Il Viale degli Atlantici ''spazio basilicale'' testimone della storia e della cultura italiana In primo piano

Il Viale degli Atlantici di Benevento corrisponde concretamente alla tipologia di spazio pubblico definita come viale da passeggio nel campo della morfologia urbana. La comparsa sulla scena delle principali città europee di questo nuovo ambito risale al XIX secolo e può essere considerata l’evoluzione degli assi viari innovativi che a partire dal settecento si andavano costruendo in occasione delle trasformazioni urbane in itinere.

Gli alberi disposti in filari, sino ad allora confinati a margine dei centri urbani, assunsero un nuovo ruolo e divennero le entità qualificanti dei grandi viali dapprima realizzati in sostituzione delle mura cittadine (boulevard) per poi divenire elementi strutturanti della riqualificazione della città storica e della espansione urbana. Con il tempo furono arricchiti da caffè e chioschi, attrezzati per il passeggio e per la sosta e così si trasformarono in luoghi per la ricreazione e la socialità. Ben presto divennero segni distintivi della magnificenza cittadina e assunsero un carattere identitario grazie anche alla scelta delle essenze arboree, al sesto d’impianto e al loro criterio di potatura.

Il tipo trovò la sua massima diffusione nella seconda metà dell’Ottocento quando anche l’urbanistica corrente, ad imitazione dei modelli già in uso nelle capitali europee, si interessò ai nuovi bisogni sociali. Pertanto se ne generalizzò l’impiego fornendo, soprattutto alle classi agiate, un luogo innovativo per l’incontro e l’esibizione del proprio ceto sociale, a piedi o in carrozza.

Il Viale degli Atlantici può esser considerato a pieno titolo come espressione di tale tipologia di spazio urbano. Tuttavia la sua realizzazione a partire dall’inizio del XX sec., lungo l’asse di espansione a Sud della città storica, non brillò per tempismo perché, contestualmente la costruzione dei grandi viali alberati nelle maggiori città italiane veniva progressivamente abbandonata con la diffusione dell’automobile.

Gli elementi che lo caratterizzano sono l’andamento lineare rettilineo e le alberate che ne segnano il tracciato benché sia palese una soluzione di continuità all’altezza del Convento di San Felice che suddivide la sua lettura in due parti consecutive: l’ex Viale Castello con l’alberata in lecci e il successivo tratto fino alla chiesa dell’Angelo che, con la nuova complessiva denominazione di Viale degli Atlantici del 1933, è arrivato fino a noi.

Nonostante l’innata obsolescenza, però, il Viale conserva ancora un’aliquota consistente dei caratteri e delle caratteristiche salienti originarie. Con la sua realizzazione, il progettista ha inteso definire un “luogo” poiché oltre al soddisfacimento di requisiti funzionali, formali, costruttivi e normativi, è riuscito a infondervi una “identità” forte e precisa, rendendo espliciti i significati dettati dalle istanze sociali, politiche e commemorative del periodo.

Ed è giunto a tale risultato di proposito, interpretando sia il contesto fisico che quello socioculturale mediante una risposta unitaria alle istanze predefinite di carattere architettonico, urbanistico e paesaggistico. In esso il Pinus pinea è l’attore principale nella strutturazione dello spazio, l’elemento primario dell’intera composizione. Lo è grazie alla sua forma, alla dimensione, alla maestosità, al sesto di impianto, alla disposizione in filari paralleli, alla proporzione rispetto alla sezione stradale, al rapporto con le edificazioni limitrofe e soprattutto grazie al suo elevato contenuto simbolico.

Ricordo che il Pinus pinea, noto ai più come pino domestico o pino italico, è l’albero per antonomasia del Razionalismo Italiano (1920-1930) ed è quello che meglio esprime l’italianità del paesaggio antropomorfizzato. Il suo forte significato simbolico deriva dall’essere stato il pinus degli antichi romani, i quali ne avevano diffuso il culto in onore della dea Cibele, dea della fecondità, e per questo motivo, nella prima metà del secolo scorso, è stato chiamato a rappresentare la specificità del popolo italiano e la discendenza diretta da quello della Roma antica.

