Benevento sta scomparendo! In primo piano

Autorevoli fonti e approfondite ricerche economiche e sociali concordano sulle difficoltà ataviche di questa città che, tra la mancanza di lavoro e di prospettive, si sta spopolando con una velocità allarmante. Mentre la politica è distratta da tutt’altre questioni, i dati statistici confermano la triste tendenza di un sud Italia sempre più povero e vuoto: ci si preoccupa dell’immigrazione straniera, si ignora l’emigrazione nostrana fatta di migliaia di giovani che ogni anno decidono di abbandonare i comuni natii per trasferirsi “forzatamente” al Nord o in un’altra nazione.

Disorganizzazione, mancanza di servizi e cattiva gestione del “res-publica” benché siano un malcostume stereotipato dell’Italia che è sempre stata, fanno sentire la loro forza più che mai nelle regioni del Meridione.

Una perenne gestione clientelare della politica, ovviamente con le dovute eccezioni, ha creato un divario quasi incolmabile con il resto del Paese generando di fatto una frattura insanabile, una frontiera invalicabile che divide quelle che sono diventate di fatto le regioni più povere, dal resto dell’Europa e del mondo intero.

Investimenti inesistenti e inefficienza nella pubblica amministrazione hanno creato un’Italia disunita con enormi differenze di opportunità e possibilità tra gli abitanti delle due sponde del Tevere. Mentre le regioni maggiormente sviluppate, nonostante gli scandali e le inchieste che hanno colpito trasversalmente giunte di ogni colore politico, riescono a competere con la velocità della globalizzazione, i figli di un Dio minore sono in perenne affanno per quei servizi minimi indispensabili in un Paese che voglia definirsi moderno e civile.

Osservando una qualsiasi cartina che riporta la rete autostradale o, peggio ancora, ferroviaria dello Stivale, salta immediatamente all’occhio la stortura e la disomogeneità delle infrastrutture di collegamento: solida e capillare al Nord, esile e fragile al Sud.

Se oggi con l’alta velocità merci e persone si spostano con ragionevole rapidità favorendo gli scambi commerciali e lavorativi, una rete vetusta e antiquata fa si che per percorrere i pochi chilometri che separano Benevento con il capoluogo di regione ci si impieghi almeno due ore a causa della velocità imbarazzante della locomotiva.

In una Benevento agonizzante si ingolfa l’apparato decisionale con discorsi inutili atti solo a distrarre dalle vere problematiche che nessuno vuole risolvere: si discute di accordi e “accasamenti” politici e si dimenticano le reali necessità di una città ultima nelle classifiche nazionali per vivibilità e sviluppo.

Poco o nulla si sta facendo per risollevare le sorti del commercio o del turismo nel Sannio: proclami, iniziative strillate ma mai attuate e, non ultimo, operazioni edilizie “spericolate” rischiano di far oltrepassare un limite oltre il quale sarà quasi impossibile tornare.

Se in tutta Europa si attuano politiche inclusive per la mobilità ecologica e sostenibile, a Benevento si ingigantiscono le problematiche spostando Terminal Pullman e le infrastrutture per il trasporto pubblico nei luoghi meno indicati per chi non volesse o non potesse utilizzare l’autostazione privata. Se le grandi città cercano di arginare la chiusura delle piccole e medie attività, vera trama del tessuto economico di un comune, da noi sembra favorirsi sempre e comunque la grande distribuzione con la sua alienazione identitaria e le sue regole votate al massimo profitto.

Promesse, impegni elettorali di destra e di sinistra, prontamente disattesi ma rispolverati puntualmente prima di ogni tornata alle urne, hanno reso i nostri territori fragili e utili solo per farsi eleggere in quella giunta, in quel consiglio o peggio ancora in Parlamento.

Popoli dai mille dialetti un tempo forza lavoro trainante della Nazione, si ritrovano proprio come i loro nonni costretti ad emigrare in cerca di maggior fortuna: la valigia di cartone sostituita magari da un colorato trolley ma invariato rimane lo sconforto e il senso di abbandono delle istituzioni sorde ad ogni richiamo di attenzione!

Addossare demeriti e responsabilità è cosa ardua e forse inutile poiché alla radice di tutto, a voler trovare il colpevole non c’è che da guardarsi allo specchio; così come il fallimento di una città non può essere così rapido da potersi addebitare ad una singola amministrazione comunale.

Però, benché l’origine di tutto questo inviluppo sia assai remoto, non c’è dubbio che le ultime giunte poco niente abbiano fatto per risollevare le inefficienze di questo territorio.

Assessori troppo disimpegnati e consiglieri troppo silenti, hanno da parecchi anni abbandonato il timone di questa città ormai alla deriva: una città storica ridotta a villaggio, monumenti inestimabili ridotti a telone per proiezioni futili e festival e manifestazioni di un certo spessore culturale ridotte a sagre e spettacoli di quartiere.

ANTONINO IORIO