Leonardo Bianchi, un sannita di eccellenza sia come scienziato che come politico In primo piano

Uno dei più documentati studi su quello che fu il difficile passaggio dall’800 al 900 per la città di Benevento è certamente il libro del prof. Antonio Gisondi, dal titolo “Novella Atene o piccolo borgo”, in cui tra l’altro emerge la figura di Leonardo Bianchi, scienziato e politico di origini fortorine. Ne abbiamo parlato recentemente in un convegno a San Bartolomeo in Galdo, paese che gli diede i natali nel 1848.

Leonardo Bianchi ha rappresentato non solo una primaria eccellenza scientifica, ampiamente riconosciutagli e non solo in Italia: difatti è stato l’unico sannita candidato al Premio Nobel, ma anche un’influente intelligenza politica, purtroppo non molto riconosciuta oggi in sede provinciale.

Lo studio del prof. Gisondi ci consente di analizzare eventi ed evoluzioni socio-economici ed istituzionali del Sannio beneventano nei primi cent’anni dell’Italia unita, ma anche farci conoscere alcune personalità espresse da questa provincia in quel periodo.

Bianchi, ha rappresentato un’indubbia eccellenza politica, non solo perché è stato più volte ministro, e da uomo di governo ha lasciato il segno sia in campo sanitario che in quello scolastico.

Egli tra l’altro ha saputo capire e interpretare le difficoltà di una provincia, secondo alcuni, “mai nata” e di una città capoluogo, che forse non è mai diventata convintamente italiana. Si è sforzato più di ogni altro di distinguere Fortore sannita da Fortore pugliese, senza confondere distinzione con divergenza.

Politicamente Bianchi sembra un personaggio unico, diverso e distinto da tanti suoi contemporanei, legato alla città di Benevento senza subire la “gabbia dell’anomalia beneventana”, né la “quiete dell’enclave pontificia”. Vive intensamente tutti gli eventi e le evoluzioni della politica beneventana, interagendo, non senza differenziarsi però, con i massimi esponenti dell’epoca, quali Luigi Basile, Raffaele De Caro, Giambattista Bosco Lucarelli. Mantiene una sua distinta posizione socio-politica massonica, ma con una forma di “positivismo scientifico politico” che, forse, cerca di applicare al Sannio. Guarda a Benevento non tanto come al capoluogo di una giovane provincia, quanto piuttosto come unica città appenninica con oltre duemila anni di storia: in qualche modo come una piccola Atene e non tanto come un qualsiasi borgo, volendo usare un’espressione cara al prof. Gisondi.

Riesce in qualche modo a distinguersi dal conservatorismo socio - politico - paternalistico di De Caro e così pure dal conservatorismo etico - sociale - religioso di Bosco Lucarelli, e allo stesso tempo dal conservatorismo massonico - socialista di Basile. Più di ogni altro personaggio politico sannita, riesce a capire l’alterità geostorica ed etnica del Sannio, e non solo della città capoluogo.

Il padre lo iscrive alla scuola superiore di Benevento, non a Lucera o a Foggia, territorialmente più vicine a San Bartolomeo. Tuttavia rimane molto legato al suo luogo di nascita; e benché provenga dalla sponda pugliese del fiume Fortore è attratto dal basso Sannio, dall’ex-città pontificia. In qualche modo guarda al Tirreno campano più che all’Adriatico pugliese: difatti si laurea a Napoli ed a Napoli esercita la parte più importante della sua carriera accademica. E tra Benevento, Napoli e Roma svolge la sua missione politica.

Quindi è essenzialmente un politico sannita, che comunque tenterà di rompere la gabbia dell’anomalia beneventana: benché massone sa capire “la qualità politica e socio - religiosa dell’enclave beneventana”, distinguendosi dagli altri laici massoni dell’epoca - Basile, De Caro, ed altri - per avviare una sorta di alleanza con i cattolici liberali dell’arcivescovo Bonazzi.

In conclusione, da questo studio del prof. Gisondi sembra che Leonardo Bianchi potrebbe averci preceduti di almeno un secolo nello sforzo di stendere lo sguardo oltre i dintorni della città, oltre le mura pontificie, forse perché egli voleva essere un politico fortorino campano, e non un politico strettamente beneventano.

ROBERTO COSTANZO