Il valore del patrimonio arboreo Ambiente

Il 2023 è stato l’annus horribilis dal punto di vista climatico, a sancirlo Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea. Al numero sempre crescente dei giorni di siccità, e questo mese di gennaio del nuovo anno lo sta confermando, si affianca, al sopraggiungere finalmente della pioggia, la sempre maggiore intensità delle precipitazioni, con rischi per l’incolumità dei cittadini. A farne le spese sono gli alberi delle nostre città che cadono impetuosamente al suolo come fuscelli, tanto da spingere alcune procure ad aprire indagini per disastro colposo. Da qui il terrore e il sollevarsi dai problemi degli amministratori che per tagliare la testa al proverbiale toro risolvono la questione eliminando gli alberi indeboliti dalla siccità. E così dopo ogni incidente si assiste a fronti contrapposti con chi, da una parte, invoca l’abbattimento indiscriminato con la sostituzione con piante più basse e chi, dall’altra, invece lancia strali scendendo in piazza o lancia campagne sui social network per impedirne i tagli.

A volte i lavori di rifacimento dei marciapiedi, con il taglio delle radici superficiali, vengono messi sotto accusa. E via di conseguenza all’abbattimento immediato di tutti i pini del viale. Secondo il parere dell’agronomo fiorentino Luigi Sani, attivo in tutta Italia sulla stabilità delle strutture arboree che alla valutazione del rischio della caduta di un albero ha dedicato diversi libri, «la decisione di tagliare un albero va presa seguendo una procedura chiara valutando il livello di rischio e decidere se questo è ragionevolmente accettabile». Nella manutenzione degli alberi cittadini un aspetto critico è la potatura. Secondo quanto riportato nei testi di Sani, sempre più studi mostrano che nella maggior parte dei casi meno si pota meglio è. Un esempio è dato dalla capitozzatura, il drastico taglio della chioma. Si crede che renda l’albero meno vulnerabile dal vento, quindi meno pericoloso, ma è vero il contrario. I sottili rami in alto sono quelli che, nel muoversi, disperdono la forza del vento. Un albero capitozzato corrisponde a un palo incastrato a terra destinato a cadere. Da un punto di vista darwiniano, se un tronco alto e una folta chioma facilitassero la caduta in caso di vento forte, gli alberi si sarebbero evoluti in modo da ridurre il pericolo.

Gli alberi cittadini vanno gestiti con una cura continua e una disponibilità di spesa notevole. È stato calcolato però che per ogni euro investito da un Comune, i cittadini ne ricevono quattro e mezzo di benefici. Sul fatto che gli alberi ad alto fusto siano sempre più importanti per la qualità della vita in città non vi è alcun dubbio: aiutano ad abbassare la temperatura in estate e combattono lo smog, le foglie producono ossigeno, assorbono anidride carbonica e catturano polveri sottili. Querce, betulle e soprattutto aceri sono i più indicati per resistenza alla siccità e al vento, capacità di filtrare le diverse sostanze inquinanti mentre i pini pare abbiano radici troppo corte per affrontare trombe d’aria e bufere, soprattutto i pini nati in vivaio non possono avere quel fittone centrale che in natura àncora il fusto alla terra con una radice profonda quasi quanto l’altezza dell’albero. Ci sono poi platani, carpini e frassini anche se l’albero ideale non esiste, e se esistesse andrebbe comunque limitato – secondo l’agronomo Sani – perché la varietà è essenziale. Ad esempio, il platano ha grandi qualità, lo si trova in molti luoghi della provincia, ma in primavera produce nuvole di polline e se ci fossero solo platani sarebbe una iattura per gli allergici. Alla fin fine, privilegiare l’uso delle piante tipiche di ogni zona non è solo una moda paesaggistica, ma anche una garanzia di maggior salute per le piante.

GIANCARLO SCARAMUZZO

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