Appunti per il Pnrr In primo piano

Complici le feste e le distrazioni annesse, per la individuazione di idee e progetti spendibili nell’ottica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (d’ora in poi - come suggeriscono quelli che sanno scrivere - semplicemente Pnrr) al Comune di Benevento è stata insediata una Cabina di Regia. Fino al momento in cui scriviamo non si hanno notizie di riunioni sul tema da parte di Consiglio Comunale e neanche di Giunta. Non sappiamo se sono gradite proposte e sicuramente non sono stati individuati “filoni” entro i quali far entrare idee e suggerimenti.

Avendo percorso un lungo cammino tra le carte e le macerie, ci sentiamo preparati ad inviare a chi dovrà prendere le decisioni una serie di appunti, proposte e considerazioni.

La prospettiva è quella di Benevento città storica, tra le più antiche tra quelle sopravvissute, che vuole custodire la sua straordinaria caratteristica e proiettarla nel futuro prossimo.

Direi che si deve partire proprio dalla “rivelazione” della Benevento antica, portando a termine tutti i lavori di scavo già avviati e prospettare il recupero di altri beni monumentali. Ad esempio l’Anfiteatro romano, in larga parte “coperto” da edificazioni anche piuttosto recenti (a Teramo hanno deciso di abbattere due edifici del 1900 per far risorgere il teatro romano: Corriere della Sera del 20 dicembre 2021 pag. 37). Ma anche l’area del Teatro e di San Cristiano fino al “recinto” delle mura cosiddette longobarde (volendo fare come Teramo ci sono due palazzi belli e pronti), i Vichi Bagni, Cellarulo, Santa Clementiina e mi fermo qui. L’Arco di Traiano con Sant’Ilario potrebbero accendere la fantasia di collegare il prato dell’arco con il verde di Sant’Ilario (sì, pedonalizzare e via lontani autobus e mezzi motorizzati).

Per il patrimonio archeologico svelato e ancora da scavare e per una efficace cura dei beni artistici ed ambientali Benevento deve essere sede di Sovrintendenze. Non sta né in cielo e né in terra che Benevento debba dipendere da Caserta. La stessa sede dell’ex carcere di San Felice potrebbe estendersi nella attigua palazzina dell’alloggio di famiglia dell’antico direttore.

Accenno solamente alla necessità di creare un “giacimento” di documenti e testimonianze della storia di Benevento: un Museo civico a partire dai Longobardi per finire con la seconda guerra mondiale. Si vagheggiava di fare qualcosa del genere nel fabbricato progettato di fronte alla Cattedrale e penosamente anestetizzato. Sottolineo il significato comunale di tale Museo essendo stata la città per sette secoli “chiusa” in sé stessa perché dominio pontificio. E la sua storia, nell’ambito del Regno prima e della Repubblica poi, è un notevole “segno” per comprendere e godere la città attuale da offrire al turista e allo studioso. Accanto ad un Museo Civico ci starebbe una Biblioteca corrispondente, nonché tutte le attrezzature (tradizionali e avveniristiche) di un qualunque centro di studi. Potrebbe essere il Palazzo Paolo V a prendersi in carico questa funzione, oltre quella (da ripristinare) di sede di rappresentanza del sindaco.

Questa stessa città, peraltro, è monca perché ancora ferita dagli eventi della seconda guerra mondiale. Benevento non ha saputo trovare una soluzione per rammendare gli enormi strappi operati dai bombardamenti di agosto-settembre 1943 e da interventi successivi per lo più demolitori. Alludo alla piazza Cardinal Pacca (per i beneventani sempre e solo piazza Santa Maria), a piazza Orsini, ai Vichi Bagni, allo spazio tra Calata Olivella e Discesa del Pisciariello. Il “cuore”, cioè, della città medievale e ottocentesca, del quale è difficile ritrovare un duplicato.

