Giuseppe Manente. La banda dei mille successi Cultura

Negli anni immediatamente successivi all’unità nazionale Morcone, ridente centro arroccato sui monti del Sannio, è entrato da poco a far parte della provincia di Benevento e, con i suoi circa 7000 abitanti è uno dei più popolosi comuni sanniti, ma conserva ancora saldissimi legami territoriali e culturali con il vicino Molise del cui contado ha fatto parte fino allora tant’è che, quando nel 1869 il musicista Liborio Manente viene chiamato a dirigere la banda musicale di Guglionesi (Campobasso), accetta il trasferimento con entusiasmo poiché, sebbene il paese molisano conti poco più di 4000 anime, il prestigioso incarico gli consentirà di mettere meglio a frutto il suo talento e provvedere anche alla formazione del figliolo Giuseppe che, nato a Morcone il 3 febbraio 1867, ha appena due anni.

A Guglionesi però, più che delle indiscusse doti del maestro appena arrivato, si parla della sua relazione con la cognata Florinda Colesanti e del figlio che, nato dalla loro unione il 13 giugno 1876, viene battezzato Giovanni Alpigiano poiché, essendo frutto di una relazione irregolare, non può portare il cognome Manente.

A dispetto della rigida burocrazia e dell’intollerante morale dell’epoca, i due fratellastri che hanno nove anni di differenza crescono nella stessa famiglia e - mostrando analoga passione - vengono introdotti alla pratica musicale da papà Liborio, condividendo anche non pochi altri interessi, compreso quello per la carriera militare almeno fin quando Giuseppe si trasferisce a Napoli per frequentare il Regio Conservatorio di Musica San Pietro a Majella e le loro strade si separano, ma solo praticamente, poiché a tenerli uniti resta proprio la musica.

Giovanni Alpigiano, infatti, diventa capomusica della Regia Marina dirigendo varie bande a bordo di navi ammiraglie, nel 1903 vince il concorso da sottotenente maestro direttore della Banda dell’Esercito e - dopo una permanenza negli Stati Uniti d’America ove dirige alcuni complessi bandistici civili - viene nominato direttore della Banda del 14° Reggimento di Fanteria di Foggia con cui il 3 giugno 1910 in occasione della festività patronale di Sant’Adamo Abate si esibisce a Guglionesi eseguendo l’inno trionfale La regina del grano da lui composto, mentre successivamente passa a dirigere la Banda dello Spolettificio del R. Esercito a Torre Annunziata.

Giuseppe Manente, intanto, ha ultimato la sua formazione a Napoli studiando composizione, armonia e contrappunto con il maestro Camillo De Nardis e pratica strumentale con il maestro Domenico Gatti, perfezionandosi poi al Conservatorio di Madrid con Emilio Serrano e successivamente con Cesare De Santis al Liceo Musicale di Santa Cecilia di Roma.

Senza mai dimenticare l’amore del padre per la musica da banda e i primi esordi proprio nel complesso civico di Guglionesi, sul finire del XIX secolo inizia a cimentarsi come compositore e autore di strumentazioni per orchestre finché il primo maggio 1889, appena ventiduenne, vince un concorso come capomusica del 60° Reggimento Fanteria di Novara, mentre nel 1900 è direttore di banda all'Esposizione Universale di Torino e due anni più tardi esegue alcune sue composizioni per orchestra al Palazzo Reale di Torino alla presenza del Re e della famiglia reale.

Forte dell’esperienza acquisita, nel 1905 viene chiamato a dirigere la banda del III° Reggimento Fanteria e cinque anni dopo, su incarico del Ministero della Guerra, esordisce come autore di musiche destinate espressamente a manifestazioni militari, componendo i Frammenti musicali per l'attività ginnica dei reggimenti di Fanteria.

Nel 1911, sempre su designazione ministeriale, riceve la nomina di Direttore della Banda del II° Reggimento Granatieri di Sardegna che tiene fino al 1918 - esibendosi tra l’altro nel parco di Brooklyn a New York per la comunità italiana emigrata negli Stati Uniti d’America che lo accoglie tra scroscianti applausi - senza tuttavia trascurare altri incarichi di rilevo tra cui quello di direttore della Banda del 43° Reggimento Fanteria (tra il 1911 e il 1920) e della Banda Musicale del Cairo negli anni di Re Fuad d’Egitto dal 1921 al 1924.

