Dove è andata a finire la nostra acqua? In primo piano
Dopo l'emergenza rifiuti in Campania, la guerra dell'acqua a
Benevento. Non si tratterebbe di un'emergenza idrica, ma di un vero
furto dell'acqua. E' il grido che parte dal Coordinamento delle
Contrade e dal suo presidente Serena Romano che per denunciare questa
grave situazione ha fondato un blog.
Quel maledetto giorno in cui mancò l'acqua
all'improvviso
Il 22 Novembre, la città viene colpita da una grave crisi
idro-potabile che lascia a secco i rubinetti di 35000 abitanti per
più di 10 giorni, di una vasta area a cavallo di numerosi
quartieri e contrade, più i cittadini di 19 Comuni della
provincia sannita e casertana. Il tutto accade senza nessun
preavviso. Mentre la popolazione è impegnata a fare le scorte
d'acqua, dietro di loro si apre la spinosa questione di una crisi
politica annunciata che riconduce ad un malcostume governativo e
antidemocratico.
Il primo campanello d'allarme parte dalla Ge.Se.Sa., che di notte
blocca l'erogazione dell'acqua nelle case, per consentire al
serbatoio della parte alta della città di riempirsi e far
fronte alle richieste del mattino, ma il 23 Novembre l'acqua non
arriva. Il serbatoio non si è riempito. Viene inoltre
segnalato, un aumento della concentrazione di cloro. La Ge.Se.Sa.
scrive ai responsabili tecnici dell'acquedotto campano Generoso
Schiavone e Giuseppe Molinaro, denunciando una riduzione della
portata idrica che dal Biferno porta l'acqua a Benevento e nella
Valle Telesina. I due tecnici parlano di calo naturale dovuto
ad un impoverimento delle sorgenti del Matese risalente alla grave
siccità del 2006. Ma le argomentazioni di Molinaro riguardo ad
un misterioso deficit appaiono ambigue, poiché questo
genere di crisi, caratterizzato da un calo graduale delle sorgenti,
in quanto evento naturale, è prevedibile e, come tale, non
avrebbe potuto provocare una mancanza improvvisa prosciugando i
serbatoi per 12 ore anzi, sarebbe stata gestibile con l'uso di
tecnologie adeguate. L'ipotesi che si fa strada è quella che
l'acqua destinata a Benevento sia stata dirottata altrove e che
qualcuno avrebbe girato la chiavetta. Il dito viene puntato contro
chi gestisce l'acqua in Campania: l'assessore all'Ambiente e
alle Risorse Idriche Luigi Nocera e l'Alto Calore Irpino, (in cui
ricade Benevento) presieduto fino a qualche mese fa, da l'on.
Pasquale Giuditta.
La Regione Campania e la classe politica, risultano i responsabili di
tanto disagio.
Per questo la Procura di Benevento ha aperto un'inchiesta e il
Coordinamento delle Contrade ha avviato un'indagine privata. La
bufera dell'Udeur è solo un aspetto di una politica
clientelare che non tutela il cittadino -tuona la Romano- un
sistema inefficiente che occulta ogni trasparenza effettuando scelte
che distruggono il territorio, il futuro della gente, la loro salute,
compresa l'opportunità di godere un bene prezioso come
l'acqua.
L'acqua di Solopaca? No, non la vogliamo
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso, è il caso
di dirlo, è stato quando l'assessore alle acque e agli
acquedotti Luigi Nocera, ha offerto come soluzione, quella di
prelevare l'acqua dai pozzi di Solopaca. Un'acqua dura, di
pessima qualità e dai costi elevati. Non solo. Quest'acqua è
gestita dal consorzio Alto Calore che emette bollette ben più
salate rispetto a quelle della Ge.Se.Sa., perché proviene da
un acquedotto costato 30 milioni di euro, una cifra folle rispetto ai
risultati. I politici dell'acqua hanno parlato di questo acquedotto
come l'asso nella manica per rendere Benevento indipendente
dal Torano Biferno. Ma barattare un'acqua di gran lunga peggiore
rispetto a quella molisana, peraltro di ottima qualità e dai
costi minimi, significa accettare soluzioni peggiorative che
rispondono a logiche politiche e fini economici, con il rischio che
queste soluzioni diventino definitive. Che se ci sia un tacito
accordo di programma fra la Regione Molise e la Regione Campania?
