Cultura - Storia curiosa di quattro termini del dialetto beneventano.

Storia curiosa di quattro termini del dialetto beneventano. Cultura

Le parole nel tempo Origine e significato di alcune espressioni dialettali Già nello scorso numero di Realtà Sannita mi sono cimentato a chiarire alcuni termini che trovano il loro uso nel dialetto beneventano. Questa mia presentazione non vuol essere in alcun modo un principio di elaborazione di un “dizionario etimologico” dei termini beneventani: occorrerebbe ben altra mole! E’ solo un campionario di parole che ho scelto tra quelle più note e di uso comune ancora oggi. Le etimologie che qui svilupperò sono “narrate” ma alla loro base hanno sempre una rigida struttura scientifica. Nel chiarire le parole che in seguito presenterò, cercherò di tenere la mano più leggera possibile, per farsi capire senza annoiare e, possibilmente, anche strappando qualche sorriso. Tutte cose che non disdicono affatto alla più severa delle scienze: l’etimologia. Spesso, tra gli amici, si usa questa espressione: “si na’ mappina”…..”è na’ mappina”. Il beneventano mappina, si traduce nel significato di “straccio”, “strofinaccio”, soprattutto quello usato per asciugare un po’ di tutto. Se lo straccio è usato più volte, si unge, si logora, si insozza. Di conseguenza chi viene definito in questo modo è tacciato di “ soggetto usato da tutti” al di sotto di “buono a nulla”. Assume, tuttavia, anche un significato opposto: valorizza il soggetto a cui è riferito: “ è nu’ figli e mappin”. Questo termine è di schietta derivazione classica. I latini chiamavano, infatti, mappa il panno di lino, il tovagliolo, la salvietta e mappa in questo significato era usatissimo nella nostra lingua fin nel Seicento. E’ rimasto nell’uso dialettale solo il diminutivo “pappina”. Però mappa è ben vivo in vari comunissimi significati. Quando si disegnarono per la prima volta i contorni delle terre fin allora conosciute, non si disegnarono su carta, ma su un pezzo di lino, di tela, cioè una mappa e di qui il termine latino mappa mundi , la mappa del mondo, in una parola sola italiana mappamondo. Per la stessa ragione abbiamo le mappe catastali e ogni altra mappa in genere: un disegno tecnico eseguito su un gran foglio di carta robusta che in origine non era una carta ma un tessuto leggero. Nello sviluppare il significato di “mappina”, ho citato anche il termine “salvietta”, che nel nostro dialetto si traduce: a sarviet, “piglia a’ sarviet”: dammi o prendi la salvietta. E’ un francesismo: è il francese “serviette,” derivato di “servir”, servire. E che dire della “buat”, “a buat de’ pummarol “. Altro francesismo: boite ha il significato di “scatola”. Ed ancora: “iat a mason”. E’ l’invito, alquanto rude, che la contadina urla alle galline a ritornare nel pollaio. Ed ancora: “vien priest u mason” dicevano negli anni venti, o giù di lì, le mamme ai loro figli: “rientra presto a casa”. Si perché maison in francese vuol dire appunto casa. Quanti francesismi nel nostro dialetto! Non ci sfugga che Benevento è stata città della Repubblica di Parigi.

CLAUDIO REALE