Cicciottelli causa smartphone? Società

Secondo una recente ricerca, la Campania è la regione d’Italia con la maggior diffusione di smartphone tra i minori di 14 anni. Un altro studio riporta che i bambini campani sono i più sovrappeso della penisola. Esiste una correlazione tra questi due dati? Non è certo, ma è probabile.

Nel corso degli anni, l’età media in cui un bambino riceve in dono dai genitori il primo smartphone è pian piano calata. Oggi non è insolito vedere bimbi sotto i dieci anni, che frequentano dunque le elementari, già muniti di questo strumento. Molti si giustificano dicendo che è necessario per potersi mettere in contatto con i figli in ogni momento, che comunque gli smartphone sono dotati di dispositivi di blocco alla navigazione, di sistemi di parental control per impedire che i più piccoli possano accedere a contenuti nocivi per la loro età o che entrino in contatto con estranei. Resta il fatto che oramai è diventato normale che i bambini usino lo smartphone.

Per quanto utile possa essere, per quante protezioni si possano predisporre, è però certo che un bambino munito di smartphone dedicherà a quest’ultimo una parte consistente del proprio tempo. Tempo che necessariamente verrà sottratto ad altre attività: studio, sport, lettura, frequentazione di coetanei, relazioni con i familiari o, laddove manchi del tutto il controllo da parte degli adulti, addirittura al sonno.

Chi è cresciuto prima dell’avvento del telefonino avrà senz’altro numerosi ricordi d’infanzia legati a partite di calcio all’aperto. In mancanza di un campo sportivo, qualunque spazio poteva fungere allo scopo. Alberi e pali della luce potevano facilmente essere trasformati in porte, o addirittura bastavano due zaini o giubbotti per terra a tracciare i limiti entro i quali il gol era valido. E quante liti nascevano quando il pallone oltrepassava la traversa immaginaria: non era gol, era alto.

I bambini cresciuti in città o che non avevano modo di giocare con coetanei o fratelli avranno trascorso innumerevoli pomeriggi guardando la tv (un tempo esisteva la cosiddetta tv dei ragazzi della Rai, poi l’offerta si è ampliata con la nascita delle reti private, che hanno riempito le ore pomeridiane di cartoni animati e telefilm per i più giovani). Oggi esistono canali che trasmettono cartoni animati tutto il giorno e persino la notte, ma spesso i bambini li snobbano per guardare video su Youtube.

Infine, esistono anche altri passatempi tipici dell’infanzia, dai giochi di società alla lettura di un buon libro o di un fumetto. Tutti hobby che esistono tuttora, ma che a quanto pare sono stati scalzati dallo smartphone. Non dimentichiamo che con un telefonino in mano, un bambino può sentirsi un po’ più adulto.

Ma gli adulti, quelli veri, nel frattempo che fanno? Sono così impegnati nel lavoro e nelle faccende domestiche da non avere più un minuto da dedicare ai figli? O, più probabilmente, sono anche loro indaffarati a trafficare con i loro smartphone, ovviamente senza alcun blocco? Ecco dunque che nella moderna società multitasking, dove ognuno di noi si vanta di poter fare più cose nello stesso momento, lo smartphone non è solo diventato una forma tecnologica di baby-sitter, come lo è stata a lungo la tv, ma è contemporaneamente lo strumento con cui teniamo occupati i nostri figli ed il motivo per cui non possiamo dedicare loro del tempo. Pur di non staccarmi un attimo dal mio smartphone e badare a mio figlio, preferisco dare uno smartphone anche a lui.

Se così stanno le cose, rassegniamoci all’idea che lo smartphone sia il punto di riferimento per i più piccoli. Se combinano qualche marachella o se in qualche modo vengono meno ai loro doveri, non domanderemo loro cos’hanno imparato a scuola o dai genitori, ma cos’hanno imparato dallo smartphone.

CARLO DELASSO