Libertà del Parlamento e pensiero unico In primo piano

Si è fatto subito sentire il politically correct, il pensiero unico che zittisce chi osa pensarla diversamente. Specie se poi c’è la Chiesa cattolica in mezzo. In breve, qualcuno dalla parte di San Pietro ha fatto presente che un certo disegno di legge in discussione in Parlamento potrebbe contrastare con il Nuovo Concordato del 1984.

Apriti Cielo. Il meglio dei giornali del giorno di San Giovanni Battista ci dice che Draghi ha assicurato che nessuno toccherà la laicità dello Stato.

La laicità dello stato non c’entra, o forse sì. Perché quando un parlamento di una Repubblica Italiana vuole fissare per legge un “comportamento corretto”, magari infliggendo, a chi non la pensa allo stesso modo, contravvenzioni e sanzioni penali, la laicità dello Stato è già andata a farsi friggere.

Proprio in virtù del principio di laicità, è assicurata la liceità di ogni possibile manifestazione del pensiero. Una legge che imponesse di obbedire, celebrare, sostenere e osannare un “pensiero unico” sarebbe incostituzionale. Sapete bene, invece, che in questa nostra Repubblica non c’è più quasi giorno libero in calendario per indire nuove giornate celebrative a comando unico, impreziosite dalla partecipazione del capo della Repubblica che parla sempre a nome degli italiani. (Di ogni italiano? Sarebbe incostituzionale. Di una maggioranza? E’ opinabile, ma dispiacerebbe ai sostenitori di quella tal giornata).

Il livello culturale di tanti capipopolo e esponenti di gruppi politici è quello che è. Ma quelli che hanno immediatamente bollato l’intervento vaticano come inammissibile sono stati quantomeno precipitosi.

Da parte vaticana è stato fatto presente che una certa legge in discussione in parlamento potrebbe non trovarsi in sintonia con un Trattato di diritto internazionale, precisamente quello del 18 febbraio 1984, che “aggiorna” il Trattato dell’11 febbraio 1929 per renderlo compatibile con i nuovi principi della Costituzione Repubblicana entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Ma proprio la nuova Costituzione all’art 3 afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Bello, no?, questo articolo, spesso citato pappagallescamente senza approfondirne le conseguenze.

Ma come mai i padri costituenti hanno scritto questo articolo? La risposta viene dalla storia, cioè da un “fatto” che a molti non piace. Semplicemente la guerra perduta. Voi direte: ma che c’entra la guerra con i giocatori di pallone che vogliono inginocchiarsi o i movimenti contro il razzismo o quelli che non vogliono distinguere maschi e femmine pensando che una mobilità sessuale sia molto più “avanti” rispetto ai modelli di Adamo ed Eva.

La guerra c’entra, perché l’Italia fu costretta a firmare un Trattato di Pace, il giorno 10 febbraio 1947, nel quale sta scritto (parte III - Clausole Politiche - sezione I -clausole generali, art.15) “L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti di libertà dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà di espressione, di stampa, e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione”. Avete capito da dove nasce il laudatissimo art.3 della Costituzione?

Nella gerarchia delle norme, i trattati internazionali stanno sopra le costituzioni nazionali. Tant’è che ci sono tribunali sovranazionali ai quali il cittadino può ricorrere per superare le strettoie di una legislazione nazionale non allineata.

E’ a questo principio giuridico che il Vaticano si appella quando “ricorda” all’Italia che dovrà rispettare le norme del Trattato del 1984. E’ a questo principio giuridico che la Repubblica Italiana si è attenuta, quando - dopo il trattato citato del 1984 - ha disciplinato l’insegnamento della religione cattolica “a domanda singola” (e non come obbligo, in forza di una maggioranza cattolica della popolazione, salvo diritto di esonero per chi non volesse avvalersene).

C’è dunque un precedente illustre in Italia per afferrare il senso della questione. Il legislatore deve stare all’interno delle norme disciplinate da un Trattato internazionale. Ogni idea di “pensiero unico” imposto con legge è fuori dal mondo. E fuori dal mondo si verrebbe a trovare un parlamento che volesse farsene paladino.

MARIO PEDICINI