Dal Sud Italia al Sud-Est asiatico, Giovanni Fiscarelli: ''Lavoro a Singapore ma non dimentico il Sannio'' In primo piano

Poco più di venti anni fa venne a trovarmi in redazione un giovane che, dopo essersi presentato e parlato del più e del meno, mi presentò un manoscritto e mi domandò se ero interessato a pubblicarlo. Lo sfogliai con avido interesse incuriosito dall’argomento. ovvero il mondo dei computer.

“Il Sannio rischia di restare indietro - mi disse con determinazione - sei nostri giovani non imparano subito ad usare il computer del quale non si potrà sempre più fare a meno”.

Fu così che nacque il libro “Capire il computer” 306 pagine scritte con una chiarezza tale che persino io, allora quasi del tutto a digiuno della materia, lo lessi con grande interesse e non ebbi esitazione a pubblicarlo, correva l’anno 2003.

All’epoca il nostro Giovanni non aveva ancora concluso gli studi di Ingegneria Elettronica presso l’Università di Napoli Federico II anche se a Parigi aveva già conseguito la Maitrise in  Elettronica ed automatica presso l’Università di Parigi.

Oggi vive e lavora a Singapore. Lo abbiamo incontrato qui a Benevento dopo tanti anni e gli abbiamo fatto raccontare un po’ di cose e raccolto anche le sue riflessioni sulle tante problematiche che riguardano quest’altra migrazione, quella delle nostre intelligenze.

Ti è servito per la tua carriera quel libro?

Sì è stato il mio “biglietto da visita” anche a Singapore, ogni volta che mi sono presentato e ho parlato delle mie conoscenze ed esperienze.

Senti… tu hai conseguito in Italia quasi venti anni fa una prestigiosa laurea in Ingegneria quindi avresti potuto benissimo trovare lavoro qui in Italia…

In effetti la mia prima laurea risale al 1995, conseguita a Parigi. Già allora mi chiesi se era il caso di restare in Francia a lavorare. Ma non ero ancora pronto all’avventura estera. Il rientro in Italia, la ripresa degli studi a Napoli, le prime consulenze professionali mi hanno persuaso che, specie nel settore delle alte tecnologie, le prospettive lavorative erano molto ridotte e restando in Italia non avrei avuto le opportunità e le occasioni di apprendere e di fare esperienze che mi sarebbero state offerte andando all’estero.

Come sei andato a finire nientedimeno a Singapore…raccontaci…

Alla fine degli anni ‘90 l’Asia era in forte espansione economica. Molte ditte occidentali, incluse importanti aziende italiane, iniziavano ad investire in Corea, Taiwan, Hong Kong e ovviamente a Singapore. Quest’ultima poi aveva adottato una politica molto aggressiva in merito alle incentivazioni di investimenti stranieri e l’accoglienza di manodopera altamente specializzata. Ho avuto occasione di visitarla nel 1999 come turista e ne sono rimasto affascinato. Pulizia, efficienza, sicurezza, organizzazione, solo per nominare alcuni aspetti che la ponevano e, per certi versi, la pongono ancora anni avanti rispetto a molte delle nostre realtà locali. Cosi nel 2003 ho deciso di mettermi alla prova, ho fatto le valigie e sono partito con un biglietto di sola andata…

Immagino che la vita lì si svolga in maniera molto diversa rispetto all’Italia e all’Europa. Hai avuto difficoltà ad adattarti?

Sì certo, ma poi non così come qualcuno potrebbe pensare. Singapore ha i connotati di una grande metropoli multietnica né più e né meno come lo sono New York, Sydney o Londra. Certo la collocazione e l’impronta orientale si sentono, ma andare in giro per il Distretto Finanziario di Marina Bay non è poi molto diverso di una passeggiata per il downtown di Los Angeles o alla Défense di Parigi. I primi tempi non sono stati facili: il clima tropicale e la forte umidità mi han fatto soffrire non poco. Ma poi lentamente le differenze si sono attenuate e mi sono oramai adattato e tutto sommato il caldo tropicale non è poi meno marcato rispetto alle nostre torride estati recenti.

E con il cibo come fai? Immagino che ti mancano molto spaghetti e sugo al pomodoro…E’ così?

