Nuovi scenari di guerra al tempo dei computer Società
Sembra si siano raffreddati i bollenti ardori di Kim Jong-un, leader nordcoreano non ancora trentenne (probabilmente il più giovane capo di Stato al mondo, peccato però che lo Stato in questione sia retto da un regime dittatoriale) che appena poche settimane fa minacciava guerra non solo nei confronti dello storico nemico, la Corea del Sud, ma anche degli Stati Uniti e di tutto il mondo occidentale. A meno di ulteriori colpi di testa, pare proprio che il pericolo di un conflitto imminente sia stato sventato.
Ma come si svolgerebbe una guerra nel XXI secolo? Cos’avrebbe in comune con i conflitti del passato e quali sarebbero invece le innovazioni che le più recenti tecnologie hanno apportato nel campo bellico? Se fosse ancora vivo, forse Salvatore Quasimodo apporterebbe qualche aggiornamento (o upgrade, per dirla in termini informatici) alla sua celebre poesia Uomo del mio tempo: anziché parlare di carro di fuoco e di carlinga, forse scriverebbe “Eri alla tastiera, con le dita maligne, le coordinate di morte“. Perché al giorno d’oggi, in una guerra, il bilancio di vite stroncate dipenderebbe, più che dalle dita che premono un grilletto o che azionano un cannone, da quelle che agiscono su un computer.
L’uso dei droni da guerra, dei velivoli Predator privi di pilota e di altri strumenti impersonali di guerra a distanza è una delle principali novità nei conflitti odierni. Diciamo la verità: l’impiego di truppe a terra è ancora una necessità, specialmente nelle fasi successive ad un conflitto, quelle cosiddette missioni di peace-keeping, ossia mantenimento della pace, che paradossalmente in Afghanistan e in Iraq hanno visto un maggior numero di vittime rispetto alla guerra vera e propria. Ma in un eventuale scontro in campo aperto tra due eserciti regolari, l’uso di soldati sarebbe altamente sconsigliabile.
Le moderne tecnologie consentono a chi ne dispone di condurre una campagna militare impegnando sul fronte il minor numero possibile di uomini. I satelliti spia in orbita geostazionaria possono fornire una quantità d’informazioni utili a pianificare una strategia bellica senza bisogno di mandare truppe in avanscoperta (ed i satelliti non possono essere attaccati o distrutti da terra); per rilevamenti più dettagliati si ricorre agli aerei spia senza pilota, molto più piccoli di un caccia e per questo difficoltosi da rilevare ai radar e ancor più da abbattere. Gli stessi velivoli teleguidati possono compiere un bombardamento su obiettivi mirati senza che nessun essere umano sia presente a bordo: tutto viene gestito da una centrale, che può essere situata a poche centinaia di chilometri dal luogo dell’operazione se non addirittura in un altro continente.
Certo, attualmente queste tecnologie sono all’avanguardia, costano moltissimo e sono pochissimi gli Stati che ne dispongono, ma non è avvenuta la stessa cosa in passato con tutte le armi, dalle prime lame in ferro fino alla bomba atomica? Cosa accadrebbe se un giorno, quando tutte le nazioni avessero a disposizione una flotta di bombardieri pilotati a distanza, scoppiasse una guerra? La morte pioverebbe dal cielo mentre i suoi latori, coloro che con un clic su una tastiera sganciano le bombe, si troverebbero al sicuro, celati in qualche bunker blindato, osservando i risultati delle proprie azioni in un monitor, quasi come se non vi fosse più differenza tra una guerra reale ed un videogioco di simulazione.
Verrà forse il giorno in cui i soldati migliori non saranno i più forti da un punto di vista fisico, ma i più in gamba davanti ad un computer. Possiamo solo sperare che l’umanità quel giorno sia abbastanza matura da evitare una forma d’annientamento così fredda ed impersonale, ma non per questo più civile di quando chi uccideva un nemico si ritrovava le mani imbrattate di sangue.
Saluti dalla plancia,
CARLO DELASSO