Un “luogo”, peraltro, è per sua natura sempre mutante: si modifica comunque, sulla base dell’invecchiamento fisico dovuto alla deperibilità della materia ovvero delle trasformazioni dell’assetto sociale e umano di cui è partecipe. Prima di pensare a un qualsiasi intervento posteriore alla sua creazione è indispensabile peraltro, discernere gli aspetti e le caratteristiche invarianti da quelli che invece possono mutare senza comprometterne l’essenza.

Persistono immutati quelli pertinenti alla testimonianza, alla memoria collettiva e all’aspetto simbolico mentre risulta essere a rischio quello ambientale a causa dell’abnorme sviluppo del traffico automobilistico. Una lettura analitica del Viale permette di annoverare l’unità, l’andamento planoaltimetrico, il sesto di impianto, la specie arborea, le proporzioni della sezione trasversale ed il rapporto con le coeve costruzioni limitrofe tra le caratteristiche invarianti mentre le pavimentazioni e l’arredo urbano tra quelle passibili di variazione. Identificare correttamente i termini della questione è indispensabile perché consente di ipotizzare un intervento senza tema di errori grossolani che, stravolgendone gli aspetti materiali, decreterebbero il declino inesorabile dei caratteri del “luogo” evitando così quanto già accaduto in Via Napoli all’esito dell’abbattimento inconsapevole degli alberi maestosi che la connotavano.

Un ulteriore approfondimento deriva dalla lettura del Viale alla pari di una vera e propria architettura, con uno spazio tridimensionale cavo, interno, protetto da un involucro e agibile dall’essere umano. La configurazione assunta dalle alberate con la maturità definisce una spazialità propria dell’architettura classica, conseguente alle intenzioni progettuali e coerente con i dettami politici e sociali di cui il manufatto è espressione diretta.

Il ritmo della partizione, le dimensioni, l’altezza e la maestosità raggiunte dalle essenze oltre alla determinazione fisica del “luogo” ne connotano anche la qualità spaziale. Per di più, con la maturità le chiome hanno raggiunto una grandezza tale da sfiorarsi reciprocamente tanto da generare una sorta di navata centrale continua. Se ad essa si sommano le due “seminavate” adiacenti che si formano nel rapporto con l’edificato limitrofo, si può addirittura pensare ad una sorta di spazio basilicale che accompagna e protegge la camminata di coloro che lo percorrono. Unità e qualità sono poi amplificate e arricchite dalla luce solare che, filtrata dalle chiome, delinea un’atmosfera esclusiva, quasi palpabile, grazie alla particolare alternanza con le ombre che sfuma prospetticamente nel verso della percorrenza.

Altra caratteristica fondamentale è rappresentata dal rapporto stabilito dal progettista tra le alberate e gli edificati adiacenti.

Il Viale degli Atlantici va apprezzato, rispettato e quindi protetto per il portato dei significati e per le oggettive qualità che ancora oggi conserva nonostante l’età e nonostante gli interventi spesso incoscienti che si sono affastellati negli anni che ne hanno messo a dura prova la sopravvivenza. Ne consegue che, pur non essendo un “bene culturale” censito, debba essere trattato come tale, quindi un come bene da tutelare e valorizzare alla pari di un’architettura storica. In quest’ottica l’approccio corretto non può che essere quello del restauro perché i contenuti e i valori della memoria possono essere preservati solo salvaguardando la struttura e gli elementi fondamentali, preservandoli, reintegrandoli laddove necessario, ma escludendo ibridazioni e/o stravolgimenti dettati dalla contingenza. Per questo motivo credo che non possa esservi alcuna sostituzione puntuale dei Pinus pinea (carattere invariante e primario) se non rimpiazzo.

È bene ricordare che un generico albero non è più lo stesso se appartenente a un viale alberato e un viale alberato non è una mera risposta a istanze unicamente funzionali ma sempre parte protagonista della civitas e come tale dovrebbe esser trattato. Se poi le alberate sono realizzate con Pinus pinea allora il viale è latore di contenuti supplementari, ben più profondi e radicati nella storia e nella cultura italiana.

GIUSEPPE CANTONE

Architetto