Fantascienza a Benevento Società

Individuare percorsi personalizzati per aggredire cellule tumorali, calcolare il rapporto costi/benefici dalla trasformazione dei rifiuti per produrre energia, usare le più moderne tecnologie per mettere a punto processi di ricerca e applicativi. Di questo (e di altro) si è parlato a Futuridea, nell'ambito della 14^ Settimana della Cultura Scientifica e della creatività studentesca.

Ma non è stato soltanto un dibattito di tipo culturale, per far conoscere alla “arretratezza locale” ciò che avviene in altre parti del mondo. E' stata, piuttosto, una testimonianza costituita da esperienze che sono già in atto qui, a Benevento.

Che l'Università del Sannio produca progetti e percorsi operativi nell'ambito delle nano-tecnologie e che sia impegnata non solo nella didattica ma anche nella ricerca applicata su queste tematiche “avveniristiche”; che anche l'Azienda Ospedaliera “Rummo” partecipi a sostenere e sperimentare la ricerca per una diversa concezione della “cura” del cancro; che professionalità locali siano capaci di elaborare, presentare e sostenere progetti di innovazione in settori tradizionali quali l'agricoltura: tutto questo è stato dimostrato che è possibile, perché già si fa con esiti concreti.

C'è un aspetto, per così dire, metodologico che va messo in ulteriore risalto. Ed è la capacità, altrettanto dimostrata perché sperimentata, di stare sul “mercato della progettazione” anche per quanto riguarda i canali dei finanziamenti. E qui si apre un altro discorso, che vede al centro il ritardo delle amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle degli enti locali.

L'arretratezza culturale della nostra organizzazione pubblica territoriale è la vera palla al piede dello sviluppo. Procedure burocratiche contorte e oscure, l'ossessione della forma cartacea, l'ignoranza della transazione informatica (il web), gli strumenti di bilancio come ostacolo e non come vie di indirizzo, tutto questo non è indifferente rispetto alle scarse realizzazioni progettuali che dalle periferie pervengono ai centri di spesa (nazionali ed europei).

Chi, però, affrontando la fatica (e il rischio) di spese iniziali,approda ai tavoli decisionali e si vede riconosciuta la validità tecnica e procedurale di un progetto, dimostra in maniera lampante che progettare l'innovazione si può, conviene e trova soggetti pronti a riscontrare positivamente la domanda.

Il forum di Furturidea era aperto a tutti e la partecipazione è stata significativa sul versante degli addetti ai lavori.

Si è avuta una ulteriore prova, invece, della incomprensione della “politica amministrata” a tuffarsi in una dimensione che le consentirebbe di assidersi in un ruolo guida nel processo di governo della realtà storica nella quale dovrebbe vivere.

Sapere che a Benevento si fa la “fantascienza”, nel senso che ciò che potrebbe apparire come fantastico è invece realtà operante, potrebbe spostare di un qualche decennio in avanti l'agenda degli incontri interpartitici, ma anche dei fitti pourparler interpersonali ai quali sembrano dediti h24 (come si dice adesso) assessori, consiglieri e portavoti.

La giornata di Futuridea,quindi, al di là del lustro procuratole dalla presenza del sottosegretario all'Istruzione (l'ex maestro di strada Marco Rossi Doria, figlio del meridionalista che inventò la teoria dell'osso e della polpa), nonché dal passaggio di sbrigativi parlamentari nazionali e regionali, pone una questione cruciale, che è appunto quella della modernità applicata (o applicabile) alla politica.

Che cosa fare dei rifiuti, per esempio, è materia di competenza locale. Compete (nel senso che ne ha il potere, ovvero la funzione decisionale) all'ente locale organizzare la raccolta, lo smaltimento e la trasformazione di ogni tipo di rifiuto. E' una operazione complessa che riguarda aspetti economici (quanto può arrivare a costare, fino a quanto è sostenibile dagli utenti trattati come sudditi - poiché le tariffe sono elevate a “tassa” - ), i quali sono, peraltro, strettamente legati alla scelta di soluzioni tecnologiche funzionali razionalmente all'economia di costi. Non è la stessa cosa, tanto per stare ad esempi di nostra conoscenza, se ci si limita a programmare solo la raccolta (tanto più accurata e tanto più costosa), per “regalare” il raccolto ad altri soggetti che ne fanno un utilizzo commerciale. Al cittadino interessa sapere per quali ragioni la monnezza di Napoli si deve imbarcare, pagando, su una nave che la porta in Olanda dove altri ne ricavano profitti dalla fase di trasformazione.

Conoscere che esistono processi di trasformazione realizzabili in loco significa poter prevedere abbattimenti di costi di trasporto oltre a disporre dei “prodotti” della trasformazione, che sono energia elettrica o gas o compost o inerti utilizzabili in edilizia e/o in lavori pubblici. Pensare ad una trasformazione in loco dei rifiuti significa anche prevedere una occupabilità di figure professionali di vario livello, ivi compresi livelli tecnico-dirigenziali; per non parlare della “esportabilità” di processi produttivi.

Non si può immaginare il futuro, sprecando risorse (i rifiuti possono essere una risorsa), sperando in ipotetiche nuove fasi di spesa pubblica spensierata.

Per fare un altro esempio, l'occupabilità di forze lavoro in una ipotetiche piattaforma logistica non consiste in ciò che una singola provvidenziale sigla svedese può garantirci, ma sta nella struttura organizzativa, fatta anche di tecnologie informatiche capaci di garantire efficienza, abbattimento dei tempi decisionali, interconnettività: con ciò solo risultando “attraente”, perché conveniente e concorrenziale, ad una molteplice gamma di possibili utilizzatori.

Non è concepibile, insomma, una classe politica alla guida di enti locali che si disinteressi dei processi culturali in atto sul proprio territorio. Né sarebbe sostenibile l'idea, trattandosi di innovazioni tecnologiche soggette a cicli brevi e a rapida obsolescenza, di stare fermi e aspettare la “prossima” stagione.

Il discorso non riguarda, evidentemente, soltanto quella sparuta pattuglia di attuali consiglieri e sindaci, ma soprattutto le dirigenze dei partiti dei sindacati, dell'associazionismo e - perché no? - delle varie burocrazie. “You ar wath you know”, stava scritto in un'aula di una scuola a Filadelfia. Tu sei ciò che conosci. E se non si conosce non basta l'onestà per poter dire di sapere amministrare.

MARIO PEDICINI