Se c’è una cosa che a Singapore non manca è il cibo! E mi riferisco ad una enorme offerta sia in termini di qualità che di varietà. Si spazia dai ristoranti etnici a quelli asiatici, dalla haute cuisine alle trattorie turistiche, sino all’onnipresente fast-food di stampo americano. Nello spazio di poche centinaia di metri è possibile trovare un ristorante greco fianco a fianco ad un bistrot francese o ad una paelleria catalana. I ristoranti italiani sono letteralmente onnipresenti. Se ne contano oltre 200 tra ufficiali e non, ovviamente non tutti genuini ma almeno la pizza non manca! E poi nei miei continui soggiorni in trasferta mi sono abituato a rimboccarmi le maniche e avventurarmi tra i fornelli. Quindi un bel piatto di bucatini all’amatriciana o di pappardelle al ragù non me le faccio mancare. Certo poi non appena ho l’occasione di rientrare in patria recupero rapidamente!

E con il legame con la tua terra e le tue origini come la mettiamo? Non ti vengono mai attacchi di nostalgia?

Ecco, questo è un altro discorso. Io sono italiano e sannita, è una cosa che mi porto nel sangue e ne vado fiero ovunque andrò. Mi manca la mia famiglia, la terra dove sono nato e cresciuto, gli amici che ho lasciato, le tradizioni delle nostre genti che poi costituiscono il nostro Dna. Il ritmo dell’Asia è frenetico e rigorosamente scadenzato,ma ogni tanto mi fermo a prender fiato e a riflettere, anche solo per sorseggiare un bel caffè, rigorosamente italiano.

Pensi un giorno di ritornare a vivere in Italia?

Questa è una bella domanda. Vorrei rispondere sì... no… forse… Mi spiego: il lavoro costituisce una parte importante della mia vita, non lo nego. Ma non è la sola parte che condiziona le mie decisioni. Gli affetti, la famiglia, lo stile di vita, le prospettive e i servizi che si presenteranno negli anni a venire saranno tutti aspetti che peseranno sulle mie scelte future. In generale non precludo nessuna scelta a priori, quando se ne presentano le giuste condizioni. Del resto, spesso e volentieri nella mia vita mi sono trovato a “cogliere l’attimo” e fare il passo più per fede che per raziocinio. Quindi un giorno potrebbe accadere di rientrare in patria, non lo escludo.

Ci sono altri italiani che lavorano a Singapore? E da dove vengono, tutti dal Sud Italia?

La comunità italiana di Singapore conta oltre 3.000 individui, così come censita dal locale Ufficio Consolare. La stragrande maggioranza è costituita da professionisti che lavorano presso aziende internazionali o locali o anche in proprio, molti dei quali risiedono qui con le loro famiglie. Non direi assolutamente che vengono tutti dal meridione anzi secondo me è un mito da sfatare. Oggi gli italiani all’estero provengono tanto dalla Calabria quanto dalla Toscana o dal Piemonte. A Singapore conosco molti più milanesi che napoletani e, che io sappia, sono l’unico beneventano!

In che considerazione sono tenuti gli italiani a Singapore? E la nostra classe politica come è vista da quelle parti?

Quando si parla di Italia e italianità a Singapore le prime tre cose che vengono in mente sono la moda, la cucina e il calcio. Quindi spesso mi son trovato ad iniziare una conversazione parlando della Juventus o di come si cuoce la pasta al dente! Gli italiani qui sono impegnati in predominanza nei settori finanziario e bancario, nella ristorazione e nel design o nella moda. Rappresentano importanti eccezioni il settore tecnico e quello della ricerca che vedono interessato un piccolo ma agguerrito gruppo di connazionali, tutti molto rispettati. Purtroppo, la nostra classe politica non gode di una buona reputazione, specie dopo gli altalenanti risultati delle recenti tornate elettorali e delle ben note vicende giudiziarie che hanno interessato le prime pagine anche dei quotidiani esteri.

Parliamo un po’ del tuo lavoro… di cosa ti interessi in particolare?

