Le molte divinità femminili di Beneventum Cultura

La straordinaria storia antica di Benevento ci ha fatto pervenire un gruppo di statue molto particolari, che documentano la florida vita religiosa della Beneventum di età imperiale, quando crocevia di popoli, nella città si erano attestati diversi culti, alcuni dei quali orientali, primo tra tutti quello di Iside dall’Egitto, con tutto il corteo di divinità a lei collegate, come Osiride, Serapide e Horus, sacerdoti, animali sacri (cobra, gatti, coccodrilli), suppellettili (parrucche, vestiti e gioielli che adornavano la dea, vasi, strumenti musicali), statue, marmi, graniti e acqua del Nilo, perché la dea non si staccava mai dal contesto a lei abituale e richiedeva che il suo culto si replicasse uguale ovunque ella andasse.

Iside non era l’unica divinità femminile ad attirare grandi folle di fedeli dal I sec. d. C. in poi. L’imperatore Domiziano era suo devoto, essendo sfuggito a un attentato travestito da sacerdote della dea, ma anche suo padre Vespasiano e suo fratello Tito erano attenti agli aspetti religiosi. Dalla Frigia era giunta a Benevento Rea Cibele, la Magna Mater, anche lei col suo corteo peculiare: i sacerdoti evirati, detti Galli; il suo paredro Attis; il suo carro trainato da leoni, i cembali e i grandi timpani dal suono grave; probabilmente essa era identificata con Minerva che a Benevento e solo qui prende l’appellativo di Paracentia; inoltre si adorava Giunone, dea dei parti e dei matrimoni, di cui resta una testa colossale.

Insieme con le statue egizie, trovate nel 1903 nelle fondamenta delle mura cittadine, furono rinvenute, infatti, anche altre statue greco-romane. L’idea di Meomartini, architetto e archeologo, che il destino volle premiare con una simile scoperta, era che i culti di molte divinità erano associati nello stesso luogo, ma l’egittologo Müller non condivideva questa ipotesi. Per lui, le statue erano state ammassate in un solo luogo per una circostanza fortuita, forse per un terremoto che aveva distrutto dei templi e le statue delle divinità erano state spostate in qualche tempio che aveva resistito.

A rilanciare l’idea di un culto femminile sincretistico, che associava più divinità nello stesso luogo, è Kristine Bülow Clausen, che ha esaminato i materiali egizi e greco-romani presenti a Benevento e confrontato le situazioni di altri templi noti. La studiosa danese ha dedicato due articoli al culto isiaco beneventano e al suo uso nella propaganda politica della dinastia imperiale dei Flavi (Domitian between Isis and Minerva: the dialogue between the “Egyptian” and “Graeco-Roman” aspects of the sanctuary of Isis at Beneventum, del 2012 e The Flavian Isea in Beneventum and Rome: The appropriation of Egyptian and Egyptianising Art in imperial Beneventum and Rome del 2015).

A Benevento, come a Roma e come a Pompei, i templi dedicati a Iside ospitavano anche altri culti femminili, unendo le varie divinità come emanazioni diversificate del sacro, in una visione sincretistica e globalizzante.

Stranamente, a fronte delle molte statue egizie o egittizzanti beneventane, è sopravvissuto invece solo un frammento di iscrizione che reca il nome della grande dea egizia. Dalle parole superstiti sulla pietra, si può capire che ignoti fedeli pagarono le tasse per la ricostruzione del tempio di Iside, ma su dove fosse situato il tempio possiamo solo fare delle ipotesi.

PAOLA CARUSO

Nella foto: iscrizione col nome di Iside pubblicata da F. Ribezzo nel 1924. Il frammento fu trovato anch’esso nel 1903 dall’ing. Greco, ma non si dice dove. Fu conservata in una sala del Comune.