Pasquale Matteo capo del Molise Acqua, ha risposto indignato che le
responsabilità sono da cercare altrove; la Regione Molise
infatti, ha sempre registrato la stessa quantità d'acqua
-200 litri al secondo- mentre a Benvento ne sono arrivati solo 50.
Nessuno può spostare l'acqua senza un provvedimento formale;
l'acquedotto campano regola i flussi, è la Regione che
manovra le portate dirottandole, ma dalla Regione le bocche restano
cucite. Anche il sindaco Fausto Pepe, ha parlato di una crisi
anomala e senza precedenti.
Una sola richiesta: restituiteci l'acqua del
Biferno
Il Comitato delle Contrade sempre più deciso a difendere il
territorio e i diritti dei cittadini, chiede dei provvedimenti tra
cui, l'istallazione di misuratori e registratori sull'acquedotto
regionale, l'istituzione di una commissione d'inchiesta, la
partecipazione attiva dei cittadini ai poteri decisionali, nonchè
la spiegazione dei fatti, finora mai forniti, dai responsabili
tecnici. E' giunto il momento -sostiene Serena Romano- di
individuare le cause di questo dirottamento e di prendere iniziative
insieme agli Enti e i soggetti interessati, per consentire alla
Provincia di compiere scelte amministrative utili ad un'autonomia
gestionale. Già nel 2006 la Regione Campania ed il comune
di Benevento avevano concordato un investimento di circa 10 milioni
di euro per il sistema idrico e depurativo della città.
L'alternativa dell'acqua di Solopaca rimane l'ennesima pillola
che il cittadino deve ingoiare, forse per appaltare nuove opere
idrauliche in regime di emergenza e in modo meno trasparente,
rispetto alle normali gare d'appalto? Questo è uno degli
interrogativi sollevati dai parlamentari, dalla stampa locale, dai
politici, quesiti che sono rimbalzati contro un muro di gomma. Il
tutto per far apparire questa emergenza una sorta di golpe idrico;
sfruttandone l'onda emotiva, che è servita ad avviare
procedure per una serie di opere tra cui il potenziamento del campo
pozzi di Solopaca, con il risultato che Benevento rischia la perdita
di un bene prezioso come l'acqua del Biferno. Questo stato di
emergenza fasulla ha gettato nel panico la cittadinanza beneventana,
e i suoi effetti continuano attraverso una serie di appalti e
redistribuzioni sul territorio dei beni idrici.
In un'epoca dove tutto si può preventivare, vedere una città
che resta a secco è inammissibile. Ora che per colpa dei
cambiamenti climatici l'acqua sta diventando un bene prezioso come
il petrolio, uno strumento di clientela, un'arma di ricatto
politico e sociale, quale serbatoio di voti può rappresentare
in Campania se viene gestita in assoluta mancanza di trasparenza?
Come mai prima di fare la diagnosi, i responsabili già
suggerivano la cura per la quale, erano necessari cospicui
finanziamenti pubblici?
Arriveremo davanti la Regione in vesti ufficiali -conclude la
Romano.- chiederemo che ci venga restituita l'acqua del Biferno e
al partito del centro sinistra, centro destra e ai sindacati, se
conoscevano in anticipo le decisioni della Regione Campania. Il
clientelismo becero si può arginare soltanto se i comitati e
le associazioni si muovono individuando i meccanismi e le strategie
per contrastarlo. Noi vogliamo riappropriarci della democrazia, senza
dare più deleghe in bianco ai politici. Vogliamo partecipare
ai poteri decisionali che riguardano il nostro territorio, alle
scelte che vanno dalla piattaforma logistica, ai depuratori, alla
gestione dei rifiuti, valutando e visionando ogni soluzione.
Perché i soldi pubblici sono innanzitutto i soldi dei
cittadini e la gestione clientelare che viene fatta penalizza proprio
loro.
Nella speranza che la guerra idrica che sta tenendo la citta di
Benevento con il fiato sospeso, possa risolversi al più
presto, l'augurio è che il nostro territorio continui a
godere di un bene così prezioso come l'acqua del Biferno.
Simona Palumbo