Il bankomat nelle nostre tasche: lo smartphone Società
In tasca non ho una lira - recitava uno spot, più di vent’anni fa - io pago bankomat. Oggi non abbiamo più le lire in tasca, ma anche gli euro scarseggiano. Perché sono pochi o, si spera, perché ai contanti preferiamo i mezzi di pagamento elettronici.
E proprio il bankomat ha compiuto 40 anni in questo 2023. Una tessera tascabile in dotazione a chiunque sia titolare di un conto in banca che ci ha semplificato la vita. O per certi versi ce l’ha complicata.
Prima del 1983 le alternative ai contanti esistevano già: gli assegni o, per chi viaggiava all’estero, i traveler’s cheque. Ma non potevano minimamente uguagliare la comodità di poter prelevare contanti presso qualsiasi sportello bancario dotato di un ATM, trovandosi così tra le mani, nei paesi fuori dall’area euro, direttamente la valuta locale.
Ancora più rivoluzionaria è stata l’introduzione dei pagamenti tramite bankomat presso gli esercizi commerciali dotati di POS: poter fare acquisti senza maneggiare denaro contante. Non avere un soldo in tasca non è più sinonimo di povertà.
L’uso del bankomat presenta ovvi vantaggi sia per chi acquista che per chi vende. I soldi passano direttamente da un conto corrente all’altro, i privati non sono costretti a spostarsi portando con sé grosse somme ed i negozianti sono meno esposti al rischio rapine, non avendo più contanti in cassa. I pagamenti sono facilmente tracciabili, evitando ogni forma d’evasione fiscale, quindi anche lo Stato ci guadagna. Tanto che all’estero è diventata un’abitudine usare il bankomat anche per acquisti di pochi euro, come un caffè al bar o un giornale in edicola.
Proprio in Italia invece l’uso del bankomat, pur molto diffuso, lo è in misura minore rispetto alla media UE. I motivi sono diversi, ma facilmente spiegabili: se da un lato gli esercenti sono tenuti a pagare una commissione alla banca che offre loro il servizio POS, non va sottovalutata la naturale tendenza di molti professionisti, soprattutto in certi settori, a preferire i pagamenti in contanti, per evadere il fisco. Ecco così che idraulici, elettricisti ed artigiani vari, pur essendo tenuti per legge ad accettare i pagamenti elettronici, spesso accettano solo i contanti. Oppure propongono ai clienti una doppia tariffa: più bassa se pagano in contanti, più elevata se usano il bankomat.
Dal punto di vista di chi paga, d’altro canto, esiste ancora una sorta di freno psicologico, in base al quale pagare in contanti dà un’idea immediata e concreta di quanto si sta spendendo, mentre usare il bankomat o la carta di credito porta inevitabilmente a non rendersi conto delle somme spese. Salvo poi ricevere una brutta sorpresa a fine mese, nel momento in cui si riceve (o si controlla online) l’estratto conto bancario.
Eppure, nonostante queste remore, ci stiamo muovendo inesorabilmente verso un futuro in cui i pagamenti elettronici finiranno per soppiantare del tutto o quasi quelli in moneta sonante. Non solo banconote e monete finiranno per sparire dalle nostre tasche, ma persino la tessera bankomat a cui con fatica alcuni di noi si sono abituati è destinata a diventare un oggetto del passato. A rimpiazzarla sarà, inutile dirlo, lo smartphone. Già adesso è d’uso comune pagare tramite l’app della propria banca, semplicemente avvicinando il proprio telefono al POS dell’esercizio commerciale. Il pin, quel numero di 5 cifre che impedisce a terzi d’usare il nostro bankomat, è rimpiazzato in questo modo da sistemi d’identificazione quali il riconoscimento facciale o le impronte digitali. Caro bankomat, presto anche tu sarai obsoleto.
Prepariamoci quindi a vedere il POS anche nelle chiese, al posto delle cassette dell’elemosina. E magari un domani chi andrà in vacanza a Roma anziché una monetina lancerà nella fontana di Trevi una tessera del bankomat scaduta.
CARLO DELASSO