Apologia del cretino In primo piano
Il cretino è vanitoso. Si specchia nell’interlocutore e pensa che il cretino sia lui, non accorgendosi che vi rifrange la propria immagine.
Il cretino è democratico. Lo trovi nei partiti, nei movimenti che muovono l’aria fritta, nei girotondi che fanno cascare tutti giù per terra, nelle sardine messe nelle scatole di tonno … lasciate aperte da coloro che un giorno affacciandosi su di un balcone hanno gridato alla luna di avere abolito la povertà.
Il cretino è buonista. E’ per la pace, per l’onestà, per il lavoro, per la libertà (liberté, égalité, fraternité), condite con un pizzico di ambientalismo; ovviamente è contro la guerra, la fame nel mondo, il razzismo, il sessismo.
Gli basta pronunziare queste parole magiche per sentirsi importante e realizzato, pur continuando, nel suo piccolo, a consumare l’energia prodotta dal nucleare in Francia, il gas dalla Russia, a non disdegnare qualche aiuto lavorativo e sociale o piccolo privilegio politico a scapito di coloro che lui ritiene essere i cretini.
Il cretino è per la parità, anzi per la varietà, di genere. Uomo, donna, lgbt. Non fa differenza. C’è sempre.
Non conosce discriminazioni razziali, religiose, economiche e sociali, essendo ben distribuito fra le etnie, le religioni, le società e gli ambienti economici.
Insomma, il cretino è al tempo stesso universale ed una galassia del nebuloso universo umano di cui si conoscono i confini.
Il cretino è l’opposto del folle, che tutto è fuorché cretino.
Infatti, pur essendo storicamente legato all’inizio dei tempi, quindi alla storia dell’uomo, non ha trovato collocazione nell’“Elogio della follia”, operetta scritta più di settecento anni fa da Erasmo da Rotterdam, anche se sembra farne capolino in alcune righe.
Il cretino è legato alla precarietà terrena, ma aspira all’eternità.
Il cretino è un paradigma.
Io, che da quasi sette lustri svolgo la professione forense, mi sono imbattuto, e mi imbatto oggi più di ieri, in una moltitudine di cretini nella vasta gamma della loro declinazione. Pertanto, ho elaborato una tecnica personale di conoscenza ed interlocuzione denominata, appunto, “del cretino”.
Il cretino lo riconosci subito. Ha risposte senza domande, certezze senza dubbi, non pensa in proprio ma riporta pensieri presi in appalto, non articola un discorso, parla per stereotipi, non elabora un ragionamento, sputa concetti.
Al problema specifico non cerca quasi mai di trovare una soluzione ma ne contrappone un altro. Insomma, butta la palla in tribuna.
Pertanto, dopo aver parlato con lui del sesso degli angeli, della globalizzazione dell’economia mondiale e dello scioglimento della calotta polare, gli offro su un piatto di argento la soluzione al suo problema come se la avesse elaborata lui.
Complimentandomi per l’acume e la capacità con cui l’ha messa a fuoco e per la sensibilità dettata dalla sua raffinata visione delle questioni esistenziali.
Per farla breve: faccio sì che la mia soluzione diventi la sua.
Ed ottengo due risultati: il primo è quello di risolvere il problema; il secondo è quello di farlo contento, pensando di essere lui l’autore della soluzione.
Così, ognuno di noi se ne andrà felice pensando che il cretino sia l’altro.
E’ questo il bello del cretino: è double face.
UGO CAMPESE