I Sanniti non hanno mai amato le Regioni In primo piano

A cinquant’anni dalla loro istituzione (1970) ormai non c’è nessuno che non riconosca che le regioni in Italia sono state un vero e proprio fallimento.

Nelle intenzioni di chi aveva sposato la causa regionalistica, le regioni dovevano decentrare lo Stato, risparmiare sulla spesa pubblica, ridurre la burocrazia, impiegati e apparati.

Abbiamo visto invece più politici, più impiegati, più burocrazia, più tasse, più spese, più debiti.

Ed ancora: non hanno né favorito lo sviluppo economico, né contribuito al risanamento finanziario mentre hanno incrementato la corruzione politica diventando dei veri e propri carrozzoni.

Quanto al Mezzogiorno è molto esplicativo quanto scriveva su “Edicola” del 9 agosto 2018 Isaia Sales: “Non c’è nessuna regione meridionale che grazie ai poteri assegnati dal 1970 in poi abbia cambiato radicalmente le condizioni del proprio territorio, incidendo sulle cause del divario sia sul piano economico, che su quello civile e dei servizi. C’è una assoluta simmetria nelle graduatorie: le otto regioni meridionali hanno aumentato in questi 50 anni la distanza con l’economia di quelle settentrionali e al tempo stesso sono agli ultimi posti per quanto riguarda il differenziale nei servizi sanitari e nelle infrastrutture sociali, come i trasporti, la dotazione di asili nido, l’assistenza agli anziani e agli handicappati, i servizi scolastici e quanto altro contribuisca al concetto di civiltà minima”.

Di fronte a tutto questo viene facile pensare ad una vera e propria soppressione dell’Ente Regione ma sarebbe del tutto velleitario ed allora andiamo pure a votare il 20 e il 21 settembre e scegliamo i migliori. Poi si vedrà.

Ci piace però ricordare che la saggezza dei Sanniti previde in qualche modo tutto questo così come si può leggere nel discorso pronunciato in sede di assemblea costituente dal deputato on. Antonio Cifaldi, beneventano doc, e sulla stampa locale nel 1967 a proposito delle manifestazioni organizzate dagli studenti che scesero in piazza numerosi tra gli applausi dei cittadini.

L’on. Cifaldi, di fede liberale, nella seduta del 29 maggio 1947 pronunciò un forte discorso, come sempre molto ben documentato e fortemente motivato, con il quale esprimeva tutte le sue preoccupazioni per le conseguenze negative, almeno per noi Sanniti, dell’istituzione delle regioni.

Quelle preoccupazioni si sono rivelate estremamente fondate. Ecco come si esprimeva - tra l’altro - a proposito del cosiddetto napolicentrismo: “Come si farà, per esempio, consentitemi che rimanga ancora nel campo della regione campana, a poter pensare che questa specie di Parlamento regionale possa legiferare con assoluta tranquillità ed indipendenza sui bisogni di una parte prettamente agricola come può essere Avellino, Caserta e Benevento, quando essa regione ha delle esigenze formidabili per la sua vita, in campo diametralmente e perfettamente opposto? Per le grandi industrie, per il porto di Napoli?

Come sarà possibile convogliare i proventi delle entrate (che non sappiamo ancora quali siano) su un piano di perequazione, su un piano di giustizia distributiva? Come sarà possibile poter riconoscere l’utilità di un’opera che una di queste province richiederà a questo ente, quando vi è questo insanabile contrasto campanilistico alle radici?”.

Venendo ai tempi più recenti, ovvero alla vigilia dell’approvazione della legge istitutiva che portò alle prime elezioni regionali nel 1970, la città fu protagonista di una serie di manifestazioni studentesche che coinvolsero migliaia di studenti delle scuole di Benevento guidati dai leader della destra giovanile di Benevento. Il quotidiano “Roma” (31 ottobre 1967) parlava di “settemila studenti” mentre “Il Tempo” (29 ottobre 1967) così titolava: “Diecimila studenti a Benevento manifestano contro le regioni”.

GIOVANNI FUCCIO