Manca a tutt’oggi uno straccio di documento che voglia immaginare ruolo e funzioni di una Benevento nei prossimi trent’anni. Senza questa capacità prospettica resta difficile trovare una funzione ai tanti edifici abbandonati, che per valore architettonico e quasi immediata disponibilità costituiscono un ragguardevole patrimonio da dare a garanzia di progetti innovativi. Mi ripeterò, ma penso all’ex Seminario Regionale (poi caserma Pepicelli) insieme (all’ormai anch’esso ex) Seminario Arcivescovile (inaugurato il 2 luglio 1990 da Giovanni Paolo II e oggi praticamente vuoto) come degnissime sedi dell’Università del Sannio, all’Istituto ex Orsoline, al Collegio Gesuitico ex Convitto Nazionale, al complesso di San Filippo, Si pensi allo straordinario valore dell’ex Manifattura Tabacchi di via 25 luglio, opera di Pier Luigi Nervi: una struttura che sopporterebbe moderni innesti e soprelevazioni una volta immaginata una destinazione funzionale al ruolo della città. Sicuramente meglio là gli uffici finanziari o la stessa Guardia di Finanza, a quattro passi dalla stazione centrale e immediatamente connessa alla viabilità esterna.

Un discorso coraggioso e approfondito va fatto per la ex Caserma Aeronautica di Viale degli Atlantici. Parte di questo grande complesso è occupata dal Giudice di Pace, notevoli cubature versano in stato di abbandono. A quattro passi dalla Rocca dei Rettori! Al tempo di Carmine Nardone presidente della Provincia ci fu uno scambio: al governo centrale il palazzo della Prefettura (di proprietà della Provincia) e alla Provincia la Caserma “A. Guidoni”, dove era immaginato un grande auditorium per le esigenze della musica ma anche di attività congressuali. Si tenga presente che, senza sfregiare il fronte sul Viale (con la Villa Comunale dirimpetto) tutto il resto del fabbricato può tranquillamente essere demolito e riprogettato, riedificando non solo la palazzina che dà sul Viale Mellusi, ma utilizzando i vuoti guadagnati dallo scavo della ex piazza d’armi con la bonifica di servizi sottostanti (compresi serbatoi di carburanti o quello che vi si trova).

Si comprende meglio la valorizzazione di quel grosso edificio ove si allarghi l’orizzonte in una visione complessiva della “riedizione” del ”quadrato” che va da piazza IV novembre a Viale Tonina Ferrelli e Viale Raffaele De Caro con Via Pertini e Viale dei Rettori: al centro di questo quadrato si trovano l’area di piazza Risorgimento, che è sempre in attesa di un significato, l’area sportiva dell’ex collegio La Salle e la proprietà della Provincia dove sono sistemati i non particolarmente significativi edifici degli Istituti Tecnici “Alberti” e “Galilei”. E’ questa un’area da affidare alla progettualità di urbanisti di grande livello. Qui si gioca una carta decisiva per uno scatto di orgoglio.

Una città di cultura non è soltanto un deposito di cose antiche. E’, deve essere, anche una città che produce formazione e esercitazioni di cultura. Sul finire del dominio pontificio (come Antonio D’Argenio ha dimostrato nel fresco volume edito da Realtà Sannita) Benevento decide di costruirsi un teatro. E’ il Teatro Comunale “Vittorio Emmanuele”, fatto rinascere sull’onda della valorizzazione portata da Città Spettacolo e poi fatto marcire. Sono in corso i lavori per riportarlo alla funzione. Ma per riportarlo “in vita” serve ben altro. E’ quel ben altro che serve anche al teatro San Nicola, al teatro di palazzo De Simone (ma perché non si dà tutto il palazzo De Simone, compreso il teatro, al Conservatorio?), all’Auditorium “Nicola Calandra” inaugurato dai Solisti Veneti di Claudio Scimone e abbandonato non si sa da chi. Per tacere del Massimo e del San Marco.

