In un solo anno 1800 giovani in meno nel Sannio Economia

Assistiamo da anni, specialmente nelle aree interne, a un saldo demografico negativo tanto che, l’opinione pubblica sannita, risulta quasi abituata a questo sconfortante dato. Gli ultimi numeri disponibili, però, delineano un quadro da incubo che dovrebbe far destare anche chi ormai è meno attento alla questione. Per quale motivo? Perché stando agli ultimi dati Istat, nel 2020 per la prima volta la provincia di Benevento scende sotto i 270 mila abitanti perdendo ben 3085 persone. Per una parte di questi, il dato riguarda certo anche la mortalità da Covid che purtroppo incide anche nel Sannio, ma è un altro l’aspetto che deve suonare come un forte campanello d’allarme: di questi 3000 abitanti persi, 1800 sono giovani dai 18 ai 30 anni. Un dato agghiacciante, poiché in questo caso il Covid ovviamente non c’entra, ma si tratta di ragazzi che hanno deciso di migrare altrove, oltretutto in un momento storico in cui la denatalità la fa da padrone anche nella nostra terra.

Eppure, questo dato sembra essere passato ancora una volta inosservato anche da parte di chi dovrebbe preoccuparsi di provare a mettere in campo misure di contrasto allo spopolamento e alla desertificazione a cui il Sannio sembra sia avviato, lentamente, come un condannato alla pena capitale: procede lentamente ma, se nessuno fa nulla, l’epilogo sarà dei più tragici.

Su questo giornale abbiamo ampiamente parlato del fenomeno in questione, in tutte le sue sfaccettature, analizzando i motivi che costringono tanti figli di questa terra a emigrare in cerca di una possibilità. Dato che, però, questo inserto è dedicato ai giovani sanniti e scritto dagli stessi per far sentire la propria voce, forse a volte repetita iuvant. Conviene ripetere al decisore pubblico e alla classe dirigente sannita che risulta veramente incomprensibile, agli occhi di un giovane, come si possa proseguire nelle solite logiche clientelari volte solo al consenso e alla spartizione di potere fine a sé stesso. Senza voler per questo apparire catastrofisti, 1800 giovani che lasciano il Sannio in un solo anno è un numero su cui riflettere. È come se, improvvisamente, scomparisse un comune della provincia di Benevento come Pesco Sannita, Fragneto Monforte o Molinara.

La presa di coscienza collettiva deve essere dunque il primo passo da compiere, per interrogarsi poi su come provare a invertire la rotta. Certo, i decantati fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il cosiddetto Recovery Fund, possono senza subbio rappresentare un’occasione anche per la nostra terra se saremo capaci di proporre progetti giusti. Ma non possiamo fare finta che ciò possa bastare per invertire un destino che appare segnato. Serve visione, progettualità, capire dove sia necessario intervenire al di là dei campanilismi di sorta e della ricerca del consenso elettorale del momento. I giovani sanniti, non possono restare solo con le promesse fatte ogni cinque anni in campagna elettorale, serve di più, servono fatti che possano offrire una speranza a cui, chi vuole restare, possa aggrapparsi. Da questo punto di vista occorre innanzitutto dotare il Sannio dei servizi necessari, come ripetuto tante volte su queste pagine, come trasporti, banda larga, infrastrutture. Su questi temi strategici non serve la contrapposizione costante con altre aree interne come l’Irpinia, ma la capacità della nostra classe dirigente di far valere le nostre ragioni nelle sedi competenti per tempo, non versare lacrime di coccodrillo a cose fatte.

Servirebbe però anche fare di necessità virtù, sempre in nome di quella visione a lungo termine, come si fece ai tempi della Cassa del Mezzogiorno. Giuseppe De Rita, nel suo libro “Il lungo mezzogiorno”, ci dice che la Cassa, pur con tutti i limiti di quell’esperienza, ebbe un grande merito, ossia “annunciava e cantierizzava”, avendo però quella visione che oggi manca e una connessione con il territorio e le sue esigenze, costruendo quindi opere necessarie e non cattedrali nel deserto. È triste constatare che quelle opere sono spesso e volentieri ancora oggi, dopo decenni, la spina dorsale del Mezzogiorno d’Italia. Si riparta da qui.

La sfiducia e la perplessità dei ragazzi si deve combattere con il fare. Cominciando dalle cose piccole ma grandi, il problema dello spopolamento non si risolve certo costruendo cinque aree industriali in cinque comuni diversi ma limitrofi, nelle quali magari non riusciamo neanche a riempirne adeguatamente una. Non si risolve costruendo cinque impianti sportivi all’avanguardia negli stessi cinque comuni limitrofi di cui sopra, se poi fra tutti i comuni non riesci a formare forse una squadra per categoria. Ma di questi esempi potremmo farne tanti. La logica del proprio orticello non va più bene, è una strategia ormai fallimentare, si ottimizzino le risorse e le idee. Che si adotti una visione strategica, così la voglia di fare anche dei ragazzi uscirà fuori. Se si persiste attuando politiche sterili, perderemo ben più di quei 1800 ragazzi, molti dei quali, sicuramente, potendo restare lo avrebbero fatto.

Intanto mentre il giornale va in stampa apprendiamo con molto piacere che l’Ordine degli Architetti di Benevento presenterà il “Master Arìnt di II livello- Architettura e Progetto per le Aree Interne e per i Piccoli Paesi”.

Ed allora forse qualcosa si muove. Speriamo.

ALESSIO ERMENEGILDO SCOCCA