Premio Strega 2022, al Teatro Romano di Benevento proclamati non cinque ma ben sette finalisti In primo piano

Bissato anche in questo 2022 il successo del Premio Strega, uno dei premi letterari più importanti della Penisola che, come l’anno scorso, ha fatto tappa nella città di Benevento.

Nella collaudata cornice del Teatro Romano, tra i gradini della cavea e il frontescena, la proclamazione, non di cinque, ma di ben sette finalisti (caso più unico che raro nella storia del Premio): Mario Desiati con Spatriati, Claudio Piersanti con Quel maledetto Vronskij, Marco Amerighi con Randagi, Veronica Raimo con Niente di vero, Fabio Bacà autore di Nova, Alessandra Cariati con E poi saremo salvi e infine Veronica Galletta con Nina sull’argine e Jana Casanova autrice di Divorzio di velluto.

Decisamente scontato l’uso del “Nessun Dorma” per aprire la serata, ma di sicuro grande è stata l’emozione di tutti i partecipanti, e non solo di coloro che proseguiranno il percorso verso la finale che si terrà, come da tradizione, nel ninfeo di Villa Giulia a Roma nel mese di luglio.

Ad essere sinceri, non meno originale è stato anche l’iniziale scambio di battute tra il presentatore della serata, Stefano Coletta, e il sindaco Mastella che, in un susseguirsi di riverenze e convenevoli da manuale, ha però annunciato, ancora una volta a dir la verità, la tanto attesa riapertura del teatro comunale nonché il desiderio di poter svolgere, prima o poi, la premiazione finale del Premio, e non solo la sua penultima tappa, proprio a Benevento.

Per quanto indissolubilmente legato al liquore Strega che a sua volta è quasi emblema della nostra città, il premio letterario, che dal 1986 è organizzato dalla Fondazione Bellocci, nessun risalto aveva mai saputo dare a Benevento, nonostante l’evento sia da decenni vetrina per letterati e scrittori di tutta Italia.

Uno degli appuntamenti più importanti del panorama culturale nazionale si è trovato, per troppo tempo, nel paradosso di non aver mai fatto tappa nel capoluogo sannita, perdendo in un certo senso proprio le radici alle quali deve oggi il suo successo e la sua autorevolezza: senza il contributo di Guido Alberti, romano di adozione ma beneventano di nascita, difficilmente uno dei premi più ambiti dal dopoguerra avrebbe potuto raggiungere quella fama che oltrepassa i confini nazionali.

Ecco allora che anche questa 76ª edizione “restituisce” alla città del Noce e delle streghe, per l’appunto, il ruolo che forse le spetta di diritto e nonostante il caldo e l’afa nostrana, tutto si è svolto come da programma.

A rendere l’atmosfera più rilassata, per gli spettatori e non certo per i veri protagonisti visibilmente emozionati, anche l’allentamento delle misure anti-covid che invece erano state il vero punto interrogativo dell’edizione passata.

Nessun intoppo quindi nella serata targata Giordano che, nonostante la scarna scenografia, abbastanza sottotono rispetto all’importanza della manifestazione, è stato sempre al margine del palco a dirigere e dare indicazioni alla crew con gesti e sguardi da navigato direttore d’orchestra: pochi i riflettori e le luci sul palco ma di certo non si può dire che non li abbia saputi sfruttare nel migliore dei modi…Ben più discreta, e non poteva essere altrimenti, la presenza di Antonio Zequila, attore di fotoromanzi, naufrago dell’Isola dei Famosi e opinionista tv, rimasto per tutta la durata dell’evento seduto sugli spalti salvo poi concedersi a fotografi e a quanti lo avevano riconosciuto.

Spenta inoltre, ancor prima di divampare, anche la polemica sulla scelta di far condurre la serata a Coletta il quale, trovandosi nella doppia veste di dirigente Rai e di conduttore di un evento trasmesso dalla stessa azienda, aveva creato non poche perplessità, non legate alle sua professionalità bensì ad una semplice questione di mera opportunità.

Un irrituale presenzialismo già visto non solo con alcuni programmi in prima serata, ma anche al festival di Sanremo, dove un forzato sketch con i conduttori Amadeus e Fiorello è apparso ai più un modo per essere inquadrato dalle telecamere che un siparietto spontaneo.

Polemiche a parte, c’è da constatare, ancora una volta, come il teatro romano, che da secoli è testimone impassibile della storia della città, abbia saputo accogliere nel migliore dei modi scrittori e personaggi di cultura che libro dopo libro sanno dare lustro al panorama editoriale italiano.

Antonino Iorio 

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