Sirene e streghe top...one Cultura

Contagiato dagli squilli ‘virali’ del cellulare, in questi giorni di meditazione obbligata rispondo perfino a qualche chiamata rischiosa. Un contatto whatsapp sconosciuto mi ha invece ricondotto a circostanze e luoghi abituali diventati ora irraggiungibili.

- Professore Galasso buon pomeriggio, sono Rosaria T…, a ventidue anni ho frequentato qui a Napoli le sue lezioni nella Scuola di Specializzazione in Paleografia Latina presso l’Archivio di Stato. Dopo tanti anni ho ritrovato ieri tra i miei libri il suo volume Streghe Diavoli e Morte con fotografie di opere d’arte inquietanti, qui in casa è diventato una priorità, il top one da leggere.

* Benvenuta e buon pomeriggio, dal nome non ricordo il suo aspetto, a lezione eravate in tanti, ma l’espressione inglese top one mi fa immaginare una processione di streghe topone uscita dal libro… Mi richiama al telefono?

Un minuto dopo sento la voce esitante della ex allieva dimenticata.

- Professore non volevo dire… topone… mi perdoni, comunque il libro fu una radiografia mentale, cancellò le mie idee più stantíe.

* Idee stantíe in una studentessa ventiduenne? Lei è napoletana?

- Si, napoletana verace. Leggendo le sue pagine sugli artisti che prendevano in giro maluocchi e diavularie, come diciamo noi, mi passò la paura del munaciello, da bambina l’ho visto nell’armadio! E da allora passo più tranquilla davanti a una statua di donna nuda che comunque cerco di evitare nel mio quartiere … sarà un’opera d’arte ma è indecente di nome e di fatto… quando una donna ci si ferma arrivano sfottò insopportabili.

* Della statua mi dirà dopo se vuole, in quale quartiere abita?

- Abito a Piazzetta Scacchi vicino al Rettifilo verso Santa Maria Egiziaca, la chiesa di cui lei ci parlò a proposito del culto di Iside maga e strega. Se ne discuteva anche nel corso di Antropologia Culturale all’Università, dove però tra magie e jettatori, uocchie sicche, sirene e il bene che tiene il male nascosto dentro, mi si confusero le idee. Vabbè, a Benevento non avete il mare e le sirene, ma io ho pensato a lei per capire… sapesse quante cose vorrei chiederle sulle sirene. Le faccio perdere solo cinque minuti…. a gennaio avevo portato i miei alunni di liceo al vostro Arco di Traiano sperando di incontrarla, ma lei stava a Napoli... ora che l’ho trovata posso chiedere?

* Chieda pure. Qualche sirena c’è anche a Benevento, scolpita nei pulvini del Chiostro di Santa Sofia. Sono sirene-uccello con tanto di artigli alle zampe, più inquietanti di quelle marine con la coda di pesce. La sirena è simbolo di desideri inconsci, inconfessabili, si presenta gradevole col busto di ragazza ma nasconde l’inganno, attrae per farci male e per indurci a farlo, per esempio a lei fa vedere il peccato nella nudità innocente. A Napoli ci sono parecchie sirene in cui specchiarsi.

- Sirene-uccello con artigli anche a Napoli? Io finora ho visto solo quelle come Partenope, la sirena-pesce che ha fondato la nostra città, la statua sulla Fontana di Piazza Sannazaro a Mergellina. Da oggi andrò in giro a cercare sirene con ali e artigli alle zampe, ma qua solo a camminare si rischia l’arresto, come faccio?

* Gentile Rosaria, non ci provi, la sua voglia di fare quello che è vietato nasce dalla ‘sirena’ in agguato dentro di lei, è superstizione se ci riflette, perché il suo imbarazzo davanti a figure nude le impedisce di cogliere la bellezza inventata dagli artisti nel modellare corpi senza alludere al peccato: gli artisti non sono demoni ma semplicemente espliciti. A quale opera d’arte ‘indecente di nome e di fatto’ si riferiva poco fa?

- Alla statua di donna nuda in Via Guacci vicino casa mia, il nome è indicibile, vabbè mo’ lo dico ma non si scandalizzi, la chiamano tutti Fontana delle zizze. Ecco l’ho detto.

