L'agricoltura sannita: tradizione e innovazione per guardare al futuro Economia

Nei giorni scorsi un interessante convegno di Confagricoltura ci ha fatto considerare che l’agricoltura sannita, per tutta la metà del secolo scorso, si è mossa con la convinzione che l’innovazione è importante ed essenziale, se mira però a migliorare la produttività e la qualità senza cancellare la tradizione.

I prodotti agroalimentari, oggi più che nel passato, sono apprezzati se, oltre ad esprimere una particolare qualità gustativa, dimostrano di essere storicamente legati al territorio. Tuttavia il legame ad un particolare territorio non deve significare chiusura verso le innovazioni tecnologiche. In ogni caso la tecnologia è importante se riesce a preservare, e rendere sempre più produttiva la tradizione.

Nel convegno di Confagricoltura si è discusso soprattutto delle cosiddette “Tecnologie di Evoluzione Assistita (T.E.A.)” applicabili in particolare alla produzione del vino e dell’olio d’oliva, due colture che hanno caratterizzato la storia e non solo l’economia del Sannio dell’ultimo millennio e oltre.

Nella seconda metà del secolo scorso, mentre in varie province appenniniche ci si illudeva di trasformare proficuamente l’economia locale con ampi insediamenti dell’industria metalmeccanica, ritenendo che in tal modo le aree di altura si sarebbero adeguate a quelle più sviluppate di pianura e costiere, nel Sannio invece si mirava non tanto a modificare la tradizione agricola quanto piuttosto ad espanderla e modernizzarla.

Soprattutto dalla vicina Avellino ci vennero molte critiche, specificamente di natura politica. L’Irpinia, difatti, risultava avvantaggiata dagli interventi del post-terremoto del 1980, e soprattutto con i finanziamenti della legge 219 tentò di fare un salto verso l’industria metalmeccanica: appunto diverse aziende del Nord si insediarono anche in provincia di Avellino e non solo la FIAT di Flumeri. Il Sannio venne considerato come l’unica provincia campana senza una prospettiva di sviluppo, ma non si tenne conto che a fronte della FIAT di Flumeri a Benevento venne creata la prima Università delle zone interne.

Quarant’anni fa ci dicevano che noi sanniti sbagliavamo a puntare innanzi tutto sull’agricoltura, secondo la visione politica di Mario Vetrone.

Si puntava, difatti, più sull’industria agroalimentare che non su quella metalmeccanica. Con questo criterio si tendeva a modernizzare e valorizzare alcune produzioni tipiche locali: principalmente il vino, l’olio, il tabacco, la carne bovina.

Si partì con l’ammodernamento e la specializzazione dei vigneti e degli oliveti, che fino ad allora avevano rappresentato colture promiscue e poco produttive. In seguito si puntò anche al potenziamento delle stalle bovine. Ma vi fu un quarantennio -dagli anni ‘70 al 2000- segnato dal primato della tabacchicoltura sannita. Sotto certi aspetti vi fu una specie di epopea tabacchicola.

Non è che con quella strategia agricola il Sannio sia diventato un territorio ricco. Siamo diventati soltanto la provincia che produce oltre il 50% del vino campano ed in rapporto alla superficie territoriale siamo ormai la prima provincia in campo olivicolo. Il primato della tabacchicoltura è finito perché questa produzione è stata ormai decimata in tutto il mondo e l’Unione Europea l’ha cancellata dalle colture protette.

Indubbiamente molte cose restano ancora da fare anche in agricoltura, sebbene vada rilevato che la vicina Irpinia, che ha puntato tutto sull’industria metalmeccanica, non registri una posizione di vantaggio rispetto al Sannio che invece ha puntato più sull’industria agroalimentare ,e non ha fatto spendere tanti miliardi di euro allo Stato, come invece è avvenuto in Irpinia con la legge 219.

Produciamo molto ma ricaviamo poco. I nostri vigneti sono tutti, o quasi, specializzati e molto produttivi, e quindi si tratta di vigneti pronti a ricevere le nuove tecnologie della cosiddetta T.E.A. E non solo i vigneti: anche gli oliveti e gli allevamenti, soprattutto quelli che producono carne di alta qualità, come il Vitellone Bianco dell’Appennino, la cosiddetta”Marchigiana del Sannio”, sono molto produttivi.

Pochi sanno o fingono di non sapere che a sud della Toscana, in Italia meridionale, soltanto nel Sannio si produce una carne bovina di alta qualità con il riconoscimento IGP europeo.

Non è cosa di poco conto, ma non può bastare l’aumento della produttività se il reddito agricolo aziendale resta ai livelli attuali.

Disponiamo delle più efficienti Cantine Sociali del Mezzogiorno, di un’elevata produttività degli oliveti, della più significativa qualità di carne bovina: tutto ciò certamente trarrà vantaggio dall’introduzione di moderne innovazioni tecnologiche del tipo T.E.A., tuttavia non può trattarsi soltanto di un vantaggio produttivistico. Non dobbiamo stancarci di ripetere che l’agricoltura sannita, negli ultimi sessant’anni, ha fatto notevoli passi sul piano tecnico-produttivo, ma ora deve assolutamente fare gli stessi passi sul piano economico del reddito aziendale.

ROBERTO COSTANZO