Così ho fotografato Padre Pio Società

In occasione della presentazione agli organi della stampa sannita della mostra storico-fotografica di Elia Stelluto dedicata a San Pio da Pietrelcina, ci siamo intrattenuti in cordiale colloquio con l’autore. La mostra verrà inaugurata il prossimo 5 maggio e si potrà visitare sino al 31 maggio in tutti i giorni feriali, sia di mattina che di pomeriggio.

Si tratta di una eccezionale mostra personale di Elia Stelluto, fotografo storico di Padre Pio, originario di San Giovanni Rotondo.

La mostra è intitolata “Mirabilia Fidei (Le meraviglie della fede): Il Cammino di Padre Pio nelle foto di Elia Stelluto”. Lo straordinario evento artistico è stato organizzato dalla Provincia di Benevento e dall’Associazione culturale “La Conchiglia”, il cui presidente è Paolo Palumbo, per onorare il 125esimo anniversario della nascita di San Pio da Pietrelcina, 25 maggio 1887, e il decimo anniversario della canonizzazione del santo Frate stigmatizzato di Pietrelcina avvenuta in Piazza San Pietro il 16 giugno 2002 e, ancora, per rafforzare il legame territoriale nonché spirituale tra Padre Pio e la Città di Benevento, difatti il Santo sannita ha fatto parte del clero beneventano per poco meno di un anno come sacerdote secolare dal 25 febbraio 1915, quando il Papa lo autorizzò, concedendogli una sorta di indulto, a portare l’abito francescano in Pietrelcina, con funzioni, ufficiose e di fatto di viceparroco, quindi gli permise di indossare il saio fuori dal convento e fino al suo trasferimento definitivo a Foggia nel Convento di Sant’Anna, il 17 febbraio 1916.

Nel corso della conferenza stampa sono intervenuti: il prof. Paolo Palumbo, il presidente Aniello Cimitile, mons. Pompilio Cristino, il fotografo Elia Stelluto e Vilma Tarantino, responsabile Cai Terre Alte.

Maestro come ha iniziato l’attività di fotografo?

Naturalmente a San Giovanni Rotondo nei primi anni del secondo dopoguerra, era il 1947, frequentando il laboratorio fotografico di Federico Abresch. Voglio ricordarle che sono della classe 1935, e, appunto, all’età di 12 anni ho iniziato come apprendista questa attività.

Ci dica qualcosa di questo personaggio Abresch

E’ stato il primo e unico fotografo, in quegli anni, a San Giovanni Rotondo, proveniva da Bologna. Posso benissimo dire, come d’altra parte lo ha definito il mio amico scrittore Angelo Maria Mischitelli, che è un personaggio di importazione, mezzo italiano, mezzo tedesco, convertito al cattolicesimo per convenienza matrimoniale e alla fede da Padre Pio. Volle stabilirsi a San Giovanni Rotondo dove aprì lo studio fotografico e l’unico soggetto che cercava di fotografare era Padre Pio.

Come ha iniziato a frequentare questo studio fotografico?

Fu la Signora Abresch, a cui facevo la spesa, ad indirizzarmi dal marito. E, così, tra una spesa ed un’altra, iniziai a familiarizzare nel laboratorio fotografico del marito, Federico Abresch, con rollini, acidi evidenziatori, fissatori e pellicole. Quindi con Abresch iniziai ad usare la macchina fotografica e a sviluppare rollini nella camera oscura.

E come ha iniziato a fotografare Padre Pio?

Fu Abresch a mandarmi in chiesa la prima volta a fotografare Padre Pio. Padre Pio non voleva farsi fotografare, e appena notava Abresch lo bloccava, lo mandava via. Quindi lui mi mandò, appunto, nel posto dove non poteva andare o entrare a scattare fotografie.

Si ricorda il primo scatto che ha fatto a Padre Pio?

Certamente! Un giorno Abresch mi disse che voleva una foto di Padre Pio con la mano benedicente, naturalmente senza mezzi guanti in modo che si vedesse bene la mano piagata. Mi promise cinque mila lire se avessi portato a termine l’operazione. Accettai! Molto prima dell’alba ero già in chiesa, io avevo la possibilità di entrare in convento perché facevo il chierichetto. Mi piazzai vicino all’altare di San Francesco dove lui celebrava Messa, mi sistemai in prima fila, naturalmente con il permesso delle pie donne. Attesi pazientemente la benedizione e scattai la foto con il flash a un metro e mezzo di distanza dal celebrante. La violenta luce dette fastidio a Padre Pio, ed esclamò: - Chi è quello lì? Chiamate i carabinieri! Fatelo arrestare! -. Dopo andai a scusarmi mortificato in sacrestia. E Padre Pio mi disse: - Ah! Sei tu! Sienti vagliò! Tu puoi farmi tante fotografie, quante ne vuoi, ma senza quei lampi! Mi abbagliano la vista!-. Ed io gli dissi che era impossibile fare fotografie senza luce, le pellicole sono poco sensibili. Era davvero difficile fargli foto con la sola luce delle due candele dell’altare. Non ci fu niente da fare. Con lui non potetti mai più usare la luce del flash. E da allora gli ho fatto tantissime foto senza il flash. Con immensa meraviglia dei miei occhi, tutte uscivano perfette, nitide, con solo la flebile e traballante luce delle due candele dell’altare, sembravano come se fossero state scattate alla luce del sole.

