Don Ugo, un parroco molto amato In primo piano

Siamo qui riuniti oggi come una grande famiglia per un momento di preghiera in onore di don Ugo Della Camera. Lui portava nel cuore Pago Veiano e negli anni trascorsi felicemente in questo paese ha trasmesso a tutti i suoi valori: la solidarietà, l’altruismo, la sincerità, l’amore per il prossimo, l’amicizia, la dignità e la grande importanza oltre che potenza della preghiera a cui teneva molto”.

Con queste parole don Francesco Iampietro, vicario generale della Diocesi di Benevento, si è rivolto ai pagoveianesi accorsi numerosi nella chiesa di San Donato - ma moltissimi altri erano al di fuori nel rispetto delle norme igienico-sanitarie - per essere ancora una volta accanto a don Ugo Della Camera, un parroco che ha amato molto Pago Veiano, ma soprattutto che si è fatto amare per la sua bontà d’animo, il suo essere intraprendente e coinvolgente con tutti, il suo sorriso sincero, la gioia e la speranza che sapeva trasmettere.

Affiancato dall’attuale parroco di Pago Veiano, don Gaetano Collarile, e da don Antonio De Ieso, giovane parroco pagoveianese, vicario parrocchiale di San Giovanni Battista in Montesarchio, don Francesco ha ricordato di aver conosciuto don Ugo quando era solo un ragazzino: “Anni dopo - ha detto - lui faceva il parroco a Pago Veiano ed io nel vicino paese di Molinara”.

Nativo di Fragneto Monforte, don Ugo era stato ordinato sacerdote nel settembre 1972, quindi aveva svolto la sua azione pastorale a Pago Veiano dal 1975 al 1988 ed infine a San Martino Valle Caudina fino al momento del suo trapasso, avvenuto il 29 ottobre 2010. Frattanto era stato nominato anche monsignore nel settembre 1998.

I lettori si chiederanno: perché don Ugo è tornato a Pago Veiano?

Ebbene, nel suo testamento redatto il 15 ottobre 2009, don Ugo così scrisse: “Desidero essere seppellito a S. Martino Valle Caudina, perché quelli che mi hanno conosciuto preghino per me, in una fossa ordinaria e con una tomba semplice. Alla riesumazione, se non è di troppo incomodo, i miei resti vengano tumulati al mio paese nativo, Fragneto Monforte, nell’ossario della Confraternita della Santa Croce o in quello comune”.

Pertanto, questa mattina, i resti mortali di don Ugo - prima di raggiungere Fragneto Monforte - sono stati portati con la macchina dei vigili urbani di San Martino V.C. a Pago Veiano.

Commozione palpabile ed un lunghissimo applauso, dopo la preghiera, hanno fatto da cornice ai tanti che per omaggiare ulteriormente don Ugo hanno intonato “Simo de Pao”, canto da lui scritto per i ragazzi del Gruppo Folk, sempre da lui fortemente voluto e realizzato negli anni Ottanta.

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Una delle regole “auree” del giornalismo è quella di evitare di scrivere in prima persona, perché il giornalista deve essere il più obiettivo e imparziale possibile nel riportare i fatti, ma i lettori mi perdoneranno se stavolta mi appresto a farlo, in quanto la mia vuole essere una testimonianza - sincera e spassionata - di chi don Ugo l’ha conosciuto veramente.

Da bambina abitavo con la mia famiglia nella piazza principale del paese, proprio di fronte la chiesa dedicata a San Donato V.M., praticamente mi bastava attraversare la strada per essere in chiesa e devo dire che frequentavo molto l’azione cattolica.

Don Ugo aveva istituito quella dei bambini, quella dei giovani e quella degli adulti, difatti i miei genitori frequentavano quest’ultima, e tutte e tre erano davvero partecipate.

Ricordo le ore passate a provare i canti, le maestre di catechismo che ci leggevano e spiegavano le parabole, le tombolate nel periodo natalizio in sacrestia ed i giochi di gruppo durante tutto l’anno.

La tradizione del Presepe Vivente a Natale e della Passione di Cristo il Venerdì Santo.