* Proprio io dovrei scandalizzarmi di fronte a un’opera d’arte? Pensi alla qualità estetica dei nudi creati da Policleto, Michelangelo, Canova, Picasso, che arricchiscono luoghi sacri, piazze, musei. La fontana che a Napoli chiamate popolarmente delle zizze è un piccolo capolavoro di autore ignoto, la chiami Fontana di Spinacorona perché è addossata al muro dell’antica Chiesa di Santa Caterina di Spinacorona, con davanti la vasca per abbeverare animali e lavare i panni (FOTO). E la guardi bene, quella non è una donna ma una sirena-uccello con ali e artigli rivolti contro il Vesuvio, strizza con le mani i propri seni per spegnere con l’acqua che esce dai capezzoli le fiamme del vulcano minaccioso. Il suo gesto richiama l’analoga scena della fontana di fronte al duomo di Amalfi e soprattutto la cinquecentesca Vergine dipinta da Pedro Machuca esposta nel Museo del Prado a Madrid, dove il Bambino gioca a strizzare i seni della Madre per farne uscire il latte che a lui piace. Non è una idea originale e divertente?

- Proprio inaspettato quello che mi sta dicendo Prof, ma il fatto è che qua la Chiesa di Spinacorona rimane chiusa, quella fontana sembra non farne parte, e tutti la chiamano volgarmente delle zizze specialmente adesso che dal petto le esce l’acqua dopo il recente restauro. Lasciamo stare, può indicarmi un’opera d’arte con una sirena da far vedere ai miei alunni? Il turismo deve ricominciare dalla scuola con serietà. Una sirena artistica decente per favore, del tipo a coda di pesce, che per me è un portafortuna.

* Decente… portafortuna…, Rosaria, lei ha paura, vive nel “non è vero ma ci credo” di eduardiana memoria. Comunque, a proposito di sculture femminili nude senza allusioni al peccato, porti i ragazzi a vedere un’opera monumentale del grande artista quattrocentesco Giovanni Marigliano da Nola, il Sepolcro di Don Pedro de Toledo, il Viceré spagnolo di Napoli a cui è dedicata Via Toledo (ex Via Roma). Pochissimi vanno ad ammirarlo perché sta nel Palazzo San Giacomo sede del Comune di Napoli nella centralissima Piazza Municipio. Non vi scandalizzate quando agli angoli di quel monumento vedrete quattro ragazze scolpite con i seni scoperti: è una scena sacra, sembrano sirene impudiche ma sono le quattro Virtù Cardinali del Catechismo (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza). E se lei è cattolica come pare, men che mai vedrà scandalosa la bellissima Madonna delle Grazie che allatta il Bambino col seno scoperto, che da secoli a Benevento affascina fedeli e non, scolpita anch’essa da Giovanni da Nola. Se poi le capiterà di andare a Bellpuig in Spagna, vedrà che a Giovanni da Nola piacevano pure le sirene-uccello con tremendi artigli: ne inserì un paio in un’altra sua opera famosa, il Sepolcro di Ramon de Cardona. Ora non ho tempo per parlarne, devo chiudere qui la telefonata, ma se mi dice quale tesi le assegnai nel Corso biennale di Paleografia Latina certamente ricorderò il suo viso.

- Ok Prof, il titolo era ”Analisi paleografica e diplomatica del Diploma di Federico II di Svevia datato settembre 1206 conservato nell’Archivio della Real Casa dell’Annunziata a Napoli”. Quel diploma è il più antico documento per la storia dell’industria mineraria italiana. Il sovrano confermava ai monaci cistercensi di Firmoza l’uso di ben due miniere, una di ferro e una di sale, ubicate a Ungra. I due borghi di origine albanese si chiamano oggi Acquaformosa e Lungro in provincia di Cosenza, so che vi si parla ancora la lingua arbëreshë del Cinquecento ma non ci sono mai andata…

Chiudo la telefonata salutando la ex allieva un po’ troppo all’improvviso, invaso dai ricordi.

ELIO GALASSO