Ci sono, poi, opere per le quali si è deciso di considerare buttati i soldi spesi e/o di non condividerne le idee progettuali. Pesanti sono le responsabilità di chi non ha portato avanti il complesso Gabetti-Isola di fronte alla Cattedrale e, soprattutto, di chi si è assunta la responsabilità di non completare l’asse interquartiere Rione Libertà-Viale Mellusi con il ponte su fiume Sabato, via dei Mulini e ferrovia Avellino-Benevento, la galleria artificiale fino alla ex statale 88 dei Due Principati e il “buco” al di sotto del Viale degli Atlantici verso Via Francesco Flora. Le famose “tre gallerie” hanno richiesto importanti lavori di ingegneria, ma sono praticamente finite. Occorre completare lo svuotamento e attrezzare gli impianti per il funzionamento. Ma i benefici in termini di velocizzazione dei servizi (si pensi all’autobus urbano che in tre minuti ti porta dallo Stato Vigorito alla chiesa di San Giuseppe Moscati a Capodimonte) e di “liberazione” di itinerari una volta periferici e ormai urbani (Viale degli Atlantici, Via delle Puglie, Via Meomartini). Sembrerà strano ricordare che di queste opere (gallerie e assi interquartiere: quello di Cellarulo è stato cancellato inventandosi un parco fluviale naufragato nell’indifferenza e nella incapacità di gestirlo), di queste opere - dicevo - il sindaco Clemente Mastella avrebbe tutto il diritto di prendersi qualche merito. E’ una delle poche cose alle quali ha messo mano, perché fu lui - giovane deputato - ad intercettare un finanziamento di oltre quaranta miliardi delle vecchie lire e trovò il Comune svelto a presentare i progetti con tabelle e grafici. Sono passati circa 45 anni: sarebbe un modo elegante di “completare l’opera”, prendendosi tutti i meriti e dando ad altri la colpa del ritardo.

Altri milioni di euro ballano per la costruzione del Depuratore. I beneventani pagano sulla raccolta dei rifiuti la quota della multa europea inflitta all’Italia, nonché il sovrapprezzo per la gestione dello smaltimento che non si fa (ed è arrivato al pettine un debito verso gli utenti, sotto forma di restituzione di quanto illecitamente incassato). C’è un commissario che deve sbrogliare la matassa. Benevento ha accumulato ritardi, ma non ha studiato una soluzione innovativa. Il Pnrr ci offre la possibilità di azzerare tutto e di entrare nel futuro. Esiste la possibilità di raccogliere tutta la massa di rifiuti fognari, più rifiuti animali e vegetali, acque nere, oli esausti, liquami derivati dai processi agro-zootecnici e trattarli per produrre gas e acqua per usi irrigui, anche con impianti di piccole dimensioni non impattanti. Senz’altro scarto da stoccare o imballare. Il “sistema” è stato mostrato “in funzione”, qualche anno fa, ai beneventani (compresa l’Università), che non hanno avuto il gusto di primeggiare. Il nome del brevetto ottenuto da un professore americano nativo di Capracotta (Ruggiero Maria Santilli) è Magnegas. Rispetto al metano, Magnegas non esplode. La recente disgrazia di Ravanusa è stata cagionata proprio dalla esplosività tipica del metano, che è più pesante dell’aria e si mantiene al suolo e ha anche un’altra insidiosa caratteristica: è inodore, per cui la gente muore senza avvertirne la sua presenza. Magnegas ha invece un “odore intrinseco pungente”, per cui viene immediatamente avvertito. E’ possibile, insomma, risolvere il problema dei rifiuti realizzando un impianto assolutamente ecologico ed economicamente vantaggioso, perché produce sostanze (gas superiore al metano, acqua per usi irrigui e calore) che hanno un sicuro mercato. Non è un impianto “a perdere” come un tradizionale depuratore.

Concludiamo con una cosa più semplice. Perché non “integrare” il pattinodromo, il campo di calcio “Gallucci” e il complesso nascendo della Rotonda delle Scienze? Sarebbe una appendice tendente al verde di piazza Risorgimento.

MARIO PEDICINI