Matteo Marzotto a Benevento: ''L'etica è qualcosa di contagioso. Il buon esempio genera emulazione'' In primo piano

Ci sono alcuni passaggi delle relazioni e delle considerazioni di Matteo Marzotto e Filippo Liverini svolte al convegno “Quando l’impresa è etica”, svoltosi al Teatro San Vittorino di Benevento l’8 novembre 2019 che meritano alcune riflessioni. 

Tanto per cominciare, chiedermi di partecipare ad un convegno su questioni etiche è come invitarmi a nozze, perché le studio dai tempi dell’Università, quando scelsi Filosofia con indirizzo etico-politico, portando avanti negli anni studi e ricerche su questo tema. Poi anche perché penso che poche province italiane possano vantare un format di così alto livello legato agli eventi di Confindustria a livello locale. Infine, per il calibro dei relatori (che erano coordinati da don Alexandro Gatti, dell’Associazione Nuovi Orizzonti ed affiancati dall’executive director e vice presidente di SAPA, Antonio Affinita), e cioè: Matteo Marzotto, dei conti Marzotto, noto imprenditore e manager italiano, già presidente dell’ENIT e già ambasciatore dell’Expo Milano 2015 e Filippo Liverini, presidente Confindustria Benevento e titolare della Mangimi Liverini SpA, noto per la sua attenzione al territorio ed il suo mecenatismo.

È interessante assistere ad un convegno di magnati dell’economia che non stanca e non stressa, soprattutto perché a parlare non ci sono persone interessate solo ai soldi e al profitto, ma piuttosto a recuperare la dimensione umana in ogni attività.

Perché la crisi dell’economia, come ha ricordato Matteo Marzotto (uomo bello ed elegantissimo, con una classe che contraddistingue il rango a cui appartiene), parte dal 2008, ma mentre in America si è esaurita nel giro di uno o due anni, in Europa e nel nostro grande Paese, che è sempre individualista e non riesce mai a fare fronte comune sulle cose importanti, dura ancora. Invece fare squadra è importante per andare lontano. Allo stato attuale, «siamo governati da capre che sono lì non perché hanno fatto una scuola politica come quelle di una volta, ma perché si sono trovati per caso e per un voto di protesta».

Una cruda verità che è sottolineata dal consenso del folto pubblico presente nella bella ed accogliente sala del Teatro. Dunque, è il caso di scoraggiarsi? Niente affatto, anzi, è proprio il caso di affidarsi ad una lungimirante visione etica dell’impresa, la sola capace di generare utilità sociale, oltre che profitto per se stessa. In questo la fede religiosa ha molto aiutato Marzotto, che apprezza le benedizioni che gli sono venute dal cielo nel suo percorso professionale, ma che sente su di sé enormi responsabilità e soprattutto di non avere la soluzione per ogni cosa.

Filippo Liverini (uomo di altrettanto charme e leader di indiscusse doti umane), che ha fatto dello spirito di squadra il perno della sua azione imprenditoriale, accompagna l’uditorio in un affascinante viaggio tra il passato ed il presente della sua vita. Il presente, in cui, insieme al fratello ed al terzo soggetto che è «il territorio» è proprietario della “Mangimi Liverini”. Il passato, di figlio di emigrati in Australia. Paese funzionale sotto tutti i punti di vista e reso grande anche dall’apporto dei tanti italiani lì emigrati nel corso dei decenni.

Il numero uno di Confindustria ritornò in Italia a soli cinque anni, mentre il fratello ne aveva solo uno, ma entrambi i fratelli sono cresciuti nell’insegnamento paterno, che li invitava a considerare l’azienda non un bene personale, ma un bene sociale. L’azienda di famiglia si è sempre mossa nel rispetto dell’ambiente, ha sostenuto e sostiene iniziative culturali e sportive, come quelle cominciate con l’Istituto Telesia ancora prima che nelle scuole arrivasse l’alternanza scuola-azienda. E poi il rapporto umano. Liverini sottolinea che in azienda tra lui ed i suoi dipendenti ci si da del “tu” e che questo è un modo per far sentire parte di un’unica famiglia chi ci lavora.

Beh, devo dire che a questo punto il mio pensiero è inevitabilmente corso alla Ferrero di Alba, meravigliosa città nella quale ho passato giornate intere presso la Fondazione Ferrero, dove i pensionati dell’azienda erano benvoluti e coccolati e tutti vivevano nel culto di quell’azienda e di quelle persone che avevano dato loro lavoro, dignità, affetto. Proprio perché anch’essa illustre esempio di azienda etica, con al centro le persone, i lavoratori, con i loro problemi e la loro crescita professionale e umana. Liverini ha ricordato di avere fatto anche dei prestiti a tasso zero ad alcuni dipendenti, quando né le banche né i politici avrebbero potuto aiutare queste persone. Egli ha anche suggerito al neo rettore dell'Università degli Studi del Sannio, Gerardo Canfora, di attivare dei corsi di etica e responsabilità sociale e di impresa.

Ma poi, una cosa in comune rimarcata dai due imprenditori è stata questa: il valore del sacrificio. Certi risultati si ottengono solo impegnandosi al massimo e facendo dei grossi sacrifici, personali e familiari.

La mia personale idea è che la crisi economica che attanaglia l’economia da alcuni anni ha alla base una crisi di valori etici. Ecco perché quando si parla di questi temi mi si apre il cuore. Molti imprenditori hanno già capito che l’etica paga in termini di credibilità, profitto, valorizzazione delle risorse umane e del territorio. Quando anche i politici lo capiranno forse usciremo da questo tunnel infinito. Ed anche quando tutti noi non sporcheremo più l’ambiente, quando ritornerà il rispetto nel rapporto tra i sessi e tra le persone, quando cominceremo a mangiare meglio ed a vivere sempre meno attaccati agli smartphone, quando non assisteremo più a spettacoli volgari e ad inutili diatribe in tv, a gente che urla, che spara promesse e non ne mantiene una, che si insulta e non si ascolta. Perché, come dice Marzotto, l’etica è qualcosa di contagioso. Il buon esempio genera emulazione.

Ci voglio credere, proprio perché so che oggi più che mai abbiamo bisogno di etica.

Ancora grazie per questo incontro.

LUCIA GANGALE