''Quintessenza'': poesie nude da riempire di bellezza e speranza. Il nuovo lavoro di Adriana Pedicini In primo piano
Scrive prevalentemente poesie e racconti, presenti su varie antologie cartacee e online, ma ha anche curato opere di didattica sul teatro antico e sull’origine della civiltà occidentale, attraverso il mito di Europa e gli archetipi del pensiero, del diritto, dell’arte, della letteratura su incarico del MIUR a favore dell’IRSAE. Adriana Pedicini, sannita, è stata docente di lettere classiche nei Licei e oltre ad essere una delle voci poetiche più presenti nel panorama letterario della sua provincia, è anche una infaticabile organizzatrice culturale, visto il suo pluriennale impegno nell’associazione Auser-Uselte di Benevento, città dove vive, con proposte sempre di gran qualità. Ha vinto diversi premi letterari. Tra i suoi libri citiamo Noemàtia, Lineeinfinite, I luoghi della memoria, Il fiume di Eraclito. La sua ultima pubblicazione è edita da Il Foglio, di Gordiano Lupi. Le Edizioni Il Foglio hanno dato ai pensieri ed alle emozioni della scrittrice una veste grafica particolarmente curata e accattivante. Abbiamo rivolto qualche domanda alla professoressa Adriana Pedicini.
“Quintessenza”.
Perché questo titolo?
Perché si tratta di poesie nude,
essenziali, vere, come può essere vero quel vuoto che ci attanaglia
dentro l’anima quando più insostenibile avvertiamo la nostra
condizione di esseri viventi finiti, imperfetti, desiderosi sempre di
qualcosa che ci completi, e, nel peggiore dei casi, di tentare fughe
disperate, lontano dalla voragine che tenta di risucchiarci
ostinatamente. Ma poi - occorre volontà e impegno - è proprio da lì
che parte la rinascita, è proprio dall’accettare religiosamente,
come una figura sofoclea, quel che ci capita e ammantarlo di senso e
scoprire che, se abbiamo occhi per guardare dentro e fuori di noi con
meraviglia e desiderio ogni cosa, sarà la bellezza ad accompagnarci,
sarà la bellezza a dar vigore alle nostre speranze, sarà la
bellezza a rendere brillante ogni opaco atomo del vuoto che ci
opprime.
Perché questa immagine di copertina?
Ho
trovato perfettamente corrispondente all’intento letterario questa
scultura in marmo rosso di Vitulano dell’artista Mariano Goglia,
che vive e lavora a Vitulano, le cui opere sono disseminate anche
all’estero. In realtà la scultura è denominata “Ballerina”.
Mi è piaciuta per l’icastica raffigurazione, severa e tenera allo
stesso tempo. Sembra pensare o dire all’unisono con le
poesie.
Quali sono i temi affrontati in questo excursus
poetico?
Innanzitutto il libro contiene quattro sezioni di
diversa lunghezza e diversamente nominate. La prima, la più ampia,
contiene poesie sul senso della vita, la seconda poesie sul dolore
nel mondo con incursioni in argomenti di stretta attualità come
l’emarginazione e la guerra, la terza è uno scrigno personale dove
dedico singolarmente versi ai miei cinque nipoti e a due ex allievi.
Infine la quarta è un vero e proprio divertissement, un gruppo di
tre poesie in vernacolo, composte ad hoc, in occasione di un invito
ricevuto a partecipare a un concorso in lingua dialettale.
Ci
può dare qualche informazione sull’artista che ha realizzato le
foto all’interno del volume?
Certamente. Si tratta di
un’artista della fotografia, specializzata in foto in bianco e nero
e nella rappresentazione di soggetti o situazioni quasi tutti
appartenenti alle zone più buie o più complesse della vita, sebbene
non manchino sprazzi di luce anche nelle situazioni più difficili da
vivere. Le ho trovate molto affini alle poesie, e di alto valore
artistico.
Quand’è che Adriana Pedicini nasce come
poetessa?
Non mi definisco poetessa. Se poi questo termine
significa quando ho iniziato ad avvertire la realtà che ci circonda
attraverso un filtro molto profondo e delicato allo stesso tempo,
potrei dire da sempre. Pur senza “uscire all’esterno”. Cosa che
è avvenuta nel tempo post lavorativo. Comunque la scrittura è un
impegno che mi “chiama”, ma senza dannazione o ansia da
prestazione.
Lei è una docente in pensione. A quale poeta
dell’antichità o a quale della contemporaneità si ispira per i
suoi componimenti?
Direi innanzi tutto ai lirici greci, ma
anche alla poesia omerica e ai tragici greci. Insomma a quei poeti
che mi hanno trasmesso la visione tragica dell’esistenza, eppure
hanno aspirato sempre alla luce. Potrei citarne altri, anche del
mondo latino, e sicuramente poeti come Leopardi hanno nutrito di
stupore e meraviglia, di angoscia e di soavità la mia anima. Infine
tutte le letture che si sono sedimentate in me fino a diventare un
solo plot culturale ed emotivo da cui probabilmente traggo
ispirazione.
Cos’è per lei la poesia?
Col
supporto della filosofia di Heidegger potrei dire che la Poesia (il
cui etimo risale al verbo Poièin, “produrre col proprio ingegno”)
rappresenta una risorsa della mente alimentata dall’Immaginazione,
lo slancio intellettivo primordiale della specie umana. Ed è così
che nella supposta Irrazionalità dell’espressione poetica si
annida il tentativo dell’autore di perseguire la Verità
conciliando l’energia salvifica del fantastico con la condizione,
spesso avvilente, della realtà. Ma al di là di ciò, il poeta
dispiega un campionario di varia umanità e molteplici atmosfere che
letterariamente compongono una sorta di ‘crogiuolo esistenziale’
in versi, in cui, non stentiamo a riconoscere le tematiche essenziali
come vita-morte-destino e natura-memoria-amore. E poi l’interrogativo
se la poesia debba essere anche di intento civile, etico, religioso
ecc. Ovviamente il discorso meriterebbe un approfondimento più
ampio.
LUCIA GANGALE