Le libertà ai tempi del coronavirus In primo piano

La normalità di qualche settimana fa rappresenta per tutti un ricordo opaco e lontano, quello attuale è uno stravolgimento completo della nostra vita, che ha influito in modo indelebile su tutti noi. Come è possibile che ciò avvenga in questi termini e qual è il limite alle restrizioni di questi giorni. In effetti, a ben guardare, la nostra Costituzione esprime in modo chiaro e definito i nostri diritti e le nostre libertà, descrivendone anche limitazioni e confini e rimarcando al contempo, incredibilmente e in modo quasi predittivo, deroghe ed eccezioni.

Le circostanze attuali sono state tradotte dai nostri padri costituenti, più di 70 anni fa, in maniera estremamente puntuale e rigorosa, tale da poter trasmettere indicazioni precise, in valore di principio, ai comportamenti da assumere anche in condizioni eccezionali. Per cui se da un lato l’articolo 16 della nostra Carta fondamentale definisce la libertà di circolazione e soggiorno come garanzia di diritto per tutti i cittadini dall’altra ne propone la linea di demarcazione, confinata in termini di assoluta pertinenza all’interno della necessità nel dover attuare restrizioni, laddove siano necessarie a salvaguardare le normali condizioni di tutela sanitaria e di sicurezza.

D’altronde è l’articolo 32 a descrivere come responsabilità fondamentale della Repubblica il diritto alle cure e all’obbligo, nei soli casi previsti dalla legge, del trattamento sanitario obbligatorio, a salvaguardia proprio delle ragioni di benessere della collettività.

Ben inteso, da tutto ciò è facile desumere lo scontro tra diverse forme di garanzie, da una parte quelle di libertà e dall’altra quella di interesse collettivo nella tutela della salute, laddove nessuna delle due assume in assoluto e a prescindere valore di ragione prevaricatrice, sottintendendo un’armonia e un equilibrio che sta agli organi esecutivo e legislativo risolvere.

Tuttavia c’è sempre il timore di non riuscire a trovare questo equilibrio, scivolando nella tentazione delle strutture di governo a far prevalere la tutela delle ragioni collettive su quelle individuali, anche quando non ci sono, ledendo e conculcando attraverso l’adozione permanente di strumenti forti, le ragioni e i valori della democrazia.

L’apprensione in questo senso è dovuta alla tentazione e al fascino, spesso presenti anche nelle migliori espressioni di sovranità popolare, di pretendere di imporre limitazioni coercitive per facilitare la propria posizione dominante a discapito dell’alternanza di potere, alimentando in questo modo quel fervore istintivo teso a voler trasformare deroghe ed eccezioni in regole permanenti, prolungandole oltre il necessario. Sgombrando il campo, tuttavia, da queste preoccupazioni, sicuramente distanti da noi, resta valido il quesito di fondo e cioè lo sforzo nel dirigere saggiamente la salvaguardia e l’interesse generale rispetto ai diritti individuali della persona, in sintonia con i fondamenti costituzionali.

Non è un quesito da poco o soltanto da addetti ai lavori ma è qualcosa di molto pratico e attuale. Pensate ai comportamenti da qualcuno denunciati, vi è da dire per fortuna piuttosto rari, dati da una restrittiva e repressiva traduzione delle norme da parte delle forze dell’ordine, che potrebbe essere indotta persino da atteggiamenti permissivi nei vertici istituzionali, oppure al contrasto tra disposizioni di livello locale con quelle di valore generale, dettati dalla foga decisionista impressa nelle ordinanze dei sindaci rispetto agli ormai familiari Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, contrapposizioni, queste, nate da diverse interpretazioni giuridiche che hanno assunto rilievo di discussione, finanche arrivando a definire sindaci-sceriffi alcuni rappresentanti di organismi locali.

Non è un punto da poco!

Per capire meglio un ulteriore esempio lo troviamo nelle differenze tra quello che è accaduto in Cina, dove il governo di quel paese ha imposto regole liberticide in funzione dell’emergenza imposta dal coronavirus e l’Italia, dove invece, norme simili hanno dovuto in primis coinvolgere la gente, invitando tutti a condividerle.

Sono evidenti due aspetti, in primis la leggerezza con la quale si applicano norme di questa caratura senza nessuna regola di interpello o di condizione condivisiva e, in secundis, la mancata esigenza di temporaneità, per nulla evocata nelle ragioni giuridiche di quei regimi che non si pongono affatto nella prospettiva di legittimare decisioni che affievoliscono o annullano le libertà individuali.

Quest’ultimo aspetto della temporaneità è il fulcro essenziale, perché in esso è pressante l’esigenza di dover dare conto alla collettività della responsabilità di dover comprimere le libertà in funzione di uno scopo, adottando misure momentanee collegate all’eccezionalità, fissata dalla legge primaria in ragioni esclusive di ordine sanitario o di sicurezza.

Si dirà che è cosa da poco e che la differenza in termini pratici non sussiste quando si vuole risolvere un problema così violento e impellente, come quello di questi giorni. In verità i casi precedenti affermano proprio il contrario, la differenza cioè tra un paese democratico, che vuole preservare la tutela alla salute pubblica in circostanze così estreme, badando sempre e comunque al coinvolgimento e all'importanza di dover restringere le libertà individuali in funzione di scopo e chi, invece, non si pone in nessun modo la questione.

Quanto esposto disegna una forte differenza etica e morale, che ci permette di essere ancora più degni ed encomiabili per come stiamo affrontando questo momento difficile, venendo meno non solo per obbligo ma per assoluta convinzione, alle libertà naturali che caratterizzano la base del nostro stare insieme. Ciò dimostra che la democrazia, quando affermata, non è un limite ma è la massima esaltazione del valore di una comunità. Un altro dei tanti motivi di cui renderci orgogliosi in questi giorni di sofferenza e patimento.

LUIGI RUBINO