Il nostro collega Mischitelli, ci ha raccontato come Padre Pio apostrofò la sua macchina fotografica?

La paragonò, la scambiò per un “mastrillo”, per la trappola per i topi. E mi disse: - Vagliò, che vai facenne cu chillu mastrillu! -.

Poi come è proseguita la sua carriera di fotografo?

Da apprendista del maestro Abresch, poi aprii in paese un laboratorio fotografico tutto mio. In pratica divenni un fotografo professionista. E da allora possiedo migliaia di negativi del Santo e una parte di essi sono diventate le stupende mega fotografie della mostra che allestiremo in questi belli locali della Rocca dei Rettori, che per l’occasione verrà trasformata in una immensa galleria d’arte. Per tutto questo, e ancora dico grazie al Santo, sono conosciuto come il fotografo storico di Padre Pio.

Anche a Pietrelcina abbiamo potuto apprezzare le sue foto nel Museo fotografico allestito in Via Santa Mara degli Angeli?

E’ vero, circa dieci anni fa, insieme ai miei amici pietrelcinesi: ing. Antonio Tizzani e Antonio Meola, falegname, costituimmo una società, acquistammo i locali, li ristrutturammo e demmo vita al primo museo fotografico di Padre Pio allestito nei pressi della casa natale del Santo. Voglio anche ricordare che poi, in Pietrelcina, è continuata la collaborazione con lo scrittore pietrelcinese Veneziano Scocca e le mie foto, difatti, sono presenti in tutti i suoi libri che ha pubblicato sulla vita di Padre Pio. E se ricordo bene allora avvenne la nostra conoscenza dalla quale scaturì la prima intervista che mi chiese. E, nel corso della quale, scoprimmo anche che avevamo un amico comune: lo scrittore Angelo Maria Mischitelli, che è stato fratino nel Seminario Serafico di Pietrelcina, oggi professore in pensione. E in quel periodo comprai anche casa alla periferia del paese natale di Padre Pio. Tra le altre cose, voglio riferirle che i locali del Museo fotografico di Pietrelcina ora sono in vendita.

Veniamo a questa mostra fotografica, quante foto verranno esposte e che dimensioni hanno?

Io ne ho preparate circa 500, poi non so quante veramente verranno esposte. Le loro dimensioni sono di 50x70 centimetri, le ho prima sviluppate e poi ingrandite nel mio laboratorio fotografico

Perché la mostra è stata intitolata “Il Cammino di Padre Pio nelle foto di Elia Stelluto”?

Il titolo glielo dato io e significa il Cammino di Padre Pio verso la santità attraverso le mie foto, tra quelle più belle e tra quelle più significative che sono state scattate dal 1947 al 1968, dentro e fuori al convento, quindi ben 21 anni di scatti, di fotografie.

Cosa vuole aggiungere in merito a Padre Pio come soggetto principale delle sue foto?

Non era affatto un soggetto facile da fotografare. Allora nessuno poteva entrare in convento e fotografarlo. A me si affezionò, gli servivo la messa, insomma gli facevo da chierichetto. Poi voglio ricordare che non era affatto burbero, era dolce, scherzoso, raccontava persino molte barzellette. A lui sono molto grato, con le sue foto è iniziata difatti la mia carriera professionale come fotografo storico di Padre Pio. E tutto iniziò con quella foto di 5mila lire. Pensate Abresch mi dava 500 lire al mese, quella foto mi fece guadagnare circa un anno di paga. E, ancora, quella foto con la mano benedicente Abresch l’ha chiamata “La benedizione tra i garofani”, perché l’altare di San Francesco era addobbato con i garofani. Quella foto è molto conosciuta, è stata riprodotta in migliaia e migliaia di esemplari, veniva usata anche come cartolina postale, in pratica ha fatto il giro del mondo. E tutte le riproduzioni portano sul retro di ognuna l’inconfondibile timbro allungato con inchiostro azzurro “Foto Abresch. San Giovanni Rotondo (Fg)”!

Cosa ha in cantiere il fotografo storico di Padre Pio, ovvero l’artista Elia Stelluto?

Ben due mostre fotografiche, entrambe a San Giovanni Rotondo: la prima, dal prossimo 15 maggio, esporrò per diversi giorni le foto del papa Giovanni Paolo II quando venne a San Giovanni Rotondo nel 1987, quindi per onorare il 25esimo anniversario della sua venuta in San Giovanni Rotondo; la seconda, dal prossimo 12 giugno presenterò le foto della santificazione di Padre Pio avvenuta in Piazza San Pietro il 16 giugno 2002, quindi per onorare il decimo anniversario della sua canonizzazione. Entrambe avranno come sede la prestigiosa Sala Francesco Fiorentino sita nel Palazzo Comunale e tutte le foto avranno la dimensione di 50x70 centimetri.

ANTONIO FLORIO 

 

Nella foto Padre Pio con un giovane Elia Stelluto

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