Al voto! Il senso di un diritto-dovere In primo piano

Andare a votare è un dovere civico, ma è anche un diritto. O viceversa, se più vi piace.

I sistemi liberal-democratici moderni affidano al popolo (meglio: agli individui) la funzione di elettori, cioè di scegliere (eleggere) i soggetti che vanno a rappresentare gli interessi generali e, a loro volta, definiscono la struttura dei diversi organi di governo.

Il giorno in cui finì il potere assoluto dei re (assoluto nel senso che potevano decidere qualsiasi cosa senza una possibile censura da parte di altri organi: ma assoluto anche nel senso che potevano sottrarsi alle stesse regole da essi promanate) il popolo è assurto ad un rango decisivo nella organizzazione dello stato e degli organi amministrativi. Il momento più solenne, ma anche quello della concreta manifestazione del potere popolare, è quello delle elezioni. In questo momento veramente ogni singolo ha lo stesso potere di tutti gli altri, nessuno ha un potere maggiore. Un voto, da chiunque espresso (nobile o derelitto, colto o ignorante, cittadino o campagnuolo), vale uno. Uguaglianza perfetta.

Ecco, allora, che la espressione del voto è la più garantita manifestazione della libertà personale. Il voto è segreto e non censurabile.

Il diritto è un dovere? Certo che è un dovere. Chi è parte di un organismo ha il dovere di esercitare tutti i diritti che gli competono per il miglior funzionamento dell’organismo. Per poter esercitare un tale dovere, si è materializzata nelle legislazioni una posizione garantita dalle leggi chiamata diritto. Io ho il diritto di andare a votare nel giorno stabilito e nessuno può interporre alcuna obiezione o alcun ostacolo all’esercizio di tale funzione. Esiste la facoltà di non esercitare questo diritto come corollario estremo del diritto inteso come libertà. Qualche lettore anziano ricorderà che chi non andava a votare, sempre in questa Repubblica Italiana, si vedeva annotare la circostanza nel certificato penale. Il non votare era segnato come una evasione dal diritto-dovere, verso il quale l’ordinamento aveva attrezzato ogni garanzia perché si potesse esercitare in libertà.

Esiste il dovere di andare a votare, allora, domenica e lunedì per la elezione del sindaco e del consiglio comunale di Benevento? Certo che esiste un dovere giuridicamente riscontrabile. Ma il dovere giuridico è solo la modalità attraverso la quale si manifesta la massima rappresentazione della “cittadinanza”. Si è diversamente cittadini se si esercita ogni potenzialità “politica”, o se si rinuncia al fastidio di presentarsi al seggio, scrivere un nome sulla scheda, e attenersi ai risultati dati dalla somma di tutti (gli altri) votanti.

Chi non va a votare non avrà alcun diritto di pigliarsela con chicchessia quando poi le cose andranno male al Comune e alla città. Chi andrà a votare e vedrà che altri hanno avuto più forza ed hanno conquistato per cinque anni il diritto di far funzionare la macchina municipale avrà sempre la coscienza a posto e si porrà in una diversa legittimazione nell’azione di censura e di critica verso chi non lo soddisfa.

La democrazia è, letteralmente, il popolo al potere. Per essere popolo, bisogna partecipare. Il voto è simbolicamente e concretamente lo strumento della partecipazione.

Ecco, gentili lettori, quel che possiamo dirvi. A leggere liste e candidati, ce la dovete mettere voi un po’ di buona volontà. Nel segreto del seggio potete credere che sia una “pazziella”, ma poi dopo non potete prendervela con nessuno.

MARIO PEDICINI