La fusione nucleare, la sfida più ambiziosa della storia umana Ambiente

La preparazione accademica che offre ai giovani il Dipartimento d’Ingegneria dell’UniSannio, non ha nulla da invidiare a quella degli Atenei più blasonati. “I nostri laureati hanno una facilità d’ingresso nel mondo del lavoro che è la stessa di un laureato di un Politecnico del Nord, nonostante le nostre maggiori difficoltà per l’assenza di aziende rispetto a quell’area del Paese”, ha affermato in più occasioni il direttore del Dipartimento, prof. Nicola Fontana. È il risultato del percorso intrapreso anni addietro dall’Ateneo sannita in campo “energetico”, puntando su una didattica innovativa e su Corsi in grado di formare professionalità legate alle nuove tecnologie: profili di marcata trasversalità e versatilità, che le aziende hanno difficoltà atrovare sul mercato del lavoro o a formare in autonomia. “La complessità dei temi ambientali richiede, però, solide conoscenze di base, competenze multidisciplinari e propensione all’innovazione”, sottolinea Daniele Davino, professore ordinario di Elettrotecnica, che col suo gruppo di lavoro - composto da due ricercatori, Vincenzo Paolo Loschiavo e Carmine Stefano Clemente ed un dottorando di ricerca Vittorio Ciardiello - è impegnato nello sviluppo ditecnologie collegate alla ‘fusione nucleare’.

Ci spiega cosa insegnate ai vostri ragazzi?

Una fisica applicata all’Ingegneria. La nostra è una ‘materia’ che si occupa dei principi di funzionamento di tutte le apparecchiature e circuiti elettrici ed elettronici, generatori, motori fino ai materiali utilizzati, alcuni molto innovativi. Con questa formazione di base, i ragazzi scelgono poi la successiva specializzazione”.

Ciò che fornite loro è dunque un’ampia visione e comprensione delle problematiche complesse legate ai temi ambientali.

Per seguire la strada di paesi come Germania e Francia, Corea del Sud e Giappone, dovremmo intendere l’università come universo mondo, universo conosciuto. Questo è il suo scopo. Per definizione, quindi, l’università non deve essere specializzazione: l’eccellenza, quando esiste, è per un breve periodo. L’università deve preparare all’universo delle cose. Gli ingegneri che formiamo qui oggi, devono essere pronti ad adattarsi ai cambiamenti che ci saranno fra dieci anni. Si parte da una conoscenza che èeccellente, ampia, per trovare nel corso degli studi le specializzazioni in base alle attitudini di ognuno.

In particolare, col suo gruppo vi occupate di micro e macro conversione d’energia: in cosa consiste questa attività?

Il problema dell’approvvigionamento di energia trova risposta in Italia, tipicamente, nelle medie quantità come le piccole centrali turbogas, nelle rinnovabili come impianti eolici e fotovoltaici. Anche gli “estremi” sono però importanti: mi riferisco all’energy harvesting, ovvero la conversione in energia elettrica di piccole quantità d’energia disponibili nell’ambiente - sole, vento e vibrazioni meccaniche - per l’alimentazione, sul posto stesso,di dispositivi elettronici come ad esempioi sensori ambientali.

Parliamo di sensori usati per monitorare temperatura, umidità, PH di un liquido…

Esatto. Sensori che quando sono posti in ambienti remoti e disagiati, fanno risparmiare i costi d’installazione e manutenzione perché non è più necessario avere la rete elettrica a disposizione o sostituire batterie, essendo dispositivi piccoli, autonomi e resilienti.

In quali campi trova applicazione questa sensoristica?

Oltre che nell’agricoltura di precisione, può trovare applicazione in tanti campi tipici dell’Internet delle cose come il monitoraggio strutturale continuo degli edifici e delle infrastrutture strategiche comeponti, viadotti e gasdotti.

I vostri corsi di studio affrontano anche tematiche come l’energia nucleare, oggi tornata all’attenzione dei Governi per far fronte al fabbisogno d’energia… pulita.

Insieme ad altre Università e Centri di ricerca (CREATE, ENEA) ci occupiamo delle tecnologie collegate alla ‘fusione nucleare’, a confinamento magnetico e confinamento inerziale. Attenzione: fusione, non fissione nucleare che l’Italia ha bocciato col referendum del 1986.

Spieghiamolo con parole semplici.

La fusione nucleare è attualmente considerata la maniera migliore per garantire una fonte di energia di larga scala, sicura, rispettosa dell’ambiente e praticamente inesauribile. Non produce CO2 e si può utilizzare il deuterio e il trizio, isotopi dell’idrogeno, largamente disponibili in natura.In sintesi, la fusione nucleare è la maniera con cui il sole e le altre stelle sono “accese”. Ma per ricreare queste condizioni, ci vogliono macchine e tecnologie molto complesse: non a caso è una delle attività di ricerca su cui l’Europa ha investito moltissimo.

Si parla di ingenti risorse: perché è così importante questa ricerca?

Un domani che queste macchine funzioneranno, sarà possibile produrre grandi quantità di energia, senza scorie radioattive. C’è un aneddoto che spiega bene il concetto: una bottiglietta di mezzo litro di “acqua pesante” (D2O, contenente deuterio, comunque disponibile in natura) basterebbe al fabbisogno energetico di una famiglia per centinaia di anni. Avremmo una fonte praticamente ‘infinita’ per produrre energia.

Sembra un sogno, un mondosenza guerre per l’approvvigionamento energetico.

Alcuni dicono che è un sogno, sta di fatto che l’Europa ha investito miliardi di europer il mega-reattore nucleare sperimentale che “copierà il Sole”. Si chiama ITER, che in latino significa “strada”, un progetto sperimentale che vuole condurre l’umanità verso un nuovo modello di produzione dell’energia, auspicabilmente entro il 2060 (l’impianto è stato realizzato a Cadarache, nel sud della Francia, dove i lavori sono in fase avanzata e passi significativi arriveranno anche prima: l’accensione della macchina è infatti prevista nel 2025, la prima reazione di fusione nel 2035. Un investimento nel quale l’Europa e l’Italia hanno un ruolo di primissimo piano).

Questa ricerca, inevitabilmente apre la porta a nuove professioni.

Parliamo, ovviamente, di un qualcosa che non ha ancora applicazione ma fra un decennio potrebbe essere fondamentale: sono tematiche che diventeranno molto importanti nel prossimo futuro. Per questo vogliamo che i nostri laureati siano pronti alle future sfide dell’ingegneria energetica.

L’apertura dell’Università verso il mondo esterno, un tempo punto dolente, si manifesta oggi non solo con questi progetti di caratura internazionale ma anche attraverso attività di collaborazioni con associazioni d’impresa del territorio.

È importante non chiudersi verso l’esterno. Come per i prodotti agroalimentari d’eccellenza, che produciamo nel Sannio ma vendiamo nel mondo, anche noi dobbiamo essere aperti verso l’esterno vendendo tecnologia, vendendo conoscenza: possono essere i punti di forza di questo territorio. Ma come ci si arriva? Torno al discorso iniziale: con una conoscenza stratificata, a 360 gradi. Oggi è la “conoscenza” che permette di adattarci nell’immediato ed essere pronti per il futuro.

GIUSEPPE CHIUSOLO