La rinascita del Sannio Economia

La statistica del Sole 24 ore sulla qualità della vita nelle province italiane fa suonare, anche quest’anno, un campanello d’allarme per il Sannio. L’analisi condotta è declinata in 3 fasce: bambini, giovani e anziani. Per quanto riguarda l’infanzia, i risultati sono scarsi, principalmente per cause economiche legate al basso potere reddituale delle famiglie (per esempio l’incidenza delle rette per asilo nido sul reddito medio è tra le più alte in Italia).

A questo si aggiunge la denatalità crescente, che contribuisce a complicare il preoccupante quadro demografico. Ricordiamo, infatti, come nel 2020 per la prima volta la provincia di Benevento sia scesa sotto i 270mila abitanti, perdendo ben 3085 abitanti. Anche considerando le morti causa covid-19, rimane un dato allarmante.

Anche per quanto riguarda la terza età i dati non sono positivi, e i problemi riscontrati sono ancora di natura economica. Benevento si piazza 98esima posto per livello delle pensioni di vecchiaia (dunque tra le più basse in Italia).

Ma il dato che andremo ad analizzare in maniera più approfondita riguarda i giovani. Infatti, il Sannio appare un territorio paradossalmente “a misura di giovani”, nonostante l’economia in affanno. Sostanzialmente, questo risultato si deve al sistema universitario e al numero di laureati in proporzione al totale dei giovani (47esima posizione in ambito nazionale).

Basta guardare agli ottimi risultati raggiunti dall’Unisannio, classificatasi 107esima nella classifica mondiale della Times Higher Education World University Rankings delle università “giovani”, ovvero con meno di 50 anni di esperienza (ricordiamo che l’Unisannio è stata istituita nel 1998). Di gran rilievo anche la cooperazione con l’Università degli Studi del Molise e l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale per l’istituzione del corso di laurea magistrale inter-ateneo in Ingegneria Biomedica.

Il progetto punta alla creazione di un network che garantisca la cooperazione di docenti, studenti e laboratori che porti alla creazione di progetti competitivi a vantaggio della comunità. In tal modo, le specificità di ogni Università vengono raccolte nello stesso corso di laurea: medicina e bioingegneria dell’UniMol, ingegneria e ICT applicate in campo medico dell’Unisannio e robotica e strumentazioni mediche dell’UNICAS. Altro polo formativo di rilievo è sicuramente il Conservatorio Statale di Musica Nicola Sala, che anche quest’estate ha colorato splendidamente diversi angoli della città nei giorni della Festa Europea della Musica (tenutasi 19,20 e 21 Giugno).

Dalla musica barocca in costume, al jazz, dalla musica da camera al rock e al drum and bass, si sono tenuti vari concerti che, coordinati dal conservatorio, hanno intonato un inno alla rinascita post pandemica.

Ma se da un lato troviamo diversi poli universitari all’avanguardia, il dato preoccupante riguarda il saldo migratorio, ovvero la capacità di attrazione verso i giovani e, simmetricamente, la migrazione dei giovani verso altri territori. Quest’ultima è altissima nella nostra provincia, che si classifica infatti 102esima per saldo migratorio.

Dunque da un lato il Sannio produce ottime professionalità, ma dall’altro la maggior parte dei laureati sceglie di spostarsi per cercare e trovare lavoro. Il tessuto imprenditoriale non solo non riesce ad attrarre giovani da altri territori ma fatica anche a trattenere i professionisti sanniti (nonostante alcune eccellenze del territorio).

Si tratta dello stesso problema che si verifica anche a livello nazionale, causa principale della cosiddetta “fuga di cervelli”: l’offerta di professionisti sempre più specializzati non incontra la corrispettiva domanda di posti di lavoro congrui. Infatti, considerando anche che la nostra economia si regge perlopiù sulle piccole e medie imprese, non viene premiata tanto la diversificazione e l’innovazione quanto la specificità su precise mansioni.

Dunque, paradossalmente, un’istruzione elevata rischia di diventare un “handicap” per future assunzioni. Secondo un rapporto dell’OECD del 2018, il 40% dei giovani in Italia non ha le competenze adatte per il lavoro che sta attualmente svolgendo: il 20% è sovra qualificato (dunque potrebbe scegliere di emigrare), e il restante 20% è sotto qualificato (destinato a rendere l’impresa meno produttiva).

Le soluzioni potrebbero essere diverse. In primis l’innovazione dovrebbe diventare uno dei focus principali, e le imprese dovrebbero essere incentivate ad investire in questo senso. In secondo luogo, bisognerebbe dare maggiori possibilità ai giovani di costruire sul territorio. Una rinascita in questo senso è senz’altro auspicabile.

ANTONIO SPINA