Per non parlare dei pellegrinaggi e delle gite che don Ugo organizzava per tutti noi pagoveianesi: a Roma, dal santo padre Giovanni Paolo II, che ci ricevette nel vasto Auditorium dedicato alla udienze papali, praticamente l’Aula dove campeggia la scultura bronzea della Resurrezione realizzata da Pericle Fazzini, e poi ad Assisi sulle orme di San Francesco e Santa Chiara, a San Giovanni Rotondo (Padre Pio), a Cascia (Santa Rita) e tante, tante altre...

Si respirava molto il senso di comunità, la chiesa era sempre aperta e quando don Ugo non si trovava a scuola o in giro per visitare persone anziane ed ammalati, oppure per seguire personalmente i tanti progetti a cui dava forma e sostanza, tu sapevi che lo trovavi lì, sempre con il sorriso, per ascoltarti e consigliarti, era praticamente una roccia su cui tutti potevano fare affidamento e mai - sottolineo - mai una parola fuori posto o peggio un gesto fuori posto, soprattutto con noi bambini di allora.

Egli amava ripetere: “Le porte della casa del Signore, quella celeste e quella terrena, sono aperte sempre e a tutti. Non bisogna neanche bussare”.

Don Ugo non possedeva il macchinone e non andava in vacanza ai Caraibi, per carità non c’è nulla di male, solo che per lui queste non erano né priorità, né velleità da soddisfare, semplicemente era interessato ad altro.

Il suo obiettivo era - come si direbbe oggi negli ambienti ecclesiastici del terzo millennio - “costruire ponti”, sì legami con la comunità e tra le persone: fedeli e non fedeli, belli e brutti, buoni e cattivi, ovvero, tutto quello che dovrebbe fare un “pastore di anime”.

Con don Ugo era tutto easy and friendly.

Immancabile il film con Bud Spencer e Terence Hill che faceva proiettare una volta all’anno sia alle elementari che alle medie.

A noi alunni raccomandava: “Se avete bisogno di fare delle ricerche sui libri o sulle enciclopedie potete venire da me, c’è tutto quello che vi serve”, difatti comprava sempre molti volumi anche dagli Hare Krishna, cioè quei giovani con la testa rasata e le vesti di colore arancione che credono in una divinità induista chiamata appunto Krishna.

Questo per dire come don Ugo fosse avanti e perennemente aperto al dialogo ed al confronto, infatti, quando questi giovani venivano a Pago Veiano lui li ascoltava, ci parlava, voleva capire il perché della loro scelta e poi acquistava anche i vari libri che vendevano, i cui argomenti non vertevano necessariamente sul loro credo o sulla religione in generale, ma trattavano anche questioni di svariato tipo.

Grazie al suo fulgido esempio, molti i giovinetti che si iscrissero alle scuole medie del Seminario di Benevento e non perché facesse cool studiare in città, alcuni di quei virgulti poi sono divenuti a loro volta parroci.

Instancabile nella sua opera di pastore di anime, don Ugo è stato anche l’artefice del pluripremiato Gruppo Folk di Pago Veiano, per il quale scrisse numerose canzoni, della rassegna “Amici della Musica” e del bellissimo “Meeting dei Giovani”.

Tanti gli sforzi fatti per ricostruire la cappella di Sant’Antonio ed in modo particolare la chiesa di Santa Tammella, per non parlare della sala “Paolo Cecere”.

Siamo in prossimità della commemorazione dei defunti, ebbene, fino a quando è stato in salute don Ugo ha continuato a recarsi tutti gli anni al cimitero di Pago Veiano per rendere omaggio a quanti aveva conosciuto in vita. Chi di noi non lo ricorda? Era aduso venire il 2 novembre verso sera.

Grazie don Ugo, per tutto quello che hai fatto per noi, sicuramente il tuo lavoro continua ancora…

Mi hanno sepolto, ma quello che non sapevano è che io sono un seme” (Wangari Muta Maathai).

ANNAMARIA GANGALE

annamariagangale@hotmail.it 

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