Dodo Gagliarde attore di successo che non dimentica la sua Pago Cultura

L’attore sannita Dodo Gagliarde, come ogni estate, trascorre lunghi periodi di vacanza in Pago Veiano, suo paese di origine, sino ad autunno inoltrato. Qualche giorno antecedente la partenza per Roma, dove abitualmente dimora da anni e lo attendono le rituali prove riguardanti la prossima stagione teatrale, lo abbiamo incontrato nell’elegante gran bar, da poco restaurato, situato nella piazza centrale di Pago Veiano, gradevole località prefortorina.

Dodo, ci parli delle sue origini e dei suoi anni giovanili?

Sono nato, qui, a Pago Veiano, nel 1956; i miei genitori sono Arcangelo Gagliarde, deceduto lo scorso anno, e Maria Polvere; sono unico figlio; ho frequentato qui le scuole elementari; le medie e il ginnasio fino al quinto anno presso il Seminario Arcivescovile sito in Corso Garibaldi a Benevento, di fronte al Palazzo Paolo V, sede del Comune; infine, il liceo e il primo anno di teologia presso l’allora Pontificio Seminario, attuale sede della Caserma dei Carabinieri “Pepicelli”. Di conseguenza per aggiornarmi con i tempi, quando mi chiedono, in merito agli studi, gli dico che ho frequentato il ginnasio nell’odierno sito dell’Archivio di Stato; il liceo alla Caserma “Pepicelli”; ho conseguito la maturità classica presso la sede attuale del Conservatorio musicale allocato in Piazzetta Vari, allora sede del Collegio “La Salle”.

Quando ha iniziato a cimentarsi come attore teatrale?

Il teatro De Simone, che era il teatrino interno al Collegio “La Salle”, mi ha visto debuttare prima ancora che divenisse teatro pubblico, questo avvenne tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi di quelli Settanta. Qui, iniziai ad imitare qualche mio professore. Poi, preparavo degli intrattenimenti estivi con monologhetti e scenette attinti da raccolte di pezzi teatrali per ragazzi.

Poco prima, ci ha riferito che ha frequentato solo il primo anno di teologia, poi come è proseguita la sua carriera scolastica?

Ho lasciato teologia nel 1976 per iscrivermi alla Facoltà di Medicina di Napoli, dove l’ho frequentata per un anno e mezzo. Ho interrotto gli studi universitari perché ero sempre più assorbito dalle richieste di spettacoli sia in case private che in luoghi pubblici.

Allora cosa interpretava?

Le macchiette di Totò, di Nino Taranto; suonavo la chitarra e cantavo “Io mammata e tu”, con musica di Domenico Modugno e testo di Riccardo Pazzaglia, con il quale, un po’ di anni dopo, ho girato una scena memorabile, quella del “Cavalluccio rosso” nel film di Luciano De Crescenzio “Così parlò Bellavista”.

Naturalmente, per queste esibizioni veniva retribuito?

A volte sì e a volte no!

Quindi siamo arrivati alla fine degli anni Settanta, conferma?

Certamente! Difatti, tra il 1977 e il 1978 ho svolto il servizio militare nell’Esercito Italiano presso la Caserma “Camandone” di Diano Castello in Liguria. Dopo il militare, l’anno 1979 è stato un anno travagliatissimo per decidere se dovevo trasferirmi o no a Roma. Decisione che poi presi, assolutamente non incoraggiato da papà.

Giunto a Roma, cosa accadde?

Ricordo che presi in locazione una stanza in zona “Casilino”, noto quartiere situato dietro la Stazione Termini, dove sono rimasto quattro anni. In quel periodo ho iniziato a farmi conoscere facendo interventi di venti minuti in discoteche e locali cabarettistici tra cui “Executive club” sull’Aventino. Poi, tra le altre cose che ho fatto, collezionavo piccole particine in film con grandi registi, tra cui Steno, Dino Risi.

Gli anni Ottanta, come iniziano, professionalmente parlando?

Sono anni febbricitanti e di continua ricerca in tutti i sensi: di repertorio, di identità e quindi passo da esibizioni cabarettistiche al cinema, al teatro dove ho debuttato con Carlo Croccolo al teatro Colosseo in Roma, ribattezzato in quel periodo “Teatro Anacroccolo”. Poi è arrivato il periodo più bello della mia carriera con lo spettacolo “Cinecittà”, che praticamente girò tutta l’Italia, raggiungendo 280 repliche.

Con quali attori ha calcato i palcoscenici, quindi con quali artisti ha lavorato?

Con Pietro De Vico, Carlo Giuffré, Nino Frassica, Lin Banfi, Piera Degli Esposti, Rosalia Maggio.

Quali di questi attori sono venuti a trovarla a Pago Veiano?

Pietro De Vico e Nino Frassica. Peraltro, sono stati a pranzo a casa. Ricordo ancora quanti curiosi miei concittadini si assieparono davanti alla mia abitazione per incontrarli, per chiedere autografi, insomma per fotografarli e per farsi fotografare. Un po’ come accadde a Pietrelcina qualche decennio fa davanti casa sua. Ricordo ancora quanti ragazzi e ragazze, attraverso il portone aperto e i vetri delle finestre del salone della sua casa, assistettero allo spettacolino che lei organizzò per i suoi amici ed amiche per l’ultimo giorno di carnevale in cui io mi esibii. A quell’epoca ero ancora studente universitario e avevamo in comune alcuni amici universitari, tra cui il carissimo ingegnere Ugo De Ieso.

Sappiamo che ha anche realizzato delle pubblicazioni?

Ho pubblicato un libro sulla storia di Pago Veiano dal titolo: “Pago Veiano, frammenti di storia”, anno 2000. Tempo permettendo, sto già lavorando per un altro libro riguardante sempre la storia del mio paese natio. Ancora, ho pubblicato due dischi: il primo in vinile, uscito negli anni Ottanta, precisamente anno 1986, intitolato: “Il solletico”. Quest’ultimo si può anche acquistare su internet come disco di antiquariato. Tra l’altro, sono in contatto con il produttore per rilevarne i diritti e registralo su cd. Il secondo è un cd: “Ràdeche e nòdeche”, di cui sono autore e interprete di pezzi cantati e recitati nel dialetto pagoveianese.

Nell’ultima stagione teatrale, 2011-2012, dove è stato impegnato?

Praticamente, nelle ultime dieci stagioni, ho lavorato costantemente al teatro “Prati” di Roma, dove siamo stati diretti da Fabio Gravina, con il quale ho fatto una cinquantina di commedie del repertorio napoletano, tra cui: “Non ti pago” di Eduardo; “Nù turco napoletano” di Scarpetta; “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo.

Ci può anticipare qualcosa circa la sua attività futura?

Certo! La scorsa estate sono state fatte delle riprese, qui a Pago Veiano, con l’amico Tonino Farizi, per realizzare un documentario sul Paese, che, quasi sicuramente, uscirà per l’agosto prossimo su dvd e faremo un’anteprima a Pago Veiano in Piazza con il Patrocinio del Comune.

Perché ha adottato lo pseudonimo artistico di Dodo?

Dodo è il vezzeggiativo di Donato che mi fu coniato nei primi mesi della mia presenza in Roma dal noto manager Alberigo Crocetta, lo stesso che ha inventato lo pseudonimo Patty Pravo a Nicoletta Strambelli.

E per concludere, ci dica qualcosa della sua vita sentimentale…

Ho avuto qualche storia d’amore! Però, negli ultimi anni, ne ho perso la memoria!

ANTONIO FLORIO 

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