -istituzionali, produttivi e civili- depotenziati e con scarsa capacità di protagonismo. La sfida per la rigenerazione delle aree interne, passa attraverso la seguente domanda: come mettere gli attori locali in condizione di essere protagonisti dello sviluppo dei propri territori, creando valore per le comunità locali? In altri termini, quali azioni e strumenti mettere in campo per potenziare il capitale sociale, la qualità istituzionale, per attrarre capitale privato, ovvero per potenziare il “Capitale Territoriale”, così importante ma così carente nel Mezzogiorno e ancora di più nelle aree interne?
Su molti temi legati allo sviluppo, l’Università comunque assicura il proprio contributo.
Nella nostra mission, fra le altre cose vi è l’impegno ad operare a sostegno del territorio trasferendo conoscenze e innovazioni tecnologiche e organizzative, attraverso le attività di “Terza Missione” che, insieme alla didattica e alla ricerca, vanno a comporre le tre funzioni fondamentali dell’Università. Il nostro Ateneo supporta sistematicamente le tre famiglie di attori locali che operano sul territorio, ovvero soggetti istituzionali, agenti economici e comunità locali, con la finalità di svilupparne le “capacità” e di potenziarne l’azione, sostenendoli nel ruolo di protagonisti dello sviluppo locale e mettendoli in condizione di poter cogliere le opportunità derivanti dai cambiamenti di scenario.
GIUSEPPE CHIUSOLO