Lavoro nell’ambito dell’Ingegneria Impiantistica Industriale, nei settori dell’elettronica e dei semiconduttori. La mia azienda si occupa della progettazione e realizzazione di impianti per l’asservimento di macchinari per l’assemblaggio di microprocessori e circuiti ad alto livello di complessità e integrazione. Ho iniziato a lavorare come ingegnere per l’automazione dei sistemi industriali; oggi sono il responsabile dell’Ufficio Tecnico e di tutti i progetti in fase di pianificazione, esecuzione e collaudo. Nel tempo le competenze prettamente  “tecniche” sono state in parte rimpiazzate da responsabilità più propriamente commerciali e amministrative, ma ogni tanto mi diverto ancora a tirar fuori il mio giravite e mettermi a calibrare un sensore di livello piuttosto che un manometro analogico!

Che ne pensi di questo esodo dei nostri giovani, anche quelli laureati con lode, che lasciano l’Italia per lavorare all’estero?

L’emigrazione in parte è un fenomeno endemico a tutte le moderne società. È però vero che il nostro paese è forse più di altri afflitto dalla fuga dei giovani talenti, cosa che immancabilmente ha risvolti negativi sia dal punto di vista tecnico che economico.

Di chi è la colpa?

Non colpevolizzo un giovane che al conseguimento della laurea decide di trasferirsi all’estero, del resto è quello che ho fatto io anni fa. Colpevolizzo piuttosto la società che lo obbliga a questa scelta o, se vogliamo, non lo mette in condizione di restare nella sua terra. Parlo non solo di condizioni economiche svantaggiate e di una burocrazia inefficiente, ma anche di scarsità di incentivazioni a progetti di ricerca e sviluppo che, ove esistono, costituiscono quasi delle cattedrali nel deserto e comunque sempre più carenti nel nostro meridione. Ho molti amici che avendo la possibilità non ci penserebbero due volte a raggiungermi a Singapore.

E del Sannio che non riesce a fare un passo in avanti afflitto com’è da mille problemi che poi… sono quelli di sempre!

Il Sannio è la mia terra. Leggo sempre con stupore e tristezza le vicende dei continui disservizi, malasanità, criminalità e delle perenni inefficienze. Ogni volta che rientro a Benevento osservo purtroppo che alcune cose sono rimaste immutate dalla mia ultima visita. E non mi riferisco ovviamente a questo o quel negozio o ristorante, ma piuttosto al palazzo fatiscente, ai lavori stradali senza fine, all’incuria e al degrado di alcuni quartieri della nostra meravigliosa città, al sentimento di rassegnazione che si diffonde tra i cittadini.

Insomma vedi un futuro senza speranza, è così?

No, mi rincuoro quando trovo qualcuno che non demorde, che emerge con una visione diversa e che con tenacia cerca di farsi strada. Mi infonde ottimismo e mi dà la consapevolezza che anche da noi ci sono delle eccellenze che occorrerebbe valorizzare perché costituiscono il futuro della nostra società.

Tu segui le vicende della nostra terra o no? Ti informi su quello che accade?

Sì lo faccio quotidianamente. All’arrivo in ufficio la prima cosa che faccio è visitare alcuni siti internet di informazione nazionale e locale. Oramai Internet mi consente di sapere ciò che accade in tempo reale anche vivendo a 7 fusi orari di distanza. Tutti i principali quotidiani e organi di informazione dispongono di un sito web o di un profilo su Facebook quindi è abbastanza agevole restare sincronizzato con gli avvenimenti e con la quotidianità beneventana. E poi ricevo aggiornamenti continui dai miei familiari e dagli amici con cui spesso e volentieri scambio due chiacchiere online.

Quali sono le tue fonti d’informazione? Immagino che continui a seguire il nostro giornale online, anzi tu che sei un tecnico qualificato… che te ne pare?

Internet per me rappresenta la più importante fonte di informazione, anche perché passo la maggior parte della mia giornata lavorativa davanti al computer. La mattina ascolto la radio locale e la sera faccio una carrellata sui principali canali di news globali (Cnn, Bbc ecc.). Seguo regolarmente la nostra stampa anche se a Singapore non ci sono purtroppo canali televisivi italiani. Da molti anni mi collego regolarmente al sito di Realtà Sannita e confesso che la possibilità di “sfogliare” virtualmente il vostro giornale mi fa sentire a casa e accorcia un pochino le distanze che mi separano dalla mia terra di origine. Avete certamente il pregio di portare un po’ di Sannio tra noi emigranti, continuate così!

GIOVANNI FUCCIO

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