Luigi Piccinato l'architetto che salvo' Benevento dallo sventramento Cultura
Piccinato, ovvero l’arte di arrangiarsi. E non è una mancanza di rispetto per il maestro, anzi tutt’altro, con l’approcciarsi a scrivere sulla presentazione di un libro che lo riguarda. Presentazione che è avvenuta, presso il Museo del Sannio di Benevento, alla presenza dei curatori del libro Gemma Belli e Andrea Maglio. A tessere il profilo del grande urbanista hanno pensato Anna Giannetti e Pasquale Belfiore, dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. È da salutare con sincera approvazione la volontà di mettere in mostra i disegni originali del Prg di Benevento di Luigi Piccinato, di proprietà del Museo del Sannio.
“Io sono l’urbanistica!”. Questa in qualche maniera la lapidaria affermazione di Luigi Piccinato a chi gli chiedeva quale fosse il suo ruolo all’interno della vasta opera dei movimenti di architettura e d’urbanistica per quasi tutto il novecento. E malgrado la presenza e l’azione di famosi architetti e urbanisti, quali Marcello Piacentini, Gustavo Giovannoni, Alberto Calza Bini, solo per citarne alcuni.
Luigi Piccinato, affiancando proprio Marcello Piacentini, aveva insegnato alla Regia scuola di architettura di Roma Edilizia cittadina e arte dei giardini, una materia ibrida, quasi che prendesse le distanze, in senso stretto, sia dall’edilizia sia dall’urbanistica. Ma solo in apparenza, giacché negli anni venti del secolo scorso non erano così determinate le differenze tra architetto e urbanista, così come le viviamo oggi. Anche se, in realtà, Piccinato ha sempre considerato l’urbanista come l’estensione, a scala superiore, del mestiere di architetto; insomma un architetto allargato, o un architetto integrale secondo Giovannoni. E anche l’arte dei giardini, così come intesa in quegli anni, altro non era, associata all’edilizia cittadina, che una pianificazione del territorio in nuce che comprendesse sia il costruito sia l’ambiente che lo contiene, e all’interno di questa idea progettuale la grande sfida, il vero dibattito urbanistico-architettonico, sulla città nuova e sul suo rapporto con la città storica.
E quale migliore occasione di portare su una scala più vasta queste idee, cioè i cardini della progettazione urbanistica di quegli anni? Gli scenari erano tanti, a cominciare da Napoli, e poi Padova, Brescia, Foggia, Assisi, Arezzo, Roma, Pisa, Cagliari, Perugia, Catania, Sabaudia, Aprilia, Palermo;
e poi ancora Benevento, La Spezia, Castellammare di Stabia, Treviso, Napoli, Ivrea, Sorrento, Monte Faito, Campobasso, Segni, Legnago, Civitavecchia, Palestrina, Pescara. E il Sudamerica, e la Turchia. Piccinato davvero la summa dell’urbanistica. Basta andare sul sito www.archivioluigipiccinato.it per capire l’incredibile mole di lavoro svolto. Ma veniamo a Benevento.
“Città giardino” Benito Mussolini, questo il titolo della prima bozza del 1925 del Piano regolatore della città. Come non accostare l’idea della sua esperienza di studio e di ricerca, vicina all’arte dei giardini? E come non pensare che il lavoro svolto in sessant’anni, e che aveva incontrato il fascismo, la guerra, il dopoguerra, si sarebbe ogni volta legato alla circostanza di turno? Ma sapersi adeguare non è un reato né una limitatezza, anzi. Attraversare regimi politici, cambiamenti di linguaggio, regole e normative dimostra grande capacità d’adattamento oltre, ovviamente, alla enorme attitudine di essere al passo dei tempi, e magari dettarne i ritmi.
Il lavoro vero e proprio a Benevento inizia nel 1932. E ogni volta Piccinato ha dimostrato di essere moderno nella disciplina pianificatoria. Perché Benevento, città di media grandezza, quindi non disposta per natura ad assurgere a Frankenstein della crescita smisurata e inumana, ben si prestava ad essere riprogettata. Ed è proprio in una città come Benevento che Piccinato ha dato il meglio di sé, mettendo in luce proprio quella continuità di pensiero che nemmeno i regimi e le guerre avevano scalfito. Quindi continuità di pensiero contro l’usuale discontinuità imperante, storicamente determinata nella incertezza politica. Piccinato fiutava i tempi e li cavalcava.
E veniamo alle invarianti del primo Piano regolatore di Benevento. Tre assi convergenti che mettevano in comunicazione Centro storico e Rione ferrovia, con la realizzazione di tre ponti sul fiume Calore; verde intorno alla Rocca dei rettori, sistemazione del Teatro romano, isolamento strategico dell’Arco di Traiano e della Chiesa di Sant’Ilario. E ancora strade disegnate come boulevard, ovviamente non realizzate, e piazze come Piazza della rivoluzione (oggi Piazza Risorgimento) e la struttura della Gil (gioventù italiana del littorio), pensate come aree di verde pubblico attrezzato e realizzate e utilizzate in larga parte come parcheggio.
Il primo Piano Piccinato cadde sotto i pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale. Seguì un piano di ricostruzione, apparentemente vicino a quello di Piccinato. Venne l’epoca dei comparti edificatori, ma questa è un’altra storia. Rimane oggi, per quel che ci riguarda da vicino, la grande lezione di Luigi Piccinato, quella di aver salvato Benevento dallo sventramento, conservandone i segni e la cultura. E di questo gliene siamo eternamente grati.
UBALDO ARGENIO