L'eremo di San Michele tra storia e fede Chiesa Cattolica

Dall’aurora all’alba, dallo spuntar del nuovo giorno al tramonto, quando le ombre della sera riaffiorano e ridisegnano nel cielo i cromatismi di nero e di grigio, rischiarati dai bagliori degli astri notturni, gli occhi dei “foglianesari” rivolgono gli sguardi all'eremo di San Michele Arcangelo, incastonato nella roccia frastagliata ed irregolare, simile ad una falesia.

La costruzione del luogo di culto, dedicato al Principe degli Angeli, risale tra l’VIII e il XI sec., d.C., edificato dal fiero e bellico popolo longobardo, convertitosi dal paganesimo al cristianesimo.

La sua fondazione risulta incerta, per la mancanza di documenti, tuttavia l'eremo viene menzionato per la prima volta in un decreto, datato 23 maggio 1038. La notizia si evince tra i beni del monastero di Santa Sofia, in Benevento, riportata da Corrado II, detto il Salico (990-1039), nel documento rinvenuto nell’archivio è menzionato il luogo di culto micaelico e la chiesa di San Marco, eretta in località omonima, abbattuta nel 1883. L’edificio sacro, si raggiunge attraverso i suggestivi sentieri alberati, principalmente da pini, una struttura rupestre a mezza costa, che secondo le congetture ipotizzate, potrebbe essere stato prescelto dai monaci basiliani o si tratterebbe di un insediamento eremitico nella sua accezione del termine.

Rileggendo la storia passata e recente, le sue pagine vergate di inchiostro, ma anche quelle digitate da dispositivi di ultima generazione, non sempre l’eremo è stato aperto al culto ai fedeli, per eventi calamitosi. Dallo splendore alla decadenza, un alternarsi di momenti indimenticabili, nelle vicende nel tempo e nello spazio. Tra gli eventi franosi di particolare rilevanza quello avvenuto il 10 ottobre 1929, intorno alle 07.00. Il parroco mons. Gioacchino Pedicini (1883-1980 ), scriveva nel Cronichon Parrocchiale: “Da più persone fu notato uno strano rumore sul Monte Caruso e furono viste cadere delle pietre nel Santuario ed levarsi da questo una nuvola di polvere. Informato della cosa lo scrivente il giorno seguente, malgrado il tempo pessimo recavasi a S. Michele, per rendersi conto di quanto avvenuto. Giunto sul Santuario non riusciva ad entrare per il portone, perché vi erano dei sassi dietro che non permettevano di aprirlo. Bisognò entrare per la stalla e salire per la cataratta con non poca fatica. Entrato un ben doloroso spettacolo gli si pareva davanti”.

I macigni caduti erano stati diversi, qualcheduno rimasto intero ed altri frantumatisi nel cadere. Il sacerdote ancora annotava: “Uno piuttosto grande con molte pietre aveva rotolato tutte le scale, rompendo gradini e si era fermato dietro il portone danneggiandolo. Due altri macigni, dei quali uno molto grande, scendendo dall’alto del boschetto avevano battuto sul parapetto della scalinata, asportando i basoli che lo coprivano e il più grande si fermava nel piccolo orto che sta nel pozzo di metà delle scale e il più piccolo sfondava il coverchio del pozzo e vi cadeva dentro. Sul tetto un macigno più grande ed altri più piccoli vi avevano fatto un vero macello di canali e avevano rotto una trave più grande e due travetti. Qualche giorno dopo lo scrivente per mezzo di alcuni ragazzi prestatesi gratuitamente faceva trasportare i canali occorrenti nel mese di novembre, sostituiva i travi rotti, rimetteva a posto il tetto e riparava alla meglio gli altri danni”.

Di recente il 7 luglio 2012, i massi di natura calcarea, hanno danneggiato la copertura e le pertinenze intorno all’eremo. Nel medesimo anno un incendio, il 19 luglio, mette a repentaglio il luogo di culto, ma anche gli antichi casali di Palazzo, Barassano, le località Mazzella ed Acquara. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio 2012, un fiume di massi, di detriti e di fango, invade il casale Leschito, dal Monte Caruso, lambendo le abitazioni.

É il 21 marzo 2018, quando si avverte un fragore proveniente dalla parte alta del versante meridionale del Monte San Michele, nella zona prospiciente l’eremo. Nel giorno seguente si i registrano altri eventi franosi meno rovinosi. Trattasi di 4-6 metri cubi di roccia calcarea, scivolati intorno a 755 m, s.l.m., lungo le fratture beanti riempite di materiali piroclastici pedogenizzati, come risulta dalla relazione a seguito di sopralluoghi, redatta dai geologi Giancarlo e Modestino Boscaino.

I massi caduti dalla montagna rimbalzano contro i tronchi degli alberi e rotolano vicino ad un uliveto e sotto il bosco, fino 70-80 m. dalla strada comunale. A seguito della calamità la processione dell’8 maggio non è salita lungo i “Tornanti della Tradizione”, l’anno seguente il sentiero rimane interdetto, da ordinanza sindacale, firmata in calce dal primo cittadino Giuseppe Tommaselli.

Il parroco don Pietro Florio celebra la messa all’eremo, i fedeli raggiungono il luogo di culto micaelico con le navette dal versante di Mazzella, senza la statua. In chiesa è collocata un’immagine di San Michele, riprodotta, in vetroresina a quella portata in processione, donata dal prof. Antonio Tommaselli. Il covid-19, la virulenta pandemia del 2020, ha impedito lo svolgimento della processione. Il parroco ha celebrato, l’8 maggio, la messa in streaming dall’eremo solo con alcuni collaboratori, per invocare l’ausilio dell’arcangelo Michele, affinchè nel 2021, ritornata la normalità, si riprenda l’antica consuetudine di calpestare le orme degli avi, lungo i “Tornanti della Tradizione”.

NICOLA MASTROCINQUE