Tutti i pericoli dell'anonimato in internet. I siti pedofili Società

Oscar Wilde una volta disse: “Se tutti gli uomini indossassero una maschera, ognuno mostrerebbe il suo vero sé”. Un aforisma quanto mai profetico: non poteva sapere, lo scrittore e commediografo irlandese, che circa un secolo dopo la sua morte la tecnologia avrebbe reso possibile pressoché a tutti di mostrare il proprio sé non indossando una maschera, bensì un avatar ed un nickname.

Sebbene negli ultimi anni l’introduzione di social network quali Facebook e Twitter abbia un po’ modificato quest’abitudine (su entrambi i notissimi siti infatti ci si registra con il proprio nome e cognome), uno degli aspetti più affascinanti ed al contempo sconcertanti di internet, sin dagli albori della sua diffusione, circa a metà degli anni ‘90, era appunto quello di potersi registrare ed apparire visibili agli altri non con il proprio nome e volto, ma utilizzando un artifizio dal nome accattivante, il nickname (o semplicemente nick). Un nome di fantasia (si sarebbe potuto anche definire pseudonimo, ma il mondo del web è più a suo agio con l’inglese piuttosto che col greco antico), liberamente scelto da ognuno, che possa identificarlo in una o più comunità virtuali, in maniera tale che ciascuno sia libero persino di scegliere diversi nick a seconda delle occasioni, come se si trattasse di un abito.

Il nickname non fa il monaco, potremmo dire a questo punto, perché se ci capita di chattare con un gladiatore75 o con una scarlett.johansson94, è inutile fantasticare di muscoli possenti o bionde fascinose; è più probabile che dietro quei nick si nascondano un geometra calvo con la pancetta ed un’adolescente con l’acne e l’apparecchio ai denti. Magari oltre che dal nickname, potremmo essere anche tratti in inganno da un avatar attraente. E fin qui, siamo nell’ambito dei puri e semplici peccati di vanità: non si può certo fare una colpa a chi vuole disfarsi, almeno sul web, di un’identità che spesso non si addice ai propri desideri ed alle proprie passioni. In fin dei conti, l’utente medio di internet è abbastanza scafato da sapere che non è tutto oro quello che luccica.

Il problema è quando si approfitta dell’anonimato offerto dalla rete per dare libero sfogo ai peggiori vizi, o per sfoderare aspetti del proprio ego che abitualmente si terrebbero relegati e nascosti alla conoscenza dei più. Una volta approdati in rete, infatti, molti colgono l’occasione di non essere riconosciuti per dedicarsi a passatempi di cui non farebbero parola con nessuno; non è un mistero che il maggior giro d’affari generato dal web sia legato ai siti pornografici: scaricare video e foto è molto più discreto che recarsi fisicamente in un locale a luci rosse o in un sexy shop, dove si potrebbe sempre incappare in qualche conoscente. Fin qui, nulla di così grave; il peggio arriva quando internet diviene un mezzo non per trasgredire la morale comune, ma le leggi.

Un esempio calzante, forse il peggiore, è quello dei tristemente noti gironi infernali della pornografia infantile. Ogni volta che associazioni come l’Unicef o Telefono Azzurro rendono note le cifre dei siti internet con foto e video di minori ripresi in atti sessuali, si rimane sconvolti: poiché se esistono così tanti siti, significa che gli utenti sono ancora più numerosi. E su internet esistono addirittura siti che difendono la pedofilia come pratica sessuale legittima e manifesti ideologici dei pedofili. La maschera è stata data a tutti, ma alcuni, a quanto pare, hanno scelto d’indossare quella del lupo cattivo.

Saluti dalla plancia,

CARLO DELASSO 

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