L'Arco di Traiano davanti e dietro Cultura

Ero bloccato nel traffico automobilistico là dove Via San Pasquale, Via de Nicastro e Via del Pomerio irrompono sull’Arco di Traiano. Quello spazio ridottissimo, con l’incrocio di strade incongruenti tra loro, in epoca romana era parte di un’ampia scenografia d’accoglienza all’inizio della Via Traiana. Ce lo dicono sia i sottostanti resti archeologici di strutture eliminate per centralizzarvi il nuovo Arco sia la grande dimensione delle scene scolpite, decifrabili a distanza da chi arrivava dall’Oriente. Intorno all’Arco inoltre bisognava girare, come si fa a Roma con la Colonna Traiana (FIG.1), per leggere il racconto dei suoi pannelli, disposti, secondo alcuni studiosi, in una sequenza continua a spirale.

Molti artisti scelsero quel luogo di primo arrivo in città come punto di vista privilegiato per disegnare il monumento con Benevento sullo sfondo. Tra essi Giovan Battista Piranesi, che nel 1783 immaginò con quasi un secolo di anticipo l’Arco libero dalle mura e dagli edifici addossati (FIG. 2).

Mi trovavo insomma ‘davanti’ all’Arco di Traiano, ma mi sentivo ‘dietro’ al monumento o addirittura un po’ in periferia, oltre le mura, condizionato dalla generale illusione che il traffico automobilistico lì incanalato sia quello espulso dalla città per evitare che i gas di scarico possano cariare gli antichi marmi e i polmoni!

Nell’attesa, immaginavo di elevarmi per guardare l’Arco di Traiano da una prospettiva diversa, dopo averne già tante volte studiato le scene anche da molto vicino, arrivando fin sul suo attico insieme ad archeologi e fotografi lungo le impalcature dei vari restauri. Volevo cancellare dalla mente le odierne mappe satellitari che lo mostrano come un misero parallelepipedo bianco che tiene a bada ciò che la città sente estraneo. Sapevo comunque che, visto dall’alto, l’Arco non mi avrebbe mostrato uno spettacolo pari al fantastico Colosseo che il Piranesi disegnò come se si fosse appeso a un odierno drone (FIG. 3).

Guardandomi poi intorno, provavo a recuperare il protagonismo urbanistico che lo spazio originariamente ‘davanti’ dell’Arco di Traiano ebbe in epoca romana, nei pochi secoli in cui il quartiere orientale della città fu attrattore di transiti, strutture ricettive, stalle per cambio dei cavalli, taverne, botteghe artigiane, mercati. Quel quartiere, oggi frammentato e senza nome, lasciato fuori dal percorso medievale delle mura andò in rovina perché la Benevento longobarda e pontificia rinunciò a ricompattare gli àmbiti della Cupa Santa Lucia, i declivi verso i Ponticelli sul torrente San Nicola e soprattutto il vasto territorio del Tiengo che scende giù alle rive del Calore dal poggio dove resta soltanto la chiesetta medievale di Sant’Ilario. Zone che continuano a restituire reperti romani significativi, mai fatti conoscere ai beneventani.  L’Arco si ritrovò con il 'davanti' e il 'dietro' ribaltati, e ridotto a porta urbica, una funzione edulcorata dall’appellativo di Porta Aurea regalato da qualche colto visitatore sconfortato dal declassamento di quel gioiello a cui era arrivato per attrazione fatale.

Considerando poi che il lato rivolto alla città, oggi definitivamente considerato ‘davanti’, fa da sfondo esagerato a eventi quasi sempre minimali e si offre come una quinta sontuosa a tavolate di strada indifferenti ai suoi racconti, non deve stupirci se qualche intellettuale ‘forestiero’ e insensibile alle nostre sensazioni inconsce ci abbia ironicamente invitato alcuni anni fa a trasferirlo in uno spazio che consenta il dovuto rispetto al suo valore storico e artistico, a costo di azzerarne anche il ruolo ormai mitico di Caput Viae Traianae.

L’invito non mi indignò più di tanto, anzi mi stuzzicò un’idea assai meno provocatoria: ruotare verso il Corso Garibaldi la Vittoria alata sul Monumento ai Caduti in Piazza Castello per dare anche a lei il dovuto rispetto. Realizzata dallo scultore romano Publio Morbiducci, da quasi un secolo infatti quella scultura in bronzo non ha modo di sedurre i beneventani con le sue belle forme femminili, pudicamente esposte in esclusiva ai pochissimi fortunati dirimpettai (FIG. 4).

ELIO GALASSO 

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