Il sangue del Sud per l'unità d'Italia Cultura
Un grande avvenimento vide sancire, con un atto ufficiale, il sogno di tanti Italiani: l’ Unità di’Italia, dalle Alpi alla Sicilia! Quel sogno, durato tanti anni, dal Congresso di Vienna 1815 quando fu divisa in tanti piccoli Stati, divenne così realtà nel 1861! Sono trascorsi 150 anni da allora ed ancora il ricordo è vivo nei nostri cuori, specie in quelli di noi meridionali del regno delle Due Sicilie, che pagammo più di ogni altro col sangue l’Unità della Patria.
Quel passaggio dai Borboni ai Savoia ci costò un caro prezzo perché il Brigantaggio ne ostacolò l’unione pacifica.
Ho narrato quegli avvenimenti nel mio libro” Briganti o Partigiani,”edito da Realtà Sannita. I fatti sono riportati con oculatezza ed obiettività e fanno capire che il contadino del Sud diventò bandito non per attaccamento al Borbone, ma perché restò deluso del nuovo Governo che impose nuove tasse e nuove leggi. Egli, abituato a vivere di stenti e del proprio lavoro, non accettò neppure la coercizione militare obbligatoria che gli toglieva i figli dal lavoro dei campi. Il nuovo Governo si procurò l’impopolarità con le proprie mani, perché impose tante nuove leggi, compresa quella della soppressione di alcune corporazioni religiose che inasprì i preti, i quali, si mostrarono offesi e si vendicarono.
Questi accadimenti furono causa di reazione generale che ben presto, si sviluppò in bande armate contro le quali il nuovo governo si mostrò, in un primo momento, inadeguato al punto da mettere in difficoltà le popolazioni che non sapevano con chi stare, se col governo piemontese o con i reazionari del Borbone. Essi facevano credere imminente il suo ritorno sul trono di Napoli. Le bande armate sorsero e si svilupparono sempre più in tutto il meridione d’Italia sostenute dal re Borbone che,da Roma, dove si era rifugiato, impartiva gli ordini.
Si ricordano qui soltanto alcuni dei tristi fatti accaduti nella nostra Provincia dopo il 17 marzo del 1861, a cominciare da quello di Colle Sannita, avvenuto il 30 giugno, in cui 60 briganti invasero il paese difeso da poche unità di guardie mobili. Ne seguirono poi tanti altri: quello di S. Croce di Morcone il 19 luglio, del 20 di Castelpagano e quello del 21 luglio avvenuto sulla montagna di Mazzocca (Colle Sannita), in cui il Sindaco di Reino ( Nicola De Nunzio) venne catturato dai briganti che l’uccisero facendo scempio del suo corpo.
Il 2 e 3 agosto 100 briganti invasero di nuovo Colle. Il giorno 6, poi, vennero invasi S. Marco dei Cavoti, S. Croce, Montefalcone, Pesco Sannita, Pago Veiano, i due Fragneto, Molinara, S. Giorgio la Molara. Sembrava come se fosse giunta una scadenza. Tutti quei paesi erano mal difesi e, quei pochi galantuomini rimasti in sede, dopo aver subìto vessazioni ed aver assistito ad incendi e furti delle proprie case, non sapevano casa fare.
Essi, dopo attenta riflessione e per evitare nuovo spargimento di sangue, si schierarono con i briganti, ritenuti più forti e senza scrupoli. La sera del 9 agosto proprio quei briganti con a capo Francesco Saverio Basile (Cicco Pilorusso di Colle S.) che aveva avuto tanta fortuna nel sottomettere i paesi sopra menzionati, giunsero a Pietrelcina dove vennero bene accolti con offerta di vitto e alloggio in attesa di altre bande per il giorno dopo, 10 agosto. In quella data doveva avvenire un grande concentramento di briganti provenienti anche da altri paesi con l’intenzione, forse, d’invadere Benevento. Ma all’alba di detto giorno proprio dalla città partiva, forse per sentore avuto, un forte contingente di forze militari governative diretto nel Fortore il quale, giunto a contrada Mosti si divise in due parti: una si diresse a Pietrelcina e il resto proseguì per Pesco Sannita.
A Pietrelcina il contingente sorprese i briganti frastornati dal sonno e dall’ebbrezza e fu una strage. Il capo Pilorusso, in quella circostanza, perse credibilità sia da parte dei suoi che delle altre bande di briganti, e più di tutto egli perse la speranza della restaurazione. A Pesco, invece, il paese fu trovato imbandierato a festa, con bandiere bianche borboniche, perché si era sparsa la voce che per quel giorno doveva arrivare il generale borbonico Bosco. Il Capo urbano del paese (don Luigi Orlando) fu accusato, falsamente, di cospirazione e fu fucilato in piazza sotto il grande l’olmo. A questi episodi ne seguirono altri non meno cruenti: quelli di Pontelandolfo e Casalduni, dove avvennero fatti inauditi, saccheggi, incendi, carneficine, distruzione dei due paesi. Altri ne successero ancora sino al 1863 quando la fase acuta del brigantaggio terminò con la cattura e la morte di Michele Caruso avvenuta a Benevento a Porta Rufina. Il risultato, intanto, di questa guerra civile fu, purtroppo disastroso. Ci furono oltre 20.000 morti solo nel 1861 e tante rovine!
Tutto ciò poteva essere evitato, se i luminari della politica avessero saputo trovare dei rimedi. Il governo piemontese, infatti, non seppe trovare soluzioni neanche quando Garibaldi si ritirò a Caprera e il suo esercito, caricato alla baionetta, fu gettato nelle strade. Quell’esercito era quello che si era arruolato sotto la sua bandiera per fare l’UNITA’ D’ITALIA! A ciò fece seguito l’esodo della emigrazione e tanti di quei poveri cittadini furono costretti ad abbandonare le famiglie per cercare altrove un migliore avvenire lasciandosi alle spalle, insieme ai loro affetti, un retaggio certamente non bello della loro PATRIA, che forse non videro mai più!
Per finire e per tornare ai nostri giorni chi sa quando potremo festeggiare un’ITALIA PULITA cioè libera dall’immondizia, dal malcostume, dalla politica corrotta e alimentata non come all'epoca da Società Segrete Risorgimentali ma da organizzazioni malavitose, quali Camorra, 'ndrangheta, mafia e via dicendo!
NICOLINO CALZONE