Inserito nel Dizionario dei Musicisti di Alberto De Angelis (edizioni Ausonia, Roma 1918), il maestro Manente rientra in Italia nel 1925 quale vincitore del concorso per la direzione della costituenda Banda della Guardia di Finanza di Roma, contribuendo in prima persona alla selezione dei centodue musicanti provenienti dai principali conservatori italiani e, proprio in veste di primo direttore del neonato complesso bandistico, compone tra l’altro l’Inno dei Finanzieri eseguito in occasione del debutto in Piazza Colonna a Roma il 25 aprile 1925.

Durante la lunga e intensa attività concertistica, la Banda della Guardia di Finanza si esibisce presso le più prestigiose istituzioni musicali italiane e resta sotto la sua guida fino al 3 febbraio 1932, quando - dopo aver festeggiato nel 1929 i quarant’anni di servizio e diretto un memorabile concerto a Guglionesi con la Banda delle Guardia di Finanza al completo (1931) - si congeda per raggiunti limiti d’età cedendo la direzione del complesso bandistico al maestro Antonio D’Elia, accademico del Conservatorio di Santa Lucia di Roma e noto compositore.

Autore di un Metodo teorico pratico per la lettura musicale e membro di giuria di varie manifestazioni e premi musicali, Giuseppe Manente resta lungamente attivo anche dopo il pensionamento poiché dirige le bande di Lucca, Pescia e dei Bagni di Montecatini, tiene la direzione artistica dello Stabilimento Musicale Adolfo Lapini di Firenze, collabora a varie riviste musicali ed infine, nel 1932, ricostituisce la Banda Musicale di Rimini su incarico del podestà Pietro Palloni, allo scopo di dotare la cittadina adriatica di un complesso bandistico adeguato alla crescente importanza turistica.

In tale veste Manente si riserva la facoltà di trasformare il vecchio e incompleto organico della banda esistente in un complesso moderno e - assecondando le insistenze di Palloni affinché fosse scritturato il maggior numero possibile di elementi del vecchio complesso - indice un’audizione ascoltando tutti i bandisti, ma dopo una durissima selezione ne conferma solo una piccola percentuale reclutando gli altri da varie regioni italiane, in particolar modo dall’Abruzzo.

Il nuovo imponente complesso bandistico viene quindi costituito da sessantacinque elementi che però, con uno stipendio medio mensile di circa 600 lire, comportano spese elevatissime e pertanto, nonostante il successo ottenuto soprattutto con i concerti al mare, il suo impegno dura soltanto per le stagioni 1932 e 1933.

Sebbene noto e stimato soprattutto come direttore d’orchestra e banda, Manente dedica parte significativa della sua attività anche alla composizione mostrando una singolare e poliedrica vena creativa e spaziando nei generi più disparati. Sin dalla fine del XIX secolo, infatti, firma pezzi musicali per banda e orchestra, marce funebri, circa cinquanta brani per pianoforte, un concerto per clarinetto, una berceuse per flauto, varie melodie per soprano, alcune sinfonie per orchestra, un centinaio di sonate per mandolino di cui è anche un eccellente esecutore, nonché componimenti patriottici e celebrativi, serenate, ninne-nanne, strumentazioni per banda di pezzi celebri e due opere liriche - Alla Regata in un atto su libretto di Martinetti andata in scena nel 1906 al Teatro Manzoni di Pistoia, e Il Paradiso dei Cigni, in tre Atti su libretto di Anton Menotti Buja pubblicata a Firenze nel 1939 – mentre dallo stesso Pietro Mascagni riceve incarico di eseguire la riduzione per banda della Cavalleria rusticana.

Giuseppe Manente muore a Roma il 18 maggio 1941 e viene sepolto accanto alla moglie Ida Visdomini nel cimitero di Guglionesi, paese che lo accolse bambino e che gli ha intitolato una strada, mentre il fratellastro Giovanni Alpigiano si spegne tredici anni più tardi, il 7 maggio 1954, a Portici (Napoli) ove si era trasferito come consulente della Casa Musicale Pucci.

La vastissima opera del M° Manente, quasi intermente edita dalla Casa Editrice Mignani di Roma e Firenze, in Italia è stata ormai in gran parte dimenticata, mentre è tuttora assai nota all’estero, tanto che le sue composizioni per mandolino figurano nei repertori eseguiti in Giappone, dove sono state anche pubblicate in tre compact disc dalla casa editrice Voxee.

ANDREA JELARDI