S. Sofia deve ritornare all'antico splendore In primo piano
Al centro vi sarà
l'altare, dalle pareti scomparirà il giallo ocra, ritornerà
alla luce la pavimentazione originaria: questo sarà il nuovo
volto della chiesa di Santa Sofia dopo gli interventi di restauro a
cui dovrà essere sottoposta perché la sua candidatura a
patrimonio mondiale dell'umanità possa essere accettata
dall'Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni
Unite per l'educazione, la scienza e la cultura.
La chiesa di Santa Sofia,
infatti, è fra i beni compresi nel sito Italia
Longobradorum. Centri di potere e di culto che raccoglie le
testimonianze artistiche e architettoniche più significative
della civiltà longobarda in Italia, appartenenti a un periodo
della cultura e dell'arte (568-774 d.C.), ha sottolineato il
ministero per i Beni Culturali, che, ad oggi, non è presente
nella lista del Patrimonio Mondiale. Gli altri beni della Longobardia
major e minor, compresi nel sito, sono situati a Brescia e nelle
province di Udine, Varese, Perugia, Foggia.
Secondo le previsioni
della Soprintendenza di Benevento e Caserta il cantiere nella chiesa
di Santa Sofia, dovrebbe essere aperto prima dell'estate. Lo
stanziamento per il restauro ammonta a 600 mila euro, sei i mesi di
lavoro stimati, che potrebbero allungarsi se, come è
prevedibile, durante gli scavi per riportare alla luce l'antica
pavimentazione verranno scoperti reperti archeologici ha osservato
il restauratore Italo Mustone della Soprintendenza di Benevento e
Caserta. Certo è - ha aggiunto - che i commissari
dell'Unesco arriveranno in città a fine anno e quindi entro
il 2008 i lavori dovranno essere terminati.
La chiesa, risalente al
tempo del ducato di Arechi II (VIII secolo d.C) che la dedicò
all'Aghia Sophia ovvero alla Santa Sapienza, è
caratterizzata da una pianta stellare e da un doppio giro di colonne
e pilastri, disposti rispettivamente ai vertici di un esagono e di un
decagono, che ne fanno un unicum nella storia dell'architettura e
dell'arte longobarda.
Il monumento è
stato oggetto di numerosi interventi che hanno alterato la sua
originale struttura, in parte coprendo, in parte cancellando le
tracce longobarde.
Il primo ‘stravolgimento'
che la chiesa subì risale al XII secolo, quando furono
aggiunti un campanile e un piccolo portico (protiro) che determinò
il parziale abbattimento della facciata. Ma gli interventi più
aggressivi furono quelli eseguiti alla fine del XVII secolo. Dopo il
terremoto del 1688, che causò il crollo della cupola centrale
(più bassa di quella attuale e senza aperture) e del campanile
che si rovesciò sul protiro, distruggendolo, fu modificata la
pianta della chiesa da stellare a circolare, fu abbattuto e
ricostruito in nuove forme l'abside centrale e si realizzarono due
cappelle laterali e la sacrestia. Gli affreschi longobardi furono
coperti e in parte distrutti dagli stucchi barocchi.
Fu il coraggioso restauro
degli anni '50 a restituire parte di quel che rimaneva della
struttura originale della chiesa: furono eliminati gli elementi
barocchi, rimosse le cappelle, l'abside centrale e il muro circolare
che aveva incorporato gli spigoli esterni delle pareti stellari.
Da quest'ultimo grande
restauro si sono susseguiti numerosi interventi sia sugli affreschi
sia sulle pareti, le quali, a quanto pare, non sono mai state
tinteggiate secondo la colorazione originale.
Intanto, in attesa della
visita degli ispettori dell'Unesco, la Regione Campania ha
stanziato 14 milioni di euro per interventi al patrimonio monumentale
del capoluogo sannita, destinati, in particolare al recupero e alla
riqualificazione di Piazza IV Novembre, al completamento del Teatro
Comunale, all'acquisizione dell'edificio Casiello in Piazza Santa
Sofia e suo recupero ai fini culturali, al riallestimento della
sezione longobarda del Museo del Sannio.
Monica
Nardone